tag:blogger.com,1999:blog-49071091890005133082024-03-13T14:09:55.735-07:00Viaggi nei luoghi e nelle paroleblog di Patrizia FabbriPatrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comBlogger164125tag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-22507626881473734332019-04-03T06:15:00.000-07:002019-04-07T06:16:37.737-07:00Lavoro e AI: “Più che una minaccia o un’opportunità, l’intelligenza artificiale è una necessità”Qual è il trend dell’offerta di lavoro e come si inseriscono le tecnologie di AI in questo scenario? Quale sarà l’impatto sul sistema previdenziale della progressiva adozione di soluzioni di job automation abilitate dall’AI? Sono le domande dalle quali è partito l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano per affrontare lo scottante tema dell’impatto dell’intelligenza artificiale sull’occupazione traendone una prospettiva interessante, ma lanciando nel contempo un campanello di allarme alla classe politica<br />
<a href="https://www.zerounoweb.it/trends/lavoro-e-ai-piu-che-una-minaccia-o-unopportunita-lintelligenza-artificiale-e-una-necessita/" rel="nofollow" target="_blank">Leggi l’articolo completo su ZeroUno</a>Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-67910378163085751892019-03-28T06:42:00.000-07:002019-04-07T06:43:20.518-07:00“Un leader è efficace se è autentico”: Silvia Candiani, AD di Microsoft, si racconta<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-sbY9o5fPYdg/XKn-PsAC7oI/AAAAAAAAfY4/SEnUC7zMGpwsFw8RgIEi_4qZFJlQvuq_QCLcBGAs/s1600/candiani-colore-768x432.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="300" height="187" src="https://4.bp.blogspot.com/-sbY9o5fPYdg/XKn-PsAC7oI/AAAAAAAAfY4/SEnUC7zMGpwsFw8RgIEi_4qZFJlQvuq_QCLcBGAs/s200/candiani-colore-768x432.jpg" width="200" /></a></div>
Essere disponibili all’apprendimento continuo, l’importanza della discontinuità per migliorare la crescita, la motivazione delle persone che aiuta anche il business: sono solo alcuni concetti che Silvia Candiani esprime in questa lunga intervista rilasciata a ZeroUno per raccontare come vive il suo ruolo<br />
<a href="https://www.zerounoweb.it/cio-innovation/come-essere-un-buon-leader-donna-tra-competenze-manageriali-e-famiglia/" rel="nofollow" target="_blank">Leggi l’articolo completo su ZeroUno</a><br />
<br />Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-74621657346016941742019-02-12T00:14:00.000-08:002019-03-08T10:37:08.296-08:00AI ed etica: relazione delicata, ma cruciale. Intervista a Luciano Floridi<img alt="luciano floridi 1024x576" height="147" src="https://www.patriziafabbri.it/site/images/6_Varie/luciano-floridi-1024x576.jpg" style="border: 0px; float: left; height: auto; margin: 2px; max-width: 100%; vertical-align: middle;" width="120" />È più corretto parlare di intelligenza artificiale o di intelligenza aumentata o …? E ancora: cosa deleghiamo alle macchine e ai sistemi che definiamo “intelligenti”? Siamo in un mondo globale, interconnesso, senza confini eppure siamo sempre più chiusi nelle piccole stanze create da algoritmi costruiti per “renderci la vita più facile”: come scardinare questo paradosso? Sono alcuni dei temi che ZeroUno ha affrontato in questa intervista a Luciano Floridi, professore ordinario di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford<br />
<a href="https://www.zerounoweb.it/analytics/cognitive-computing/ai-ed-etica-relazione-delicata-ma-cruciale-intervista-a-luciano-floridi/" outline: none; text-decoration-line: none;" target="_blank">Leggi l’articolo completo su ZeroUno</a>
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-40728425829716199232019-01-15T00:24:00.000-08:002019-03-08T10:41:27.667-08:00Cos’è l’intelligenza artificiale e quali sono le applicazioni attuali e future<img alt="Figura 1 albero decisionale" height="68" src="https://www.patriziafabbri.it/site/images/6_Varie/Figura-1-albero-decisionale.jpg" style="border: 0px; float: left; height: auto; margin: 2px; max-width: 100%; vertical-align: middle;" width="120" />Un tema di grande attualità quello dell’intelligenza artificiale che apre opportunità ancora in gran parte inesplorate, ma anche tanti quesiti di tipo economico, etico e sociale. Ma siamo sicuri di sapere esattamente cosa comprende questa disciplina? Quali sono le tecnologie che la supportano? Quali le applicazioni già oggi possibili e quelle future? Questa guida intende quindi fornire le informazioni di base per capire il fenomeno<br />
<a href="https://www.zerounoweb.it/analytics/cognitive-computing/cosa-intelligenza-artificiale/" outline: none; text-decoration-line: none;" target="_blank">Leggi l’articolo completo su ZeroUno</a>Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-87401022036292820722019-01-09T06:00:00.000-08:002019-04-13T10:56:36.776-07:00Vietnam: nulla è come te lo aspetti<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-QL1hHF6tea0/XI4eUCQh3iI/AAAAAAAAe2o/0F7YBpa4zqA5RQWbDPAhXOehMVvctWiCACEwYBhgL/s1600/IMG_0310.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" height="111" src="https://3.bp.blogspot.com/-QL1hHF6tea0/XI4eUCQh3iI/AAAAAAAAe2o/0F7YBpa4zqA5RQWbDPAhXOehMVvctWiCACEwYBhgL/s200/IMG_0310.JPG" width="200" /></a></div>
Nel mio immaginario di
sessantenne, il Vietnam è indissolubilmente legato a quella guerra che qui
chiamano "americana" e la visita del paese è un po' mediata da
quell'immagine. A parte questo, è comunque un paese diverso da quello che ci si
potrebbe aspettare: alcuni luoghi mitici sono meno affascinanti di quanto
pensassi mentre altri sono spettacolari; Hanoi e Ho Chi Minh/Saigon sono due
città divertenti e particolari. Siamo stati sfortunati con il tempo, ma
comunque il Nord mi è sembrato decisamente più bello del Sud.<br />
<i>21 dicembre 2018 - 5 gennaio 2019 </i><br />
<a name='more'></a><br />
Pensiamo da tempo al
Vietnam ma abbiamo qualche perplessità se andarci quest’anno perché sono
passati solo pochi mesi dal viaggio in Cina, il dubbio è se scegliere una meta
totalmente diversa. Dopo avere vagliato qualche altra destinazione, il ponte
natalizio 2018-2019 è troppo ghiotto per non approfittarne, alla fine optiamo
comunque per il paese di Ho Chi Minh.
Partenza da Malpensa
alle 9.40 del 21 dicembre e arrivo a Ho Chi Minh City (alias Saigon, come gli
stessi vietnamiti continuano a chiamare la vecchia capitale del Vietnam del
Sud) alle 13 del 22 (scali a Doha e ad Hanoi). Da Milano siamo Giampietro, Alba
Rosa, Samuel, Gino, Stefania, Silvia, Massimiliana, Paola, Lorenza, Mario,
Giampiero ed io; a Doha ci troviamo con Massimo, Patrizia ed Elena.<br />
<br />
<h3>
IL VIETNAM VISITATO DA UNA SESSANTENNE </h3>
<b>Prima di iniziare il racconto di questo viaggio è però necessaria una
premessa: penso che una persona della mia generazione, per di più di sinistra
(ahi ahi che parolaccia di questi tempi!!), viva un viaggio in Vietnam con un
pathos molto diverso da chi ha anche solo 15 anni di meno</b>. Nel mio immaginario
il Vietnam è infatti indissolubilmente legato alla <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Phan_Thi_Kim_Phuc">foto
della bimba che fugge terrorizzata e urlante di dolore</a> per il
napalm che ha distrutto il suo villaggio e le sta corrodendo la carne.
<b>Oggi il Vietnam è un altro mondo, lontano anni luce dalle guerre che lo
hanno dilaniato nel secolo scorso, dalla dura repressione nel Sud seguita alla
caduta o liberazione (a seconda dei punti di vista) di Saigon e dal crollo
dell’economia dei primi anni ’80</b>.<br />
La svolta avviene nel 1986 quando
Nguyen Van Linh lancia una campagna per il rinnovamento politico ed economico e
la costruzione di “un’economia di mercato orientata al socialismo” (Doi Moi)
che porta poi a incoraggiare la creazione di imprese private. Un percorso
impegnativo per un paese che tra giapponesi, francesi e americani è stato in
guerra per 35 anni (ai quali vanno aggiunti gli 11 anni di invasione e
occupazione della Cambogia), le cui campagne sono state distrutte (con danni
che si sono protratti per anni) dai bombardamenti, dal napalm e dal micidiale
“agente arancio” e che, nella sola guerra contro gli americani, ha registrato
oltre 3 milioni di morti. Infatti, 7 anni dopo il varo della riforma economica,
la Banca Mondiale registrava che circa il 60% della popolazione viveva ancora
sotto la soglia nazionale della povertà (oggi è solo il 3% della popolazione
che si trova in queste condizioni).<br />
<b>Lo sviluppo e il vero e proprio boom economico di cui è protagonista il
paese, anche se spesso assimilato al percorso compiuto dalla Cina si
differenzia da quello del Dragone asiatico per aver saputo combinare sviluppo
economico e contenimento della disuguaglianza economica</b>: il classico indice
econometrico per misurare la disuguaglianza, il coefficiente Gini, dal 1992 al
2016 risulta pressoché invariato mentre quello della Cina è cresciuto di oltre
il 30%. Più inclusivo dal punto di vista economico, il Vietnam rimane un regime
autoritario dove non ci sono libertà politica e di stampa e permangono
disuguaglianze di genere, per gruppi etnici e per aree geografiche.
Questi, in estrema
sintesi, i dati ufficiali sui quali si innestano le mie impressioni,
inevitabilmente superficiali come possono essere quelle di una turista che in
15 giorni visita un paese grande poco più dell’Italia.<br />
La vicinanza fisica e le
similitudini nell’evoluzione economica in un caso, la condivisione della
tragedia dei bombardamenti nell’altro mi hanno portato spesso, in questo
viaggio, a paragonare il Vietnam con la Cina e il Laos (paese che mi è rimasto
nel cuore), per cui quelli che riporto sono flash nei quali emerge questo
confronto.
<b>Più morbidi, disponibili e rilassati dei cinesi, i vietnamiti mi ricordano
gli italiani degli anni ’60</b>: intere famiglie (ho contato fino a 5 persone) su un
motorino; sorridenti, entusiasti e orgogliosi di un presente conquistato
quotidianamente.<br />
A differenza dei laotiani che trasmettono una serenità
contagiosa e che, con piccoli gesti e timidi sorrisi, ti avvolgono in un caldo
abbraccio facendoti sentire un amico in visita più che un turista, i vietnamiti
(esattamente come gli italiani negli anni ’60) fanno di tutto per renderti il
soggiorno piacevole, ma hanno ben chiaro che tu, come turista, sei una preziosa
fonte di reddito e rimani sempre un estraneo.
<b>Per quel che riguarda i paesaggi, purtroppo il maltempo ci ha penalizzato,
ma nonostante il grigiore alcuni, come la Baia di Halong, sono memorabili
mentre altri, come il delta del Mekong, assolutamente deludenti</b>.<br />
Le due città
principali, Hanoi e Saigon, seppur molto diverse e ognuna bella a suo modo sono
accomunate da un tratto: <b>l’avanzata inesorabile, compatta e
impenetrabile dei motorini nelle sue strade che i pedoni devono affrontare con
lo stesso spirito degli americani durante l’offensiva del Tet</b>.
E ora veniamo al
resoconto del viaggio.<br />
<br />
<h3>
HO CHI MINH CITY: IL PRIMO CONTATTO CON IL VIETNAM </h3>
In un viaggio di 15
giorni non si può certo “sprecare” un pomeriggio per riposarsi da una ventina
di ore di viaggio (siamo avanti di 6 ore rispetto a Milano) e quindi, quando il
bus viene a prenderci, andiamo direttamente a fare un piccolo giro per la città
senza neanche passare dall’albergo.
Primo stop alla <b>pagoda
Chua Phuoc Hai</b>, detta la Pagoda dell’Imperatore di Giada perché dedicata a
Ngoc Hoang, divinità suprema del Taoismo e denominato appunto Imperatore di
Giada ovvero il Re del Paradiso.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-x_5nOBcpk3A/XI4eFzofdZI/AAAAAAAAe2U/25NC_J1K96I3PvJNc-WaL3ZkCdxy6irhwCEwYBhgL/s1600/IMG_0008.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-x_5nOBcpk3A/XI4eFzofdZI/AAAAAAAAe2U/25NC_J1K96I3PvJNc-WaL3ZkCdxy6irhwCEwYBhgL/s1600/IMG_0008.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: small; text-align: start;">Pagoda Chua Phuoc Hai</span><span style="font-size: small; text-align: start;">, detta la Pagoda dell’Imperatore di Giada</span></td></tr>
</tbody></table>
<br />
Appena entrati nella Pagoda, costruita nel
1909 per gli immigrati cantonesi, ci si imbatte in due gigantesche e minacciose
statue che raffigurano i due generali che sconfiggono il Drago Verde e la Tigre
Bianca (figure retoriche presenti nel taoismo, nel buddhismo e nel
confucianesimo). Al proprio interno la Pagoda custodisce la statua
dell’Imperatore di Giada, fiancheggiata dalle sue guardie del corpo, i Quattro
Grandi Diamanti (Tu Dai Kim Cuong, così denominate perché considerate più dure
di un diamante), e, nella sala successiva, la statua Thanh Hoang, il Padrone
dell’Inferno, attorniato da pannelli in legno che raffigurano i tormenti
destinati ai malvagi in ciascuna delle 10 Regioni dell’Inferno. Segue una
piccola sala con 12 statue di donne sommerse da bambini, ciascuna delle quali
rappresenta una caratteristica umana. <b>Non bisogna assolutamente mancare
la piccola scala che conduce alla terrazza dalla quale si possono vedere da
vicino le splendide decorazioni in ceramica del tetto</b>. La Pagoda, essendo
un luogo di culto molto attivo, è colma dei più svariati oggetti (molti dei
quali kitcsh al di là di ogni possibile immaginazione) e di cibo.<br />
<b>La sosta successiva è un tuffo nell’agghiacciante passato della guerra con
la visita al Museo dei residuati bellici</b> ospitato nell’edificio che fu sede
dei servizi informativi americani. Una visita che ammutolisce per le atrocità
che vi sono illustrate attraverso le fotografie e gli oggetti di morte qui
raccolti.<br />
Non aggiungo altro perché scadrei nella retorica mentre è un luogo da
vivere e ricordare con raccoglimento e che impone profonde riflessioni
interiori.
Concludiamo il nostro
primo giorno vietnamita con una rapida vista alla Posta Centrale, un
bell’edificio che fu costruito da Gustave Eiffel e al cui interno campeggia una
gigantesca foto dello “zio Ho”, un’occhiata, dall’esterno perché è chiusa, alla
Cattedrale di Notre Dame e dopo essere passati davanti al Palazzo della
Riunificazione giungiamo finalmente in albergo. Rapida cena in un vicino
ristorante e alle 21.30 finalmente sprofondo nel sonno fino alle 6 quando suona
la sveglia.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-MjzND3bkJVw/XI4eF0EtOaI/AAAAAAAAe2k/bqT9wLfUXzoSi6CnkqiMpQNBZ8NIykdngCEwYBhgL/s1600/IMG_0017.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-MjzND3bkJVw/XI4eF0EtOaI/AAAAAAAAe2k/bqT9wLfUXzoSi6CnkqiMpQNBZ8NIykdngCEwYBhgL/s1600/IMG_0017.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Città Ho Chi Minh, foto dello zio Ho alla Posta Centrale</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<h3>
DELTA DEL MEKONG: ALLA RICERCA (VANA) DI UN FASCINO PERDUTO </h3>
Dopo un’ottima e
abbondante colazione, tutti in bus direzione delta del Mekong, con una piccola
sosta alla Pagoda Thien Hau, nell’antico quartiere cinese di Saigon, Chalon.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-jgEHhi3nUsw/XI4eGo1hQHI/AAAAAAAAe2k/G34XD9yPwnkSJTw1wAviXdo-FTWTQomIgCEwYBhgL/s1600/IMG_0057.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-jgEHhi3nUsw/XI4eGo1hQHI/AAAAAAAAe2k/G34XD9yPwnkSJTw1wAviXdo-FTWTQomIgCEwYBhgL/s1600/IMG_0057.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Incensi a spirale alla Pagoda Thien Hau</td></tr>
</tbody></table>
Costruita dalla Congregazione di Canton nel 1760, la Pagoda dedicata alla
“signora del Mare” invita alla meditazione ed è ricca di particolari cui
andrebbe dedicato un po’ di tempo: la prima cosa che colpisce sono le grandi
spirali di incenso che scendono dal soffitto all’interno delle quali pendono
foglietti rosa nei quali sono scritti preghiere e desideri dei fedeli, ma la
pagoda è piena di deliziose statue e il tetto è delimitato da bellissime
decorazioni in ceramica che raffigurano scene di vita cinese del XIX secolo.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-0UjzcdhsdQU/XI4eFwCP-TI/AAAAAAAAe2U/MPvcyxrtcrsAz42mnqP11vznfp_VRckFACEwYBhgL/s1600/IMG_0034.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-0UjzcdhsdQU/XI4eFwCP-TI/AAAAAAAAe2U/MPvcyxrtcrsAz42mnqP11vznfp_VRckFACEwYBhgL/s1600/IMG_0034.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Impianti elettrici a norma</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<b>Una brevissima camminata per tornare al bus, giusto il tempo per osservare
sbigottiti la perizia con cui le decine di motorini si sfiorano, incrociano ed
evitano, e siamo pronti per la nostra gita stile gruppo giapponese in vacanza
in un fiume che di affascinante ha ormai solo il nome</b> (inevitabile il
confronto con un suo affluente nel nord del Laos, mentre il sole si intrufolava
nella nebbia che ci accompagnava nelle prime ore mattutine di navigazione,
immersi in una vegetazione fitta, accompagnati solo dal borbottio del motore
della nostra barca).
In poco più di un’ora
siamo a My Tho da dove prendiamo la barca per l’isola Thoi Son (unicorno)
seguendo un percorso prefissato e collaudato, accompagnati da un guida che,
come le altre del viaggio, parla un inglese veramente difficile da capire. Prima
tappa presso un apicultore dove assaggiamo del miele, quindi di nuovo in barca
verso un altro punto dell’isola per fermarci in un locale in mezzo a una
piantagione di cocco dove assistiamo a uno spettacolino (non imperdibile)
mangiando dell’ottima frutta; piccola camminata e poi calesse fino a un
laboratorio di caramelle di cocco, bancarelle di souvenir vari per giungere in
pochi passi al canale interno dell’isola dove saliamo in piccole barche (4
persone più il rematore) per un breve viaggio di 15 minuti circondati dalle
palme da cocco che ci riporta alla barca principale con la quale torniamo
all’approdo di My Tho.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-9BOF9QfR17U/XI4eGWyOCRI/AAAAAAAAe2s/Una5wOe_2NAvoPxwBLtehBjtKD6NzXS8ACEwYBhgL/s1600/IMG_0051.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-9BOF9QfR17U/XI4eGWyOCRI/AAAAAAAAe2s/Una5wOe_2NAvoPxwBLtehBjtKD6NzXS8ACEwYBhgL/s1600/IMG_0051.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">All'isola Thoi Son</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Ripartiamo in bus alle
12.30 e, dopo una sosta di mezz’ora per il pranzo lungo la strada, alle 16.20
arriviamo in un lussuoso hotel 4 stelle nella cittadina di Can Tho dove
varrebbe la pena mangiare nella strada di fronte al mercato, ricca di
bancarelle con street food dei più fantasiosi.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-FtT7fyfYMng/XI4eHPoy_2I/AAAAAAAAe2g/C7-2uc8s6c43_C7nZ888OR3lVvrkFITAACEwYBhgL/s1600/IMG_0062.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-FtT7fyfYMng/XI4eHPoy_2I/AAAAAAAAe2g/C7-2uc8s6c43_C7nZ888OR3lVvrkFITAACEwYBhgL/s1600/IMG_0062.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Street food a Can Tho</td></tr>
</tbody></table>
<br />
L’indomani partenza
alle 6 per vedere il mercato galleggiante di Cai Rang. <b>La levataccia
solleva borbottii da parte di qualche componente del gruppo, ma come si capirà
poi è necessario essere sul posto (e tra bus e barca ci si impiegherà circa
un’ora) abbastanza presto perché è una sorta di mercato all’ingrosso: la frutta
arriva su grandi barche e viene acquistata da negozianti o venditori ambulanti
che si muovono su barche più piccole</b>.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-stN1krjnozE/XI4eHjfgfJI/AAAAAAAAe2k/DmGq4dp6encqYSGyL_yN8yo2DZyZr6iyACEwYBhgL/s1600/IMG_0068.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-stN1krjnozE/XI4eHjfgfJI/AAAAAAAAe2k/DmGq4dp6encqYSGyL_yN8yo2DZyZr6iyACEwYBhgL/s1600/IMG_0068.JPG" /></a></div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-oxD5d3DMIVo/XI4eIPuISQI/AAAAAAAAe2c/4xwnXfQfNgcGdSYe3cnT_2NKlp3wWK2LgCEwYBhgL/s1600/IMG_0074.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-oxD5d3DMIVo/XI4eIPuISQI/AAAAAAAAe2c/4xwnXfQfNgcGdSYe3cnT_2NKlp3wWK2LgCEwYBhgL/s1600/IMG_0074.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Mercato galleggiante di Cai Rang</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Arriviamo al limite dell’attività,
quando molte barche sono ormai semivuote, ma è interessante e particolare;
prima di rientrare all’hotel per la colazione, facciamo tappa in una
piantagione di durioni.
Verso le 11 partiamo
per Ho Chi Minh city fermandoci lungo la strada alla pagoda Vinh Trang: tempio
buddista ottocentesco, non mi appassiona, ma mi fa simpatia il gigantesco
buddha seduto che sorride beato all’ingresso.
Verso le 15 siamo in
hotel, dopo un’oretta di relax Giampiero ed io facciamo un giretto al mercato
per poi salire, insieme a Mario e Lorenza, alla torre Bitexco, 68 piani e 262 m
di altezza, dal cui 49° piano si gode di una vista a 360° sulla città: il fiume
sinuoso la taglia in due e le sue strade sono punteggiate dalle centinaia di
motorini che le percorrono incessantemente.
Dopo avere cenato in
un ristorante allestito in strada, nei pressi del mercato Ben Thanh, ci
buttiamo nella vita notturna di Saigon.<br />
È il 24 sera e nonostante i cattolici
siano in numero veramente minimo, <b>la città è letteralmente impazzita
per la vigilia di Natale, anche se credo che ai più ne sfugga il significato
dato che sembra una divertente girandola carnevalesca: quasi tutti indossano
qualcosa di rosso; i bimbi sono spesso vestiti da Babbo Natale; i motorini
formano lunghe colonne scampanellanti e dai locali, dalle cui finestre si vede
gente ballare, esce musica a palla</b>. Tutti quelli che incontriamo ci
salutano sorridenti, non manca chi ci chiede di fare una foto (gli stranieri in
giro non sono tantissimi).<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-iyDfEAEa9ZA/XI4eIgDTMOI/AAAAAAAAe2k/2iiFzNzGQFkZ38lHAaC4ufbxq5jDusBOQCEwYBhgL/s1600/IMG_0080.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-iyDfEAEa9ZA/XI4eIgDTMOI/AAAAAAAAe2k/2iiFzNzGQFkZ38lHAaC4ufbxq5jDusBOQCEwYBhgL/s1600/IMG_0080.JPG" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-8gCzvRFNxR0/XI4eJAm0ruI/AAAAAAAAe2s/fEnznkC5ft03KDZ0af0WNY2sVUtVY3NZACEwYBhgL/s1600/IMG_0089.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-8gCzvRFNxR0/XI4eJAm0ruI/AAAAAAAAe2s/fEnznkC5ft03KDZ0af0WNY2sVUtVY3NZACEwYBhgL/s1600/IMG_0089.JPG" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-bC3M2cjxe2I/XI4eJrF016I/AAAAAAAAe2o/oya2AL2TGK4PMfYzTKq_YQEdKMUkiABbgCEwYBhgL/s1600/IMG_0093.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-bC3M2cjxe2I/XI4eJrF016I/AAAAAAAAe2o/oya2AL2TGK4PMfYzTKq_YQEdKMUkiABbgCEwYBhgL/s1600/IMG_0093.JPG" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-gaOWqa7C2ps/XI4eKH-0O8I/AAAAAAAAe2k/-POu7dbSfY01hK4RKaG5l1lCidD_pgR2QCEwYBhgL/s1600/IMG_0107.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-gaOWqa7C2ps/XI4eKH-0O8I/AAAAAAAAe2k/-POu7dbSfY01hK4RKaG5l1lCidD_pgR2QCEwYBhgL/s1600/IMG_0107.JPG" /></a></div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-EG6McvY6QwA/XI4eKqbt1aI/AAAAAAAAe2Y/VdWRVYYgaCMBDAf6-M1gruepqR8CVZ0_wCEwYBhgL/s1600/IMG_0108.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-EG6McvY6QwA/XI4eKqbt1aI/AAAAAAAAe2Y/VdWRVYYgaCMBDAf6-M1gruepqR8CVZ0_wCEwYBhgL/s1600/IMG_0108.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Immagini di Saigon/Città Ho Chi Minh</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<h3>
LE MONTAGNE DI MARMO E HOI AN, LA CITTÀ DELLE LANTERNE </h3>
Prima di andare
all’aeroporto, dove alle 13.30 abbiamo il volo per Da Nang, visitiamo il Museo
della Storia del Vietnam che merita sicuramente una sosta di un paio d’ore:
situato all’interno di quella che era la sede della Scuola francese dell’Estremo
Oriente, nelle sue 17 sale (ben strutturate e con indicazioni anche in inglese
e francese, oltre che vietnamita) si ripercorre la storia del paese dalla
preistoria a oggi attraverso reperti delle antiche culture Dong Son, Sa Huynh,
Cham.<br />
Un’ora e venti di volo
e siamo a Da Nang dove, prima di dirigerci verso Hoi An nella quale sosteremo
due notti, ci fermiamo alle <b>Montagne di marmo (Ngu Hanh Son). Luogo
sacro situato a 11 chilometri da Da Nang, è composto da cinque montagne ognuna
delle quali simboleggia uno dei cinque elementi della filosofia cinese</b> (simbologia
che ci viene riproposta talmente spesso che, al ritorno dal viaggio, ho deciso
di approfondire dedicandovi un <a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/2019/01/i-5-elementi-dello-wu-xing.html">articolo specifico</a>: Fuoco (Hoa), Terra
(Tho), Metallo (Kim), Acqua (Thuy) e Legno (Moc).<br />
Saliamo, con un comodo
ascensore e snobbando la salita a piedi, sulla <b>Thuy Son: è la più
grande delle cinque, e la più visitata, e contiene una serie innumerevole di
grotte e anfratti dalle diverse dimensioni che custodiscono varie statue del
Buddha e sculture di epoca cham</b>.<br />
Usciti dall’ascensore e oltrepassata la
porta Ong Chon, nella quale sono visibili i fori dei proiettili del tempo della
guerra (la grotta più ampia veniva utilizzata dall’esercito statunitense come
ospedale militare), si accede alla Pagoda di Linh Ong da dove parte il sentiero
che conduce alle grotte. So benissimo di essere noiosa e indisponente, ma è
troppo vicino il ricordo delle magiche <span style="color: #429e00;"><a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/search/label/Cina">grotte di Yúngāng</a></span> per essere
completamente rapita da questa visita che, pure, nasconde alcuni angoli
veramente deliziosi.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-rR58ej-dqOg/XI4eLJOSf9I/AAAAAAAAe2k/HzJKcgAvgdMlQc_SRAGtzm15loZy4nuggCEwYBhgL/s1600/IMG_0122.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-rR58ej-dqOg/XI4eLJOSf9I/AAAAAAAAe2k/HzJKcgAvgdMlQc_SRAGtzm15loZy4nuggCEwYBhgL/s1600/IMG_0122.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Da Nang una delle grotte delle Montagne di marmo</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Le condizioni
atmosferiche non sono nostre alleate in questo viaggio e l’indomani visitiamo
Hoi An sotto una pioggerella insistente e fastidiosa che, comunque, non
impedisce al piccolo gruppetto di cui faccio parte di inforcare le biciclette
per spostarsi da una parte all’altra della cittadina. Per visitare la Città
Vecchia, disseminata di lanterne di carta colorata, si paga un biglietto che dà diritto all’ingresso a 5 siti.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-XyBpdedT_Sc/XI4eLsM1j7I/AAAAAAAAe2k/shJM3_lc7XMcgldMg_FSj8oGxdAKBX3egCEwYBhgL/s1600/IMG_0135.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-XyBpdedT_Sc/XI4eLsM1j7I/AAAAAAAAe2k/shJM3_lc7XMcgldMg_FSj8oGxdAKBX3egCEwYBhgL/s1600/IMG_0135.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Hoi An</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<b>Oltre al particolare
Ponte Coperto Giapponese, costruito nel 1590 dalla comunità giapponese, si
possono visitare le traballanti case dei vari mercanti che hanno arricchito la
cittadina nei secoli, templi cinesi, magazzini del tè e laboratori artigianali;
da non perdere il piccolo mercato centrale coperto, ai margini meridionali
della Città Vecchia, dove gustiamo un ottimo pasto a base di ravioli, involtini
e quant’altro in uno dei baracchini interni</b>.<br />
Nel pomeriggio, uno
sprazzo di timido sole (che si ritirerà prontamente tra le nuvole lasciando un
cielo bigio, ma perlomeno senza pioggia) ci invita a una biciclettata di 4
chilometri per raggiungere la spiaggia An Bang<b>. </b><br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-N_cUtiYWklc/XI4eMOPa8tI/AAAAAAAAe2U/g_rKYG6TPBYBDrVwCdvmfaxCslpf9EcWwCEwYBhgL/s1600/IMG_0152.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-N_cUtiYWklc/XI4eMOPa8tI/AAAAAAAAe2U/g_rKYG6TPBYBDrVwCdvmfaxCslpf9EcWwCEwYBhgL/s1600/IMG_0152.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Spiaggia di An Bang</td></tr>
</tbody></table>
<b><br /></b>
<b>La strada per raggiungerla è
asfaltata e costeggia risaie e piantagioni per poi terminare in un grande
parcheggio, per biciclette, dal quale si raggiunge in pochi passi la
lunghissima spiaggia di fine sabbia bianca che si apre su un oceano sterminato
e, oggi, tempestoso per cui ci limitiamo a una bella passeggiata concedendoci
di immergere nell’acqua tiepida solo i piedi</b>.
Tornati in hotel per
una breve sosta, la sera andiamo a cena in un ottimo e suggestivo ristorante
nella Citta Vecchia, il Morning Glory, dove si gusta cucina tradizionale
vietnamita, e chiudiamo la serata bighellonando lungo la strada che costeggia
il fiume, in un tripudio di barche di ogni dimensione che, coreograficamente
illuminate dalle lanterne colorate, solcano l’acqua tra i ponti che separano la
Città Vecchia dalle isole che riempiono la foce del Thu Bon.<br />
<br />
<h3>
DALLA VECCHIA CAPITALE HUE AI TUNNEL DELLA ZONA DEMILITARIZZATA </h3>
Il viaggio in bus per
Hué prevede una sosta ai templi di <b>My Son</b> dove arriviamo con
circa un’ora di bus. Immerse nella giungla, le antiche rovine cham hanno subìto
danni irreparabili dai bombardamenti americani durante la guerra.<br />
Delle 68
strutture un tempo esistenti ne sopravvivono solo 20 che noi visitiamo sempre
accompagnati da una pioggerella quasi impalpabile, ma che infradicia fino alle
ossa. <b>Non dico che con il sole non sarebbe stata una visita più
piacevole, ma la pioggia ha l’indubbio vantaggio di ridurre il numero dei visitatori
(essendo molto conosciuto, il luogo è normalmente assalito da orde di turisti)
insieme a quello di immergerti in un ambiente surreale dove il grigio-verde di
una vegetazione invadente, che sembra volerti fagocitare nel suo ventre,
contrasta con il rosso delle costruzioni semidistrutte</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-T0sfK2io2nA/XI4eMuDvlzI/AAAAAAAAe2k/a_W-J2U2_ucOrXOBXtKB2XHWQ6Cfkkl3wCEwYBhgL/s1600/IMG_0156.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-T0sfK2io2nA/XI4eMuDvlzI/AAAAAAAAe2k/a_W-J2U2_ucOrXOBXtKB2XHWQ6Cfkkl3wCEwYBhgL/s1600/IMG_0156.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Templi di My Son</td></tr>
</tbody></table>
Risaliamo in bus per
percorrere una bella strada che sale sinuosa al <b>passo Hai Van</b>, 496
m, spartiacque tra la piana di Da Nang e la laguna di Lang Co.<br />
<b>Il nome
del passo significa “mare di nuvole” e in effetti è avvolto dalle nubi, che
però non ci impediscono di ammirare qualche scorcio del paesaggio sottostante
con le spiagge bianche lambite dall’oceano</b>. Scesi dal versante opposto ci
fermiamo sulla spiaggia, anche qui il clima non permette di fare il bagno, ma
la passeggiata sulla spiaggia fino a un agglomerato di palafitte dove
consumiamo un ottimo pasto a base di pesce, è comunque piacevole.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-yxQNuFJvesY/XI4eNPKz6bI/AAAAAAAAe2U/Zgh4fPDnelYdjH4_azJ00oLK-z6C4wPNQCEwYBhgL/s1600/IMG_0170.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-yxQNuFJvesY/XI4eNPKz6bI/AAAAAAAAe2U/Zgh4fPDnelYdjH4_azJ00oLK-z6C4wPNQCEwYBhgL/s1600/IMG_0170.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Sosta sulla spiaggia di Lang Co</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Riprendiamo il viaggio
per giungere nel tardo pomeriggio all’antica capitale Hué.<br />
L’indomani è dedicato
alla visita della cosiddetta “<a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/2019/01/la-zona-demilitarizzata-piu.html">zona demilitarizzata – DMZ</a>”. La prima sosta, dopo
un paio di ore di bus, è in uno dei luoghi simbolo della guerra del Vietnam; il
ponte Hien Luong sul fiume Ben Hai, un piccolo fiume che scende dalle montagne
laotiane verso l’oceano, correndo lungo il <b>17° parallelo</b> che
separava il Vietnam del Nord dal Vietnam del Sud. Costruito dai francesi nel
1952, il ponte è stato distrutto dagli americani nel 1967; dopo la
riunificazione del Paese, <b>il ponte è stato ricostruito nel 1995 con le
sue caratteristiche originali: in legno, con le balaustre in colore diverso,
giallo (per il Sud) e azzurro (per il Nord), e una linea bianca dipinta sulle
assi di legno a memoria della divisione</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-qjqA1BDHOpI/XI4eNuD_ayI/AAAAAAAAe2c/-8OKE3p0NwAojCrs8tsasjuOfMZKeb3XQCEwYBhgL/s1600/IMG_0170b.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-qjqA1BDHOpI/XI4eNuD_ayI/AAAAAAAAe2c/-8OKE3p0NwAojCrs8tsasjuOfMZKeb3XQCEwYBhgL/s1600/IMG_0170b.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il ponte che separava Vietnam del Nord e Vietnam del Sud</td></tr>
</tbody></table>
<br />
L’autista del bus non parla che
vietnamita, ci scarica dopo il ponte indicando un monumento (dedicato alle
mogli e ai figli dei sudvietnamiti che passarono al Nord per unirsi alla causa
comunista), ma non è in grado di spiegarci altro.<br />
Iniziamo a gironzolare un po’
perplessi; poi una compagna di viaggio ingaggia un guida che, per quel che mi
riguarda, si rivela abbastanza inutile perché parla un inglese davvero
difficile da capire per cui mi allontano dal gruppo e girovago un po’ per la
zona (che comprende un museo) per conto mio. Poi risaliamo sul bus e dopo una
ventina di chilometri, gli ultimi dei quali immersi nelle curiose piantagioni
di pepe nero, arriviamo al villaggio Vinh Moc per visitare uno dei famosi
tunnel sotterranei.<br />
Contrariamente a
quelli della zona di Cu Chi, nella giungla intorno a Saigon, che erano stati
costruiti per consentire ai combattenti vietcong di comparire all’improvviso
tra i nemici, sferrare i loro attacchi per poi riscomparire nelle viscere della
terra<b>, i tunnel di Vinh Moc (che si trovano nella parte settentrionale della
zona demilitarizzata) sono stati realizzati principalmente per consentire alla
popolazione di mettersi in salvo dai bombardamenti americani e, in secondo
luogo, per il rifornimento di armi e viveri all’isola di Con Co.</b><br />
La visita inizia con
la proiezione di un filmato sul periodo della guerra e prosegue scendendo nei
tunnel visitabili; dopo qualche tentennamento per paura di una crisi di panico
al pensiero di trovarmi sottoterra bloccata dagli altri visitatori, decido di
andare quando mi spiegano che sono visitabili solo 200 metri e che si entra a
piccoli gruppi. <b>Non vengo assalita da alcuna crisi, ma l’impatto è
comunque forte al pensiero delle persone che vi hanno vissuto per anni mentre
fuori si scatenava l’inferno</b>.<br />
L’indomani mattina è
dedicato alla <b>Cittadella di Hué</b> che, insieme alla Baia di
Halong, merita il viaggio in Vietnam. Visto che questa è una vacanza di
confronti, dirò che per me rivaleggia in bellezza e maestosità con la Città
Proibita di Pechino. Certo, la città degli imperatori Ming e Qing è stata
costruita agli inizi del 1400 mentre quella vietnamita, che segna l’inizio
della dinastia Nguyen, è di ben 400 anni dopo, ma il suo Recinto Imperiale
nasconde sculture delicate, angoli suggestivi, gallerie decorate e la deliziosa
Sala di lettura dell’Imperatore.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-FgcxEgaZfBA/XI4ePENVrPI/AAAAAAAAe2c/X7Jh6yQ8ob82EM5utjjjkGHbqjnpUkGsQCEwYBhgL/s1600/IMG_0198.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-FgcxEgaZfBA/XI4ePENVrPI/AAAAAAAAe2c/X7Jh6yQ8ob82EM5utjjjkGHbqjnpUkGsQCEwYBhgL/s1600/IMG_0198.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cittadella di Hué</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Usciti dalla
Cittadella andiamo in bus alla <b>Pagoda Thien Mu</b>, costruita nel 1844
su un’altura in riva al fiume, visita moderatamente interessante, ma
inevitabilmente rovinata dalla pioggia a tratti addirittura scrosciante; segue
una breve e insulsa gita in barca della quale ci sfugge il significato.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-0EHBZob8IWI/XI4ePnVSl7I/AAAAAAAAe2U/egVtt2d9H2Me2VzyjyGhyMujMh2t4BvLgCEwYBhgL/s1600/IMG_0221.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-0EHBZob8IWI/XI4ePnVSl7I/AAAAAAAAe2U/egVtt2d9H2Me2VzyjyGhyMujMh2t4BvLgCEwYBhgL/s1600/IMG_0221.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: small; text-align: start;">Pagoda Thien Mu</span></td></tr>
</tbody></table>
<br />
Concludiamo la giornata con la visita delle <b>Tombe Imperiali</b> che
invece sono molto belle, anche se l’idea che le più antiche (Tu Doc e Khai
Dinh) siano state costruite nella seconda metà del 1800 le rende sicuramente
meno affascinanti.
Il soggiorno a Hué si
chiude con un imprevisto: dovremmo prendere il volo per Hanoi delle 20:30, ma
il vento impedisce agli aerei di atterrare per cui verso le 23 ci trasferiscono
in bus a Da Nang (un’ora e mezza) dove è atterrato l’aereo che ci deve portare
nella capitale. Arriviamo in hotel alle 4 del mattino.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-C4CFlE0KbMA/XI4eQIUHXXI/AAAAAAAAe2c/rhLQyjYCcZkpE0wydYnMjvs5pgG-Xhh5QCEwYBhgL/s1600/IMG_0227.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-C4CFlE0KbMA/XI4eQIUHXXI/AAAAAAAAe2c/rhLQyjYCcZkpE0wydYnMjvs5pgG-Xhh5QCEwYBhgL/s1600/IMG_0227.JPG" /></a></div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-9WlpwJrzAGE/XI4eQk1nQYI/AAAAAAAAe2Y/iKYDMX2oCBcCWtoh3mzx9Ltb5OuHIBj2QCEwYBhgL/s1600/IMG_0231.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-9WlpwJrzAGE/XI4eQk1nQYI/AAAAAAAAe2Y/iKYDMX2oCBcCWtoh3mzx9Ltb5OuHIBj2QCEwYBhgL/s1600/IMG_0231.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tombe imperiali nei pressi di Hué</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<br />
<h3>
UN ASSAGGIO DI HANOI E TREK SULLE MONTAGNE</h3>
Ad Hanoi abbiamo a
disposizione una guida e facciamo un giro canonico che comprende: il <b>mausoleo
di Ho Chi Minh</b> dove salutiamo, dopo una lunga coda, la salma dello
“zio Ho”; l’abitazione, perfettamente conservata nei suoi particolari, nella
quale il leader vietnamita visse tra il 1958 e il 1969; la <b>Pagoda su
una sola colonna</b>, una delicata costruzione in legno sorretta da un unico
pilastro costruita per ordine dell’imperatore Ly Thai Tong che regnò dal 1028
al 1054, distrutta, con un atto veramente indegno, dai francesi nel 1954 prima
di lasciare la città e ricostruita successivamente; la visita si chiude con il
tempio <b>Quoc Tu Giam, il Tempio della Letteratura</b>, costruito nel
1070.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-J1PYt-SU2KA/XI4eRhgQxuI/AAAAAAAAe2s/KLX_96RxGfcrOpRApt2PQUzpQWGZjUThwCEwYBhgL/s1600/IMG_0256.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-J1PYt-SU2KA/XI4eRhgQxuI/AAAAAAAAe2s/KLX_96RxGfcrOpRApt2PQUzpQWGZjUThwCEwYBhgL/s1600/IMG_0256.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lo studio di Ho Chi Minh</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Terminiamo il
pomeriggio andando a zonzo nelle <b>vivaci vie della Città Vecchia dove,
in un tripudio di giacche e zainetti marchiati The North Face, ai negozi di
abbigliamento si alternano laboratori di artigiani e immancabili bancarelle di
street food</b>.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-d2WU-jmJymo/XI4eRLqLzSI/AAAAAAAAe2c/AsI1zz-rA-QFLih3qKMkYU-SH31GrpNCACEwYBhgL/s1600/IMG_0250.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-d2WU-jmJymo/XI4eRLqLzSI/AAAAAAAAe2c/AsI1zz-rA-QFLih3qKMkYU-SH31GrpNCACEwYBhgL/s1600/IMG_0250.JPG" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-krVOWEo-GOs/XI4eSOtafSI/AAAAAAAAe2c/MJJUBJ68kh8OpcIs6QSaQTaDnmGuuQLWQCEwYBhgL/s1600/IMG_0277.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-krVOWEo-GOs/XI4eSOtafSI/AAAAAAAAe2c/MJJUBJ68kh8OpcIs6QSaQTaDnmGuuQLWQCEwYBhgL/s1600/IMG_0277.JPG" /></a></div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-3JGdgAflbiY/XI4eSitsCcI/AAAAAAAAe2g/kIdS3N6emkc3SnhpVydJxy_vndy0fUo0wCEwYBhgL/s1600/IMG_0286.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-3JGdgAflbiY/XI4eSitsCcI/AAAAAAAAe2g/kIdS3N6emkc3SnhpVydJxy_vndy0fUo0wCEwYBhgL/s1600/IMG_0286.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Scorci di Hanoi</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Alle 22.30 ci attende
il treno notturno per Lao Cai (ottime cuccette in scompartimenti da 4) da dove
ci muoveremo verso Sapa per visitare i villaggi delle <a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/2019/01/le-tribu-di-montagna.html">tribù di montagna</a>.
Alle 6 precise siamo
alla stazione di Lao Cai dove ci attende la guida con il bus per Sapa;
nonostante siano una sessantina di chilometri ci mettiamo circa un’ora e
mezza.<br />
<b>Più saliamo e più il tempo peggiora: la solita insistente
pioggerellina e una nebbia che a tratti è talmente fitta da far intravedere
solo il bordo della strada</b>.
“Circondata da
imponenti montagne, Sapa si affaccia su una profonda vallata con terrazze
digradanti coltivate a riso”: questa è la descrizione della guida, utile per
immaginare quello che avremmo potuto vedere con il bel tempo che, a quanto
pare, a Sapa non è comunque la norma.<br />
La cittadina è completamente diversa da
quello che immaginavo: gli hotel, dai più economici a lussuosi resort, si
susseguono, alternandosi a negozi di tutti i tipi mentre nelle strade un
traffico intenso di auto, bus, pullman rende l’aria piuttosto irrespirabile, il
tutto accompagnato da un costante e poco piacevole diffuso rumore di clackson e
musica a palla.
Ma le brutte sorprese
non sono finite. Dopo avere sistemato in hotel i bagagli e avere fatto
colazione, alle 10 siamo pronti per il trek nei villaggi hamong, da tutti descritto come una piacevole camminata di circa 16
chilometri (tempo previsto circa 5 ore) tra le risaie, con “sali e scendi” non
impegnativi.<br />
<b>La guida ci avvisa che, a causa delle piogge insistenti
che imperversano da giorni (possiamo considerarci fortunati se nel nostro caso
si tratta solo di pioggerella), il percorso è piuttosto accidentato e, in
particolare per raggiungere l’ultimo villaggio, la strada è molto fangosa per
cui, dopo avere guardato le nostre scarpe da trek “leggero”, ci consiglia
l’acquisto di stivali di gomma perché, dice, ci si infanga parecchio</b>. Il
mio dilemma è: soffrire l’inevitabile freddo indossando stivali di gomma o
infangarmi, ma tenere le mie scarpe calducce? Opto per la seconda, i miei
compagni di viaggio si dividono più o meno a metà: alcuni comprano gli stivali,
altri si affidano alle proprie calzature.<br />
Dopo un breve percorso
in bus, arriviamo al punto da dove ha inizio la nostra camminata. Veniamo
subito circondati da un gruppo di donne e ragazzine vestite con il tradizionale
abbigliamento delle tribù di montagna; all’inizio non capiamo bene perché, dopo
i normali convenevoli (ma senza che ci venga proposto di acquistare alcunché),
continuino a seguirci nei sentieri, poi ci rendiamo conto che sono una sorta di
supporto alla guida e ci aiutano, tenendoci per mano e controllando il terreno
dove mettiamo i piedi, a percorrere i tratti meno facili.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-CgP4FqDL24A/XI4eTmlXJ7I/AAAAAAAAe2o/Ok7eyOGCxAENMUbreD6Seom9Me-90UcSgCEwYBhgL/s1600/IMG_0307.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-CgP4FqDL24A/XI4eTmlXJ7I/AAAAAAAAe2o/Ok7eyOGCxAENMUbreD6Seom9Me-90UcSgCEwYBhgL/s1600/IMG_0307.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Verso i villaggi</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<b>Piccolissimi spiragli nella nebbia ci consentono, di tanto in tanto, di
intravedere qualche risaia terrazzata e l’attraversamento di un paio di ponti
sospesi si rivela particolarmente suggestivo, ma nel complesso non si vede
granché e potremmo trovarci ovunque</b>. Passiamo dai villaggi Lao Chai e Ta
Van, poi ci fermiamo a pranzare in un ristorante che è praticamente all’aperto
per cui stiamo un’ora al freddo.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-sx3eRp1mjK4/XI4eTPlcfaI/AAAAAAAAe2s/6waGvXjigDgAo7KBXIEFfGiiu8ZzmQy4QCEwYBhgL/s1600/IMG_0302.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-sx3eRp1mjK4/XI4eTPlcfaI/AAAAAAAAe2s/6waGvXjigDgAo7KBXIEFfGiiu8ZzmQy4QCEwYBhgL/s1600/IMG_0302.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Risaie tra la nebbia</td></tr>
</tbody></table>
Quando ripartiamo
succede il patatrac: fatti pochi passi, una fitta lancinante alla schiena mi
impedisce di andare avanti. La colpa è solo mia perché, confidando nel fatto
che mi sentivo abbastanza in forma, non ho preso le precauzioni che avrei
dovuto e, complice anche il freddo accumulato nell’ora di sosta, la mia schiena
si è ribellata in modo definitivo. Gli altri sono già avanti, per cui spiego la
situazione alla guida che affida me e Giampiero a un’anziana del gruppo di
h’mong che ci accompagnava e che dovrebbe farci arrivare a un punto dove
possiamo attendere che tutti terminino il giro e la guida possa mandare un taxi
a prenderci.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-QL1hHF6tea0/XI4eUCQh3iI/AAAAAAAAe2o/0F7YBpa4zqA5RQWbDPAhXOehMVvctWiCACEwYBhgL/s1600/IMG_0310.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-QL1hHF6tea0/XI4eUCQh3iI/AAAAAAAAe2o/0F7YBpa4zqA5RQWbDPAhXOehMVvctWiCACEwYBhgL/s1600/IMG_0310.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Aspettando un taxi</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Purtroppo la
comunicazione non è facile e dopo avere camminato ancora per una ventina di
minuti mi rifiuto di proseguire (più che altro non riesco proprio): un ragazzo
vietnamita, guida di due turisti, cerca di farsi spiegare dall’anziana che ci
accompagna quanta strada c’è ancora da fare per l’appuntamento, ma anche lui
deve arrendersi perché, ci dice, la signora parla solo il suo dialetto e lui
non riesce a capirla, ma è davvero gentile e ci lascia il posto nella sua auto
che ci accompagnerà in hotel.<br />
<b>Alla sera scopriamo, dai racconti dei compagni di viaggio, che il percorso
fino all’ultimo villaggio, Giang Ta Chai, è stato difficilissimo con un
sentiero ripido, molto scivoloso, dove effettivamente il fango rendeva ogni
passo un’impresa, e che, a tratti, costeggiava uno scosceso dirupo. Alcuni
hanno però detto che, nonostante le difficoltà, è stata la parte più bella del
trek</b>.
<br />
La sera ci concediamo
la cena dell’ultimo dell’anno nel ristorante Sapa Memories dove mangiamo
ottimamente per poi festeggiare l’arrivo del nuovo anno in hotel, nella stanza
(l’unica veramente calda) di due compagne del gruppo.<br />
L’indomani partenza
alle 8, direzione mercato del giovedì di Coc Ly (a un’ottantina di chilometri
da Sapa che ci mettiamo circa 2 ore e mezza a percorrere). <b>Solo gli
incontri durante il percorso meritano questo giro, per citarne solo due:
sorpassiamo un tizio in motorino che trasporta, sul portapacchi posteriore, un
grosso maiale…vivo, mentre da una stradina laterale spuntano due ragazze che,
sempre in motorino, trasportano una carriola (nel senso che la carriola,
appoggiata per terra, viene tenuta dalla ragazza seduta dietro con le due mani…
come se fosse un carrellino). </b><br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-QrrlyyjfA4g/XI4eVGlHvCI/AAAAAAAAe2o/33wqZe6T0BU1hc0U61xNIKRz9KnWA1nRgCEwYBhgL/s1600/lIMG_0001.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-QrrlyyjfA4g/XI4eVGlHvCI/AAAAAAAAe2o/33wqZe6T0BU1hc0U61xNIKRz9KnWA1nRgCEwYBhgL/s1600/lIMG_0001.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una famiglia al mercato di Coc Ly</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-JEt5zvV1TRI/XI4eVgO5g2I/AAAAAAAAe2k/vMhnaaLDlMwpYqvEE3LUJhRTBi2_WoIlgCEwYBhgL/s1600/lIMG_0005.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-JEt5zvV1TRI/XI4eVgO5g2I/AAAAAAAAe2k/vMhnaaLDlMwpYqvEE3LUJhRTBi2_WoIlgCEwYBhgL/s1600/lIMG_0005.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dal barbiere</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-XsezdXV-FXo/XI4eWCm8k3I/AAAAAAAAe2s/zKgoH716cZs_dO3teb6XGohb8wxZBj3XACEwYBhgL/s1600/lIMG_0028.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-XsezdXV-FXo/XI4eWCm8k3I/AAAAAAAAe2s/zKgoH716cZs_dO3teb6XGohb8wxZBj3XACEwYBhgL/s1600/lIMG_0028.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Al mercato un maialino comprò...</td></tr>
</tbody></table>
<b><br /></b>
<b>Il mercato merita assolutamente la visita</b>:
essendo arrivati un po’ tardi, della parte degli animali è rimasto poco, ma il
resto è ancora in piena attività, compresi i numerosi barbieri che fanno barba
e capelli in improvvisate “botteghe” sulla strada; c’è qualche bancarella per
turisti, ma la maggior parte sono prodotti per la popolazione locale e c’è
un’area dedicata alla ristorazione con zuppe, fritti, carni macellate in loco
ecc.<br />
Lasciato il
mercato, <b>andiamo verso il fiume Chay dove facciamo una bella gita di
circa un’ora e mezza con piccole barche da sette fino al villaggio di Bao Nhai:
la navigazione è lenta e piacevole, il tempo clemente e il tutto molto
rilassante</b>.
Torniamo in al bus e,
dopo una sosta pranzo, ci dirigiamo verso Lao Cai dove, alle 21.40 ci attende
il treno per Hanoi.
<br />
<br />
<h3>
CROCIERA NELLA MITICA BAIA DI HA LONG </h3>
Arrivati ad Hanoi alle
5.40, partiamo per la baia di Ha Long dove arriviamo dopo 4 ore di bus e una
sosta per il pranzo in una specie di centro commerciale per turisti (con prezzi
adeguati al target). Alle 12 saliamo sulla barca, ottima sistemazione: la
cabina doppia con bagno è piccola, ma confortevole e si gode una bella vista
anche standosene placidamente sdraiati a letto.
<b>Nonostante il tempo bigio, per fortuna senza nebbia né pioggia, la baia è
comunque spettacolare con i suoi mille pandori verdi che sbucano dall’acqua</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-ANg_2KdpOLQ/XI4eWiVp6iI/AAAAAAAAe2g/Yex8q7YlilUK_sfhR5dS3fy57GbsqWnRgCEwYBhgL/s1600/lIMG_0059.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-ANg_2KdpOLQ/XI4eWiVp6iI/AAAAAAAAe2g/Yex8q7YlilUK_sfhR5dS3fy57GbsqWnRgCEwYBhgL/s1600/lIMG_0059.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Baia di Ha Long</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Ovviamente non è una
crociera solitaria: nei pressi dell’isola Titop dove c’è un promontorio dalla
cui cima si gode di un ottimo panorama, conto più di una cinquantina di
imbarcazioni. È comunque bello girovagare zigzagando tra le oltre 3.000 isole
della baia; l’indomani visitiamo la grotta Hang Sung Sot (Grotta della
Sorpresa), una delle tante racchiuse nelle rocce calcaree delle isole. Pranzi e
cene in barca, tutto ottimo.
Rientriamo ad Hanoi
nel tardo pomeriggio e dopo un giro dedicato agli acquisti, ceniamo nella Citta
Vecchia.<br />
<br />
<h3>
UNA FULL IMMERSION NELLA DIVERTENTE HANOI </h3>
Nell’ultimo giorno ad
Hanoi giri in libertà a piccoli gruppi, unico appuntamento al Teatro delle
marionette sull’acqua dove abbiamo preso i biglietti per lo spettacolo delle
18.30.
Il nostro drappello
comprende Elena, Stefania, Massimiliana, Massimo, Giampiero ed io. La prima
meta è il <b>mercato di Dong Xhuan: un monumento al commercio che si
sviluppa su tre piatti fitti di bancarelle di ogni tipo, all’interno di un
austero edificio stile sovietico</b> (ricostruito dopo un incendio che nel
1994 lo aveva distrutto).<br />
Ci dirigiamo quindi
verso la Pagoda Tran Quoc, una delle più antiche del Vietnam, che si trova
sulle rive del lago Tay Ho; ci arriviamo dopo una bella e lunga camminata nel
quartiere francese dove sorgono belle case di epoca coloniale lungo grandi
viali alberati. Purtroppo arriviamo pochi minuti dopo la chiusura per la pausa
pranzo e quindi proseguiamo il nostro giro, ma mentre Giampiero, Elena ed io
decidiamo di prendere un taxi per la Città Vecchia, gli altri compagni del
gruppetto preferiscono proseguire a piedi.<br />
<b>Entriamo nel vivo della
città per assaporarne la parte più divertente</b> (si aggregano a noi
Lorenza e Mario che incontriamo in un ristorantino dopo gustiamo un ottimo
pranzo): <b>dal più svariato cibo da strada, alle botteghe straripanti di
merce, ma soprattutto siamo affascinati dalla capacità di trasportare in moto
quantità e tipologie di prodotti assolutamente improbabili.</b><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-tCdPS1uPaiM/XI4eXGl-aXI/AAAAAAAAe2k/cIEe5OvRlg4ZXk86GIdNiYvs41jDEjCAQCEwYBhgL/s1600/lIMG_0200.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-tCdPS1uPaiM/XI4eXGl-aXI/AAAAAAAAe2k/cIEe5OvRlg4ZXk86GIdNiYvs41jDEjCAQCEwYBhgL/s1600/lIMG_0200.JPG" /></a></div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-SPAs3-kpEaQ/XI4eXnx4QjI/AAAAAAAAe2s/-Yat_6T_n3ghO-lU_BlRnNmkX1K7ljrbgCEwYBhgL/s1600/lIMG_0203.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-SPAs3-kpEaQ/XI4eXnx4QjI/AAAAAAAAe2s/-Yat_6T_n3ghO-lU_BlRnNmkX1K7ljrbgCEwYBhgL/s1600/lIMG_0203.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I trasporti di merce ad Hanoi</td></tr>
</tbody></table>
Le case sono
particolari, alte e strette come in quasi tutto il paese, ma affastellate l’una
sull’altra con balconi densi di piante e finestre attraverso le quali si
intravedono pile di scatoloni. Nel nostro girovagare vediamo il delizioso <b>tempio
di Bach Ma</b> e attraversiamo <b>Cua O Quan</b>, la Vecchia Porta
Orientale.
Dopo lo spettacolo
delle marionette sull’acqua che ci regala un simpatico tuffo nell’infanzia,
andiamo a cena al Blue Butterfly, ristorante delizioso sia nella struttura sia
nei cibi.<br />
È la nostra ultima
sera in Vietnam che chiudiamo con una lunga passeggiata fino all’hotel
attraverso le vivaci e animate stradine della Città Vecchia.
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<br />Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-47797221207394554752019-01-09T05:00:00.000-08:002019-03-17T03:20:11.330-07:00I 5 elementi dello Wu XingWuXing 5 elementiSi tratta di un concetto tipico della cultura cinese, fatto proprio anche dalla cultura vietnamita, che viene utilizzato in vari ambiti; dalla medicina tradizionale alle arti marziali, al cibo. <br />
<a name='more'></a>Esposta per la prima volta dal filosofo cinese Chou Yen (350-270 a.C.) riprende l’antica filosofia taoista cinese (che a sua volta riprende i concetti di yin-nero e yang-bianco) dandone una visione sistemica dove le relazioni tra 5 elementi base (Fuoco, Terra, Metallo, Acqua e Legno), dove nessuno è dominante ma ciascuno è essenziale, dovrebbero spiegare i fenomeni e le trasformazioni dinamiche dell’universo. Ogni elemento è legato all’altro da una serie di “leggi” che esprimono l’armoniosità dell’insieme. Ne riporto alcune:Legge di generazione “Sheng” che spiega il rapporto tra l’elemento che genera e quello che viene generato (rapporto che viene definito di “padre-figlio”):<br />
<ol>
<li>il Legno, elemento madre, in presenza di ossigeno si accende e genera il Fuoco, elemento figlio;</li>
<li>il Fuoco produce la cenere che, depositandosi, genera la Terra;</li>
<li>la Terra custodisce nelle sue viscere il Metallo;</li>
<li>il Metallo quando è fuso passa allo stato liquido, ricordando per analogia l'acqua;</li>
<li>l'Acqua, umidificando il terreno, permette al seme di germogliare e di crescere fino a diventare albero, quindi Legno.</li>
</ol>
Legge di dominazione “ke” che indica il reciproco controllo degli elementi (rapporto che viene definito di “nonno-nipote”: rispetto alla precedente legge di generazione, infatti, qui vediamo che un elemento salta quello immediatamente successivo):<br />
<ul>
<li>il Legno domina la Terra, perché è la Terra che assicura al Legno tutti i fattori necessari al suo nutrimento;</li>
<li>la Terra domina l'Acqua perché l'assorbe;</li>
<li>l'Acqua domina il Fuoco perché lo spegne;</li>
<li>il Fuoco domina il Metallo perché lo fonde;</li>
<li>il Metallo domina il Legno perché lo taglia.</li>
</ul>
A integrazione di queste due leggi fondamentali ce ne sono altre che spiegano attività non svolte adeguatamente e che quindi creano disarmonia: quando l’elemento nonno tende a sopraffare l’elemento nipote distruggendolo (cheng) o, viceversa, il nipote si ribella al nonno (wu). Un’applicazione curiosa di questa filosofia è quella alla cucina tipica vietnamita. Riprendo a questo proposito cosa scrive il sito “I viaggi di Serendipidy” in un interessante articolo sulla cucina Vietnam: “Tutti i sapori e gli odori sono uniti con i cinque elementi che fanno parte dello Ying oppure dello Yang e bisogna sempre fare attenzione a come vengono associati all’interno di un piatto, per raggiungere un benessere fisico durante la giornata. Tutto ciò che ha un sapore piccante verrà associato al metallo, le pietanze con un gusto aspro invece sono legate al legno. L’acqua è associata ad un gusto salato, mentre l’amaro con il fuoco. Per finire il sapore dolce e più equilibrato è unito alla terra. Quindi i 5 elementi metallo, legno, acqua, fuoco e terra giocano un ruolo fondamentale nella preparazione dei piatti vietnamiti ed è anche per questo che la nostra cucina risulta così buona ed unica. Un piatto tipico, che sicuramente avrete modo di assaggiare durante il vostro viaggio in Vietnam (e che consiglio perché buonissimo!) è il Pho. Una zuppa con molte varianti, che può essere cucinata con le ossa di bovino che donano un sapore dolce legato all’elemento terra, il garretto di manzo, l’amaro di anice stellata e la cannella di limone come elemento del fuoco, sale che è legato all’elemento dell’acqua, le tagliatelle di riso e il succo di limone per il legno, e la parte piccante data dai peperoncini per unire anche l’elemento del metallo”.<br />
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-hXNdh2TN2z4/XI4eUj9Uw9I/AAAAAAAAe2o/w0gRiKJr08cyzNxWA7hVyUCEqTfyzPKDwCEwYBhgL/s1600/WuXing_5_elementi.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="674" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-hXNdh2TN2z4/XI4eUj9Uw9I/AAAAAAAAe2o/w0gRiKJr08cyzNxWA7hVyUCEqTfyzPKDwCEwYBhgL/s1600/WuXing_5_elementi.jpg" /></a><br />
<div>
<br /></div>
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-39304206840222627902019-01-09T04:00:00.000-08:002019-03-17T03:18:53.474-07:00La Zona DeMilitarizzata più militarizzata del mondo<a href="https://3.bp.blogspot.com/-qjqA1BDHOpI/XI4eNuD_ayI/AAAAAAAAe2c/-8OKE3p0NwAojCrs8tsasjuOfMZKeb3XQCEwYBhgL/s1600/IMG_0170b.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" height="112" src="https://3.bp.blogspot.com/-qjqA1BDHOpI/XI4eNuD_ayI/AAAAAAAAe2c/-8OKE3p0NwAojCrs8tsasjuOfMZKeb3XQCEwYBhgL/s200/IMG_0170b.JPG" width="200" /></a>Dopo la guerra d’Indocina (1946-1954) combattuta dal Viet Minh contro la Francia che voleva riprendere il suo controllo coloniale dopo l’occupazione giapponese, durante la Conferenza di Ginevra si giunse a un accordo che definiva lungo il 17° parallelo il confine tra il Vietnam del Nord, sotto il controllo del Viet Minh e la guida di Ho Chi Minh, e quello del Sud, prima sotto la guida dell’ex imperatore poi di Ngo Dinh Diem e quindi di Nguyen Van Thieu, ma di fatto controllato dagli americani.<br />
<br />
<a name='more'></a><br />
Gli accordi prevedevano la creazione di una zona, demilitarizzata appunto, che andava dal confine con il Laos alla foce fiume Ben Hai lunga circa 100 chilometri e ampia circa 8. Le truppe di entrambi gli schieramenti dovevano rimanere fuori dall’area, ma in realtà durante la Guerra del Vietnam (che qui chiamano “Guerra americana”) questa è diventata una delle zone più militarizzate del paese.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-rao_2b--l8c/XI4eOInpj7I/AAAAAAAAe1A/8yiq5q_xaxo0DByrL6kSeqv_r3iyatbXgCEwYBhgL/s1600/IMG_0182.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-rao_2b--l8c/XI4eOInpj7I/AAAAAAAAe1A/8yiq5q_xaxo0DByrL6kSeqv_r3iyatbXgCEwYBhgL/s1600/IMG_0182.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I tunnel di Vinh Moc</td></tr>
</tbody></table>
La parte settentrionale della DMZ era oggetto di frequenti bombardamenti per cui la popolazione di confine costruì dei tunnel (veri e propri villlaggi) sotterranei per ripararsi. La costruzione dei tunnel di Vinh Moc è durata 13 mesi (1965-1966) con 18.000 giorni di lavoro che hanno coinvolto tutta la popolazione del villaggio e sono state in uso fino al 1972; si stima che circa 300 persone hanno vissuto permanentemente sottoterra in questo periodo e che 17 bambini sono nati nei tunnel.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-M73VAUkVcLY/XI4eOi6YMtI/AAAAAAAAe1E/U1TxYUZ_uVIN5vkwGOR4YcSTe2kXjdY1gCLcBGAs/s1600/IMG_0187.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-M73VAUkVcLY/XI4eOi6YMtI/AAAAAAAAe1E/U1TxYUZ_uVIN5vkwGOR4YcSTe2kXjdY1gCLcBGAs/s1600/IMG_0187.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dentro il tunnel</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
Le gallerie si estendono lungo 2,8 chilometri, su tre livelli sotterranei (12,18 e 22 metri): il livello superiore era destinato alle famiglie che vi vivevano in piccole grotte, scavate nella roccia calcarea, di 4 m di lunghezza, 0,8 m di altezza e 1,8 m di larghezza; il secondo livello veniva utilizzato per immagazzinare armi e cibo; il livello più profondo, oltre ad avere una grotta adibita a sala parto e infermeria, veniva utilizzato per proteggersi dai bombardamenti dato che le bombe americane erano progettate per penetrare 10 metri sotto terra. Tutto intorno al villaggio sono stati scavati 8 chilometri di trincee.<br />
Complessivamente durante la guerra furono sganciate 14 milioni di tonnellate di bombe, tre volte quelle utilizzate dagli alleati nel secondo conflitto mondiale. Tra il 10 e il 30% di questi ordigni è rimasto dormiente: bombe dormienti che hanno ucciso, dal 1975, oltre 100mila persone.<br />
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Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-13914077291127304522019-01-09T03:00:00.000-08:002019-03-09T10:26:36.584-08:00Le tribù di montagnaSono 54 i gruppi etnici presenti in Vietnam, molti dei quali risiedono nel Nord del paese, al confine con la Cina. I più famosi sono sicuramente i H’mong, emigrati dalla Cina nel XIX secolo che sono a loro volta suddivisi in vari sottogruppi: i Bianchi, i Neri, i Rossi, i Verdi ed i Fioriti, ognuno con piccole differenze riscontrabili nei loro abiti tradizionali. Altro gruppo numeroso è quello dei Tay., la cui lingua scritta ha un proprio alfabeto e che si contraddistingue per la ricca produzione artistica di poesia, canzoni, musica e danze. Da segnalare ci sono poi i Dao (o Dzao) anch’essi arrivati dalla Cina e che si sono insediati in Vietnam nel XIII secolo; tuniche, foulard, gonne e corpetti delle donne Dao sono tra i più riccamente decorati.<br />
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Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-51089030347624140262019-01-09T02:00:00.001-08:002019-03-17T03:20:51.530-07:00Spettacolo delle marionette sull’acqua: un ritorno all’infanziaNon poteva che nascere dai risicoltori questa antichissima tradizione esclusivamente vietnamita dove delle marionette scolpite nel legno dell’albero di fico e laccate con una resina che le rende impermeabili danzano sull’acqua mosse da un drappello di artisti attraverso invisibili meccanismi.<br />
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Le dimensioni delle marionette variano da 30 a 40 centimetri (ma alcuni esemplari raggiugono anche 1 metro) e sono fissate all’estremità di una lunga asta di bambù che viene manovrata dall’artista che lavora nascosto dietro una tenda (e immerso anch’egli nell’acqua); l’asta è collocata su una base galleggiante, con timone, e gli arti e il capo della marionetta vengono mossi da un sistema di tiranti di corda.<br />
L’effetto è ipnotico, io non mi sono neanche accorta che fosse passata un’ora, e nonostante non conosca la storia rappresentata l’insieme riesce a riportarmi all’infanzia provocando meraviglia, stupore, tenerezza e attesa proprio come se fossi un bambino.<br />
La storia viene raccontata, con l’accompagnamento di alcuni musicisti, da attrici posizionate ai lati del piccolo palcoscenico-piscina e vale assolutamente la pena spendere i pochi euro di differenza per sedere nella prima o al massimo nella seconda fila così da non essere disturbati dagli inevitabili cellulari alzati sopra le teste e godersi lo spettacolo pienamente.<br />
Sparita quasi completamente durante la guerra, quest’arte popolare è tornata in vita dopo la creazione del Teatro Municipale delle Marionette sull’Acqua di Hanoi nel 1969 e oggi ci sono numerose troupe permanenti o itineranti, soprattutto nel Nord del paese (culla di questa tradizione).<br />
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<a href="https://3.bp.blogspot.com/-0dhpMOwB4Zg/XI4eYTBHp1I/AAAAAAAAe2o/VEdZqcnrjEkE4pfVzmDUQLfvO1GhyGkhQCEwYBhgL/s1600/marionette.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="200" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-0dhpMOwB4Zg/XI4eYTBHp1I/AAAAAAAAe2o/VEdZqcnrjEkE4pfVzmDUQLfvO1GhyGkhQCEwYBhgL/s1600/marionette.jpg" /></a></div>
<br />Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-29470394733184206112019-01-09T02:00:00.000-08:002019-03-16T07:37:03.090-07:00Video: il Vietnam visto da Giampiero<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/P-2xiiZW8gc/0.jpg" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/P-2xiiZW8gc?feature=player_embedded" width="560"></iframe></div>
<br />Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-6422146551722612932019-01-09T01:00:00.000-08:002019-03-16T06:50:29.777-07:00Cartina del viaggio in Vietnam 2019<div style="text-align: center;">
<iframe height="375" src="https://www.google.com/maps/d/embed?mid=1fUlq6wbukqrN2AtI5tTOjgJrGy0COOLE" width="500"></iframe></div>
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-46925809224209223272018-12-05T00:25:00.000-08:002019-03-08T10:41:41.305-08:00Quale è oggi e sarà in futuro l’impatto economico dell’intelligenza artificiale?<img alt="7 dimensioni impatto economico ai1" height="68" src="https://www.patriziafabbri.it/site/images/6_Varie/7-dimensioni-impatto-economico-ai1.jpg" style="border: 0px; float: left; height: auto; margin: 2px; max-width: 100%; vertical-align: middle;" width="120" />Un mercato, quello delle tecnologie di intelligenza artificiale, che secondo IDC raggiungerà i 77,6 miliardi di dollari nel 2022, più di tre volte il valore di mercato previsto per il 2018. Ma il tema veramente interessante è l’impatto che queste tecnologie avranno sull’economia mondiale stimato da McKinsey Global Institute in 13 trilioni di dollari al 2030, corrispondente a una crescita del PIL mondiale all’anno di circa 1,2%. Quali sono le sfide che si aprono per i paesi, le aziende e le persone?<br />
<a href="https://www.zerounoweb.it/analytics/cognitive-computing/qual-e-oggi-e-in-futuro-limpatto-economico-dellintelligenza-artificiale/" outline: none; text-decoration-line: none;" target="_blank">Leggi l’articolo completo su ZeroUno</a>
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-10054669082245132482018-11-30T00:27:00.000-08:002019-03-08T10:41:52.315-08:00Identità digitale: salvaguardarla è una questione di democrazia<img alt="identita" height="82" src="https://www.patriziafabbri.it/site/images/6_Varie/identita.jpg" style="border: 0px; float: left; height: auto; margin: 2px; max-width: 100%; vertical-align: middle;" width="120" />L’identità è uno dei beni più preziosi che abbiamo. E oggi, che al mondo fisico si affianca un mondo digitale dove acquistiamo, percepiamo compensi, esercitiamo diritti e doveri ed esprimiamo opinioni, i nostri gemelli digitali devono essere salvaguardati con lo stesso impegno che poniamo nella cura della nostra integrità fisica, morale, economica, politica e culturale. Da uno studio del World Economic Forum alcune indicazioni per definire e realizzare una “buona” identità digitale.<br />
<a href="https://www.zerounoweb.it/techtarget/searchsecurity/identita-digitale-salvaguardarla-e-una-questione-di-democrazia/" outline: none; text-decoration-line: none;" target="_blank">Leggi l’articolo completo su ZeroUno</a>
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-45643402544051942222018-09-26T00:29:00.000-07:002019-03-08T10:42:14.938-08:00Italia, mancano i forti driver all’innovazione<img alt="fuggetta" height="103" src="https://www.patriziafabbri.it/site/images/6_Varie/fuggetta.jpg" style="border: 0px; float: left; height: auto; margin: 2px; max-width: 100%; vertical-align: middle;" width="120" />Dimensione aziendale, competenze, divario territoriale, ruolo della PA: sono gli elementi critici che, secondo Alfonso Fuggetta, CEO di Cefriel e Full Professor del Politecnico di Milano, rappresentano i principali freni alla trasformazione digitale dell’Italia. Ma anche nelle aree più mature del Paese e dove le pubbliche amministrazioni hanno giocato un importate ruolo abilitatore, i risultati non sono ancora all’altezza delle aspettative e delle sfide. La domanda da porsi è dunque: cosa non ha funzionato e soprattutto a cosa dare priorità di attenzione e di investimento?</div>
<a href="https://www.zerounoweb.it/cio-innovation/pa-digitale/italia-mancano-i-forti-driver-allinnovazione/" outline: none; text-decoration-line: none;" target="_blank">Leggi l’articolo completo su ZeroUno</a></div>
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-73604119003346022122018-09-09T14:00:00.000-07:002019-05-04T00:37:40.464-07:00Cina: 5 diversi viaggi in uno<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-kjf4Gxa65_o/XKjV_Kg-s5I/AAAAAAAAfRE/r0uKN_K1qeQ2_T7Ax7Ha2n8Xge5GJp8ngCLcBGAs/s1600/IMG_6151c.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" height="111" src="https://3.bp.blogspot.com/-kjf4Gxa65_o/XKjV_Kg-s5I/AAAAAAAAfRE/r0uKN_K1qeQ2_T7Ax7Ha2n8Xge5GJp8ngCLcBGAs/s200/IMG_6151c.jpg" width="200" /></a></div>
In 23 giorni in Cina partendo da Pechino e arrivando a Shanghai, su un percorso complessivo di quasi <b>7.000 chilometri</b>, abbiamo attraversato città, zone rurali, siti archeologici, campagna, villaggi diversissimi tra loro. E ogni tappa è stata un viaggio diverso.<br />
<em>6-23 agosto 2018</em><br />
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<span style="color: #b45f06;">🔴 🔴 🔴 🔴 🔴 🔴 🔴</span></div>
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Prima di intraprendere un viaggio in Cina, soprattutto in agosto, bisogna tenere ben presente una cosa: gli abitanti di questo immenso paese <b>sono 1,4 miliardi</b>. Il benessere ha raggiunto una parte della popolazione e quindi <b>i cinesi vanno in vacanza</b>, supponendo che se ne muova solo il 10% (ma la percentuale è in difetto) significa<b> 140 milioni di persone</b> che visitano i monumenti più gettonati o le zone più turistiche (oltre agli abituali residenti). <strong>Quindi si è quasi perennemente circondati da una folla di gente che si accalca, spinge e spintona </strong>per salire sulla metropolitana, per prendere posto al ristorante, nei negozi, agli ingressi dei luoghi da visitare: non è maleducazione, ma una<strong> tecnica di sopravvivenza</strong>. È impossibile fare diversamente, per cui bisogna rapidamente imparare la lezione e comportarsi allo stesso modo: nessuno si offenderà o si aspetterà delle scuse se ci si fa largo a gomitate.<br />
Fatta questa premessa, che bisognerà ripetersi come una sorta di mantra ogni mattina per non irritarsi e godersi la giornata, il viaggio in Cina è una bellissima esperienza.<br />
Spostandosi da una zona all'altra è come se ci si trovasse ogni volta in un paese diverso.<br />
E allora, andiamo a incominciare.<br />
<br />
<h2>
<strong>I CINESI, LA TECNOLOGIA, L'INGLESE E L’ORGANIZZAZIONE</strong></h2>
Giampiero e io ci incontriamo con Jennifer e Dario all'aeroporto di Venezia dove il volo per Francoforte parte con un po' di ritardo per cui allo scalo tedesco dobbiamo correre per prendere la coincidenza per Pechino, ma i bagagli non ci seguono e arriveranno in albergo il giorno dopo.<br />
<h4>
Utilizzo diffuso della tecnologia </h4>
Dopo circa 10 ore di volo arriviamo a destinazione, dove <strong>l'impatto con l'aeroporto ci dà già un assaggio di quello che ci aspetta nei prossimi giorni</strong>. È l'aeroporto più grande che io abbia mai visto, le pratiche di ingresso si svolgono abbastanza rapidamente anche perché la prima registrazione viene fatta con macchinette self service che acquisiscono i dati del passaporto e le impronte digitali.<br />
La <strong>tecnologia nella quotidianità </strong>è uno degli aspetti della Cina che colpisce subito. In primo luogo hanno praticamente saltato la fase carta di credito e sono passati dai contanti direttamente al <b>pagamento con smartphone</b>: con il telefono si paga qualsiasi cosa, dai 2 yuan (0,23 circa euro) per la bottiglietta d'acqua per strada, al biglietto del bus, allo street food. Anche le persone più anziane, perlomeno nelle città, sembrano avere dimenticato l'uso dei contanti.<br />
Il <b>bike sharing</b> è molto diffuso (non a caso Ofo, la più grande azienda mondiale di bike sharing è cinese), ma anche l’<b>ombrello sharing </b>alle fermate della metropolitana e sembrano utilizzare <b>app per qualsiasi cosa</b>; nei tunnel dei metrò c'è un curioso sistema per trasmettere <b>pubblicità luminosa sul muro</b> della galleria (o sul vetro del vagone, non siamo riusciti a capirlo, la sensazione è che la pubblicità galleggi all’esterno del vagone); ovunque si trovano <b>gadget elettronici di ogni tipo</b>.<br />
<h4>
Molto difficile comunicare</h4>
La comunicazione, se non si conosce il cinese, è invece uno scoglio insormontabile perché è <b>rarissimo incontrare qualcuno che sappia l'inglese</b>.<br />
Nei ristoranti capiscono con difficoltà anche le parole più elementari, come water o eat, e dato che i traduttori cinese-inglese e viceversa non sono il massimo, ogni tentativo di comunicazione si tramuta in sguardi sconcertati alle traduzioni delle reciproche app dedicate.<br />
Come spiega il sito Sapore di Cina pare che <a href="https://www.saporedicina.com/perche-imparare-l-inglese-e-difficile-per-i-cinesi/" rel="nofollow" style="outline: none;" target="_blank"><span style="color: #444444;">per i cinesi sia molto difficile imparare l'inglese</span></a> perché la loro lingua ha molti meno suoni delle lingue indoeuropee e dato che anche la <b>gestualità è diversa</b>, la relazione con i locali è limitata ai contatti essenziali.<br />
Ma dato che a pensare male non si sbaglia mai, non escludo che ci sia anche una precisa volontà a non insegnare l’inglese dato che così la relazione con l’esterno, che potrebbe essere agevolata dalla tecnologia, viene resa più difficile dalla barriera linguistica.<br />
<h2>
<strong>LA PECHINO IMPERIALE: MAESTOSA E IMPONENTE</strong></h2>
Uscendo dall'aeroporto, ci si immerge in una vera e propria <b>foresta di grattacieli</b> di 30-40 piani; gruppi di 10-15 palazzi identici, molti dei quali in costruzione, si susseguono senza soluzione di continuità dalla estrema periferia verso le zone più centrali. Dopo un primo tratto di autostrada abbastanza libero, il traffico si intensifica man mano che ci si avvicina al centro.<br />
È ormai mezzogiorno quando arriviamo all’hotel Plaza, che si trova sul 3° ring (quindi abbastanza lontano dal centro) dove incontriamo il gruppo arrivato da Milano: Bianca e Simonetta, Cristina e Paolo, Priscilla, Barbara, Giuseppe e Betta, Gianluca.<br />
<h4>
Al Palazzo d'estate, residenza estiva degli imperatori</h4>
Le camere non sono ancora pronte e per non ciondolare nella hall in attesa degli ultimi compagni in arrivo da Roma, andiamo a vedere il quartiere musulmano che è relativamente vicino e nel quale vivono circa 10.000 musulmani hui. Non abbiamo molto tempo per cui andiamo direttamente alla <b>moschea Niújiē</b>: è un complesso del X secolo con vari edifici che unisce l'architettura cinese a elementi ornamentali mediorientali.<br />
Dopo un veloce spuntino rientriamo in albergo dove nel frattempo sono arrivati Massimo e Flavio, il gruppo è così completo: il primo impatto è positivo e in effetti si rivelerà una compagnia ben assortita e molto piacevole.<br />
L'indomani ci troviamo alle 8 per la visita alla Pechino “classica”: dopo molte indecisioni, Giampiero aveva alla fine optato per la guida offerta dall’agenzia, invece del “fai da te”, perché è il solo modo per poter prenotare i biglietti della Città Proibita ed evitare così code e rischio esaurimento biglietti (molto elevato in agosto e, in genere, in corrispondenza delle vacanze cinesi). La scelta si rivela comunque positiva perché ci permette di ottimizzare i tempi.<br />
Prima tappa è il Palazzo d'estate per raggiungere il quale, essendo dall'altra parte della città, è necessaria un’ora buona di metropolitana. La<strong> cappa di caldo e umido </strong>ci avvolge non appena usciti dalla metropolitana-freezer; il cielo è di un bianco opaco che stenderà una patina uniforme sulle fotografie, appiattendo colori e contrasti<strong>.</strong> Il Palazzo, residenza estiva degli imperatori nel cui immenso parco cercavano di rifuggire dalla calura della Città Proibita, è composto da <b>un insieme di padiglioni</b> che sorgono in mezzo al verde e intorno al lago che si trova al centro del parco. Un <b>lunghissimo sentiero</b> coperto da un tetto di legno lavorato e colorato che ripara dal sole conduce ai vari padiglioni situati ai piedi della collina (ce ne guardiamo bene dal salire a quelli più in alto).<br />
La visita dura circa 3 ore e con tre quarti d’ora di metropolitana siamo in centro, pronti ad affrontare la Città Proibita dove abbiamo il primo vero impatto con le masse cinesi.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-pAdZk8FxhvQ/XKjV_3ZexYI/AAAAAAAAfTc/KBez6PBRAxwRFV2WX9Txod-4tZMGCs4RQCEwYBhgL/s1600/IMG_6175f.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-pAdZk8FxhvQ/XKjV_3ZexYI/AAAAAAAAfTc/KBez6PBRAxwRFV2WX9Txod-4tZMGCs4RQCEwYBhgL/s1600/IMG_6175f.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Pechino, Palazzo d'Estate</td></tr>
</tbody></table>
<h4>
La proibitiva Città Proibita</h4>
Nonostante l'affluenza, tutto si svolge molto rapidamente; constateremo anche nei giorni successivi che non si fanno mai lunghe code, <b>tutto è sempre perfettamente organizzato, </b>anche questa è una questione di sopravvivenza in un paese dove le due città principali, Pechino e Shanghai, contano rispettivamente 21,5 e 27 milioni di abitanti, ma pieno di città “medie” di 8-10 milioni e “piccole” di 2-3 milioni.<br />
Attraversata la <b>Porta di Mezzogiorno</b> (Wǔ Mén), l'imponente portale a ferro di cavallo sul quale troneggia l'<b>immagine di Mao Tze Tung</b>, entriamo nel primo cortile della Città Proibita. L<b>'immensità degli spazi </b>ti avvolge appena varcato il portale: i padiglioni si susseguono, collegati da cortili immensi, scale e passaggi più o meno stretti. A parte un paio di edifici adibiti a mostre, la visita è possibile solo all'esterno dei padiglioni e ci impieghiamo circa 3 ore.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td><a href="https://2.bp.blogspot.com/-qgi1sOjvD1Q/XKjV-3Q9nzI/AAAAAAAAfTc/hdsKyTWsgxQX-7RxbkHuFg_t-Mz3pHhaQCEwYBhgL/s1600/IMG_6168.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-qgi1sOjvD1Q/XKjV-3Q9nzI/AAAAAAAAfTc/hdsKyTWsgxQX-7RxbkHuFg_t-Mz3pHhaQCEwYBhgL/s1600/IMG_6168.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;">All'interno della Città Proibita</td></tr>
</tbody></table>
<h4>
Passeggiata nel parco Beihai</h4>
Quando terminiamo sono ormai le 16: siamo stremati, più per il caldo che per la fatica, e decidiamo di non entrare nel parco Jǐngshān perché dovremmo risalire una collina, troppo per le nostre forze. Ci dirigiamo quindi al<b> parco Běihǎi</b> occupato quasi integralmente da un vasto lago, chiamato Mare del Nord (Běihǎi appunto), nel quale c’è l’isoletta di Giada dominata da uno <b>Stupa Bianco</b>; il parco si trova dove era situato il palazzo di Kublai Khan.<br />
Il gruppo, tranne io e Giampiero, sale sullo Stupa e quando ci riuniamo andiamo verso l'uscita dove vediamo il <b>Muro dei Nove Draghi</b>: alto 5 metri e lungo 27, il muro è ricoperto di scintillanti piastrelle multicolori smaltate che raffigurano draghi aggrovigliati.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-5Y47TlXS84g/XKjV_DyfJyI/AAAAAAAAfTY/vYzhRld83xMxDu3Oqn0BckZn6PPQEJ7ogCEwYBhgL/s1600/IMG_6174%2B02-IMG_6866.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-5Y47TlXS84g/XKjV_DyfJyI/AAAAAAAAfTY/vYzhRld83xMxDu3Oqn0BckZn6PPQEJ7ogCEwYBhgL/s1600/IMG_6174%2B02-IMG_6866.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Muro dei 9 Draghi</td></tr>
</tbody></table>
<h4>
Nella claustrofobica Wangfujing</h4>
Sono ormai le 18 e ci trasciniamo sempre più afflosciati dal caldo e dalla stanchezza, ma la vita del turista non conosce sosta e raggiungiamo l’ultima meta della giornata: la via dello <b>street food Wangfujing</b>, dove la calca è impenetrabile.<br />
I chioschi ai due lati della piccola via pedonale vendono <b>spiedini di qualsiasi tipo</b>: carne di scorpione, maiale o pollo, polpo, pesci sconosciuti, tofu, frutta caramellata. E non mancano cosce di pollo ripieno, salsicce (non so bene di cosa), uova bianche e nere che sembrano sode, brodaglie varie, noodle, frittelle.<br />
Spilucchiamo qualcosa, ma alle 20.30, completamente distrutti, riprendiamo il metrò e torniamo in hotel.<br />
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<strong>LA GRANDE MURAGLIA. LO SGUARDO SPAZIA NELLE VALLI</strong></h2>
Ci svegliamo con una pioggia battente che non farà che aumentare lungo tutto il percorso (nonostante sia di circa 70 km impiegheremo 2 ore e mezza a percorrerlo), per interrompersi magicamente a <b>Mùtiányù</b>, il punto della Grande Muraglia che abbiamo deciso di visitare.<br />
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La Grande Muraglia a Mùtiányù </h4>
È durante la dinastia Qin (200 a.C.) che ha inizio la costruzione della Muraglia, ma il suo assetto definitivo, per una lunghezza di 8.851 km, è di epoca Ming (1368 – 1644) e benché fosse stata progettata come barriera difensiva, in realtà non servì mai molto a questo scopo mentre si rivelò molto utile come via sopraelevata per il trasporto di merci e persone nelle zone montuose.<br />
Giunti alla biglietteria di Mùtiányù ci sono varie possibilità per arrivare alla Muraglia (tra le quali anche una discesa in toboga): noi <b>optiamo per la salita in funivia e la discesa a piedi</b>. Mai scelta si rivelò più sbagliata: la <b>discesa è massacrante</b> (oltre 4.000 scalini) e non vale assolutamente la pena anche perché, nonostante sia una scalinata nel bosco, il caldo è comunque intenso.<br />
Tutto è, come sempre, <b>organizzato in modo impeccabile</b>: navette in continuazione per il punto di partenza della funivia dove la coda è abbastanza corta, anche se la quantità di transenne fa immaginare situazioni apocalittiche.<br />
Giunti in cima, la vista è grandiosa anche se il posto è ovviamente turistico (sebbene meno di altri più vicini a Pechino): cammino dalla torre 14 alla 18 perché per arrivare alla 20 bisogna fare una salita impegnativa che non mi sento di affrontare, mentre gli altri proseguono; tornati sui nostri passi, alcuni scendono con la funivia, mentre altri (me compresa) arrivano alla torre 10 da dove inizia la discesa.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-Nekd51thmdI/XKjWAYQWwPI/AAAAAAAAfTc/DRn0yXPwurUHoEAjSMXZYAfDJoSVnokzACEwYBhgL/s1600/IMG_6188.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-Nekd51thmdI/XKjWAYQWwPI/AAAAAAAAfTc/DRn0yXPwurUHoEAjSMXZYAfDJoSVnokzACEwYBhgL/s1600/IMG_6188.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La Grande Muraglia</td></tr>
</tbody></table>
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<br />Relax alle Tombe Ming</h4>
Dopo un veloce spuntino, alle 15 siamo nuovamente sul bus diretti alla <b>Tombe Ming </b>dove arriviamo dopo circa un’ora. Se non si è cultori della materia, l'ultima dimora di 13 dei 16 imperatori Ming, non è appassionante, ma la pace che vi regna è impagabile dopo la calca di ieri e della Muraglia quindi gradiamo la visita. Saltiamo però la Via Sacra perché vogliamo fermarci a vedere lo <b>Stadio Olimpico</b>, struttura particolare denominata Nido d’uccello, ma con il senno di poi non ci sembra ne valga la pena.<br />
Ceniamo con una <b>fantastica anatra laccata</b>: il ristorante, che ci siamo fatti prenotare, si trova in un centro commerciale quindi non ci attraeva molto, ma si rivela un’ottima scelta.<br />
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<strong>LA PECHINO CLASSICA: UNA GIORNATA INTENSA</strong></h2>
Oggi ci aspetta una giornata campale: potendo dedicare solo 2 giorni a Pechino (dato che gli orari degli aerei hanno reso inutilizzabile il 1° giorno) ed essendo molte le cose da vedere, abbiamo steso un programma da globe trotter che inevitabilmente non rispetteremo.<br />
<h4>
Gli anziani al Parco del Tempio del Cielo</h4>
La prima tappa è al <b>Parco del Tempio del Cielo</b>, che si estende su un'area di 267 ettari ed è dominato dal <b>Tempio della Preghiera per un Buon Raccolto</b> con uno splendido tetto blu-viola.<br />
Si susseguono vari padiglioni; da non mancare la <b>Volta Celeste Imperiale</b>, un tempio ottagonale, e merita una lenta passeggiata il <b>Corridoio Lungo </b>sotto la cui tettoia si riuniscono gruppi di anziani per giocare a carte, a domino, ricamare o chiacchierare. Qui e là nei vari angoli del parco singoli o gruppi si dedicano a esercizi di tai chi o altre arti marziali.<br />
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Attraversando Tienanmen verso gli hutong di Nanluogu Xiang</h4>
Dopo 4 ore, già accaldati e con le batterie un po’ scariche, prendiamo il metrò e scendiamo in piazza Tienanmen. È tutta transennata per cui la sua vastità non viene completamente percepita: evitiamo il mausoleo di Mao e andiamo in metrò verso gli <b>hutong di Nanluogu Xiang </b>perché sono quelli descritti più dettagliatamente dalla Lonely Planet.<br />
Non è una scelta felice: <b>sono totalmente finti</b>.<br />
Le vecchie case sono state quasi completamente distrutte per essere rimpiazzate da edifici nuovi sullo stile dei vecchi dove le abitazioni sono state convertite in <b>negozi di finti artigiani</b>. Alle spalle delle vie principali qualcosa delle vecchie strutture è rimasto, ma nulla di speciale (del resto dal 1990 sono stati <b>demoliti più di 4 milioni di metri quadrati di cortili antichi </b>negli storici hutong, vale a dire circa il 40% della superficie totale del centro cittadino).<br />
Probabilmente avrebbe avuto più senso seguire le indicazioni della mia collega Lorenza nell’articolo <span style="color: #444444;"><a href="https://www.viaggionelmondo.net/41327-hutong-pechino-street-food-mercatini/" rel="nofollow" style="outline: none;" target="_blank">Gli hutong di Pechino rinascono con mercatini e street food</a>.</span><br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-3bn8RSzaH5M/XKjWA-zbayI/AAAAAAAAfTc/c1t5jNy_fO4BjRsIM8BL-A0ODtxxv6mrQCEwYBhgL/s1600/IMG_6241.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-3bn8RSzaH5M/XKjWA-zbayI/AAAAAAAAfTc/c1t5jNy_fO4BjRsIM8BL-A0ODtxxv6mrQCEwYBhgL/s1600/IMG_6241.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Pechino, nei vicoli degli Hutong</td></tr>
</tbody></table>
<h4>
Dalle Torri ai Templi</h4>
A questo punto io non sono più in grado di connettere, arriviamo alle <b>Torri della Campana </b>e del <b>Tamburo </b>appena in tempo per visitare la seconda, ma i <b>Templi del Lama</b> e <b>di Confucio</b> sono già chiusi; solo alcuni riescono a entrare. Sicuramente ha senso effettuare il giro in senso inverso iniziando dai templi e dalle torri per concludere con gli hutong.<br />
Sono ormai le 18 e gettiamo la spugna: si torna in hotel senza rispettare il programma che avevo preparato (che prevedeva ancora il <b>798 Art District,</b> conosciuto anche come Dàshānzi, zona di gallerie d’arte segnalata dalla Lonely e da altre relazioni di Avventure, il <b>Tempio Dōngyuè</b> che viene descritto come uno dei più singolari della città). Ceniamo nello stesso ristorante della sera prima e alle 21.30 ci facciamo portare alla stazione per prendere il <b>treno per Datong</b>. Arrivati alla stazione ci mettiamo un po’ per capire come funziona: in pratica ci sono i gate, come negli aeroporti, attraverso i quali si accede ai treni dopo avere effettuato il check-in.<br />
<br />
<h2>
<strong>LE GROTTE DI YUNGANG E IL MONASTERO SOSPESO: DUE ESPERIENZE INDIMENTICABILI</strong></h2>
Abbiamo viaggiato in comodi scompartimenti da 4 e alle 6:00, con puntualità svizzera, siamo a Datong dove ci recupera il bus che ci porterà in giro in questa tappa. Per prima cosa, però, l’autista ci porta in un hotel dove possiamo darci una rinfrescata e per 30 RMB a testa fare una lauta colazione.<br />
<h4>
Le spettacolari Grotte di Yungang</h4>
Partiamo alle 7:30 e in un’ora raggiungiamo le <strong>Grotte di Yúngāng</strong>, un sito spettacolare: <strong>252 grotte colme di statue di Buddha </strong>di tutti i tipi e dimensioni (complessivamente sono circa 51.000 statue). Gli autori di questo splendore sono i <b>tuoba</b>, un popolo di lingua turca che si è ispirato a motivi indiani, persiani e greci, e iniziarono la costruzione di questa immensa collezione di sculture nel 460 d.C. per terminarla dopo 60 anni.<br />
In alcune purtroppo la calca rende un po’ claustrofobica la visita, ma se si riesce ad assumere un atteggiamento Zen si godono in tutta la loro magnificenza.<br />
Non tutte sono visitabili, tra quelle che abbiamo potuto vedere è difficile scegliere la più emozionante; 2 ore sono il minimo sindacale da dedicare a questo sito.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-SAlmUnMGeQE/XKjWBcy6jEI/AAAAAAAAfTs/j8Ydf7GYLskKcamxVqYL9LAqhQUfEc35gCEwYBhgL/s1600/IMG_6261a.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-SAlmUnMGeQE/XKjWBcy6jEI/AAAAAAAAfTs/j8Ydf7GYLskKcamxVqYL9LAqhQUfEc35gCEwYBhgL/s1600/IMG_6261a.jpg" /></a></div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-Xq2bdzUtya4/XKjWCWcu7vI/AAAAAAAAfTY/WI91iuHzIuAzPQqnaPQ5X9FHfB5Go0ivwCEwYBhgL/s1600/IMG_6293.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-Xq2bdzUtya4/XKjWCWcu7vI/AAAAAAAAfTY/WI91iuHzIuAzPQqnaPQ5X9FHfB5Go0ivwCEwYBhgL/s1600/IMG_6293.jpg" /></a></div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-ga6Q-p6iOFA/XKjWB0cPwtI/AAAAAAAAfTg/5s8rnhVN-GE16-DWNfk7oreyIjIp0Gt7gCEwYBhgL/s1600/IMG_6277.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-ga6Q-p6iOFA/XKjWB0cPwtI/AAAAAAAAfTg/5s8rnhVN-GE16-DWNfk7oreyIjIp0Gt7gCEwYBhgL/s1600/IMG_6277.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Grotte di Yungang</td></tr>
</tbody></table>
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Si sfiora l'omicidio alla Torre Mùtǎ</h4>
Anche se non visitiamo Datong, il cui centro storico è stato completamente ricostruito dopo avere demolito le vecchie abitazioni, vale la pena una sosta al Muro dei Nove Draghi di epoca Ming (1392) le cui decorazioni sono meno scintillanti di quello di Pechino, ma probabilmente anche meno rimaneggiate.<br />
Prossima tappa la <b>Torre Mùtǎ</b> dove l'incapacità della bigliettaia di capire la nostra richiesta (3 biglietti scontati e 12 normali) raggiunge il paradosso: continua a ripetere “too much” (le uniche parole che riesce spiccicare in inglese) e a ridere; solo l'intervento di una guida che parla inglese la salva dall’assassinio.<br />
Comunque alla fine riusciamo a raggiungere quella che è la <b>pagoda in legno più antica</b> (1056) e <b>più alta</b> (67 m) del mondo, al cui interno ci sono sculture in creta, sembrerebbe di monaci in preghiera. Ne avevo già avuto la sensazione, ma questa visita conferma che la presenza di numerose statue con lo stesso soggetto (sebbene ciascuna con tratti somatici e abiti diversi) non è una peculiarità dell’Esercito di Terracotta di Xian: la <b>scultura seriale</b> è evidentemente un’espressione artistica qui diffusa.<br />
<h4>
Paura al Monastero sospeso di Xuánkōng</h4>
Prossima tappa il Monastero sospeso di Xuánkōng: aggrappato alla parete scoscesa di una stretta valle che si chiude con una diga, si trova a circa <b>80 metri dal suolo</b>. Gli edifici, la cui profondità massima è di circa 3 metri, sono costruiti su vari piani seguendo il contorno della parete rocciosa e sono <b>collegati da passerelle traballanti</b>, stretti corridoi e <b>scalette scricchiolanti</b> tra i cui gradini si intravede il <b>vuoto sottostante</b>. Sebbene l’ingresso sia contingentato (facciamo una lunga coda per accedere) e quindi non ci sia ressa all’interno, lo sconsiglio vivamente a chi soffre di vertigini.<br />
Nel mio caso, a causa di una sosta di qualche minuto per un rallentamento di chi mi precede su una delle inquietanti scalette vengo presa da una vera e propria crisi; cerco di tornare indietro, ma è impossibile perché in alcuni punti non si riesce a passare che uno per volta e il percorso è necessariamente a senso unico; questo non fa che aumentare la mia ansia e le mie gambe non vogliono saperne di muoversi; dopo qualche minuto riesco a tornare in me stessa e vado avanti cercando di non guardare sotto di me.<br />
Costruito nella prima metà del Primo Millennio, è il solo esempio di tempio dove si combinano le tre religioni tradizionali cinesi: <b>Buddismo, Taoismo e Confucianesimo</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-5a8U02ljEoY/XKjWC_5ZFAI/AAAAAAAAfTk/4EDHIf6Q_0oj7BcV84QL8OhmQvZLBoy7QCEwYBhgL/s1600/IMG_6310b.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-5a8U02ljEoY/XKjWC_5ZFAI/AAAAAAAAfTk/4EDHIf6Q_0oj7BcV84QL8OhmQvZLBoy7QCEwYBhgL/s1600/IMG_6310b.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Monastero sospeso di Xuankong</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-f1RZZyoUR04/XKjWDI8LzOI/AAAAAAAAfTc/Mbda6qwu_1gl62XYYzZqYn-_zbcFHnsZACEwYBhgL/s1600/IMG_6312%2BIMG_20180810_171947.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-f1RZZyoUR04/XKjWDI8LzOI/AAAAAAAAfTc/Mbda6qwu_1gl62XYYzZqYn-_zbcFHnsZACEwYBhgL/s1600/IMG_6312%2BIMG_20180810_171947.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Monastero sospeso di Xuankong</td></tr>
</tbody></table>
<h2>
<strong><br />WUTAI SHAN. LA RIMINI DEL BUDDHISMO</strong></h2>
Alle 18:00 siamo nuovamente sul bus per iniziare il lungo viaggio che ci porterà nel Wutai Shan, una zona montuosa ricca di templi. La strada è lunga e tortuosa anche perché si supera un valico a quasi 2.000 metri, poi bisogna fermarsi al centro visitatori per acquistare il biglietto di ingresso all’area e arriviamo in hotel che sono ormai le 22; fortunatamente troviamo ancora un ristorante disposto a sfamarci (in Cina si cena piuttosto presto), quindi crolliamo in branda.<br />
Forse gli abitanti ufficiali di Taihuai sono anche poco più di 10.000 come citano le statistiche, ma il turismo, soprattutto interno e religioso, ha trasformato il “villaggio monastico” (come viene ancora romanticamente definito) in una Rimini del buddhismo.<br />
Da non confondere con Taiyuan, capitale dello <span style="color: windowtext;">Shanxi</span> con oltre 4 milioni di abitanti situata 200 km più a sud, Taihuai si trova a 1.700 metri di altitudine ed è una delle mete principali del Wutai Shan (letteralmente “montagna dalle cinque terrazze” ossia le 5 cime che circondano l’area),<b> uno dei quattro monti sacri del buddhismo cinese</b>, luogo di pratica di uno dei quattro grandi bodhisattva (semplificando: esseri viventi destinati a conseguire l’illuminazione e a divenire un Buddha), quello della conoscenza. Ai lati delle strada che taglia in due l’agglomerato, si dipartono sentieri e piccole strade che giungono ai <b>vari monasteri</b>, ma l’atmosfera è tutt’altro che mistica.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/--4fmoMP947U/XKjWD-Ue7eI/AAAAAAAAfTo/p-_nHPrAOA4o3XqZUKfYrHtVqD_hFIuTQCEwYBhgL/s1600/IMG_6335.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/--4fmoMP947U/XKjWD-Ue7eI/AAAAAAAAfTo/p-_nHPrAOA4o3XqZUKfYrHtVqD_hFIuTQCEwYBhgL/s1600/IMG_6335.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Stupa bianco nel Wutai San</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<h4>
<br />Nell'aria soffocante del tempio Tǎyuàn</h4>
La mattina ci svegliamo con una pioggia battente e siamo un po’ indecisi se cercare di rintracciare l’autista (la sera precedente ci ha dato appuntamento per la mattina del 12), ma le difficoltà linguistiche, insieme al fatto che nelle strette viuzze c’è un ingorgo strombazzante e immobile, ci fa desistere. Nel frattempo la pioggia cessa anche se il cielo rimane bigio e ci incamminiamo verso il <b>tempio Tǎyuàn</b>, il più importante, dove ci accoglie quella che, apparentemente, <b>sembra un discarica</b>: scatole, scatoloni, sacchetti, sacchi sono sparsi davanti all’ingresso del tempio dove la gente in preghiera si inchina più volte con lunghe candele in mano; in vari punti ci sono grandi contenitori di ferro dove l’immondizia (principalmente i contenitori delle suddette candele, ma anche lattine, bottigliette di plastica ecc.) viene incendiata. L’<b>aria è satura di un odore acre di plastica bruciata</b>.<br />
Fortunatamente l’<b>atmosfera cambia una volta varcato l’ingresso</b> (anche se ovviamente la nube tossica penetra ovunque) così come negli altri templi che non sto a descrivere visto che le guide lo fanno meglio di me; segnalo solo che val la pena prendere la seggiovia per salire alla cima Dailuo dalla quale si gode di un bel panorama.<br />
<h4>
Cena fantastica</h4>
Durante la giornata il gruppo si sparpaglia, ma ci ritroviamo alla sera per la cena.<br />
Siamo alloggiati all’hotel Yin Xin e optiamo per un ristorante nei paraggi che si trova sulla strada principale, a sinistra di quella dell’hotel: impossibile segnalare il nome perché scritto in cinese (ma ci dicono che ha a che fare con i funghi), nessuno parla inglese e il menù non ha le figure; dopo alcuni fallimentari tentativi con i vari traduttori, facciamo capire ai camerieri che ci affidiamo alla loro scelta; a parte il primo momento di sgomento alla vista di una <b>gallina intera semicruda</b> che galleggia in un pentolone messo al centro della tavola, sopra a una piastra elettrica, il pasto si rivela ottimo<strong>.</strong><br />
La cameriera deve assisterci perché non riusciamo bene a capire cosa bisogna fare con le decine di cibi che affluiscono in svariate ciotoline sulla tavola: in realtà è una specie di bourguignonne con carne e una quindicina di tipi diversi di funghi, oltre ad altre verdure sconosciute.<br />
<h2>
<strong>VERSO PINGYAO, LANTERNE ROSSE A GOGO</strong></h2>
Alle 8:00 siamo pronti per partire e dopo 2 ore e mezza siamo a Nanchan, grazioso e isolato monastero della dinastia Tang (786 d.C.) che è uno degli edifici in legno più antichi della Cina.<br />
<h4>
I dragoni del tempio Jinci</h4>
Dopo una sosta di mezz’ora ripartiamo e verso le 13 arriviamo al <strong>tempio Jinci: magnifico insieme di padiglioni, costruito nel 984 d.C. e rinnovato nel 1102; imperdibili gli otto draghi che si attorcigliano lungo la prima fila di colonne</strong>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-arPE5eceJjI/XKjWESm9N5I/AAAAAAAAfTk/Q58IPpsxbmY7t48j255rhYdNC8lQBX5pQCEwYBhgL/s1600/IMG_6381.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-arPE5eceJjI/XKjWESm9N5I/AAAAAAAAfTk/Q58IPpsxbmY7t48j255rhYdNC8lQBX5pQCEwYBhgL/s1600/IMG_6381.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tempio Jinci</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-BXs80DL6coE/XKjWE7p-MjI/AAAAAAAAfTo/t2yCGQzdqOgSkPdpxLjM7hEkjZa9m73WQCEwYBhgL/s1600/IMG_6402.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-BXs80DL6coE/XKjWE7p-MjI/AAAAAAAAfTo/t2yCGQzdqOgSkPdpxLjM7hEkjZa9m73WQCEwYBhgL/s1600/IMG_6402.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tempio Jinci</td></tr>
</tbody></table>
<h4>
<br />Sul set di Lanterne Rosse</h4>
Tra visita e una piccola sosta pranzo nei baracchini del mercato antistante il monastero ci fermiamo un paio d’ore e dopo un’oretta di bus giungiamo alla residenza della <b>famiglia Qiao</b>, un complesso di edifici e cortili (ovviamente preso d'assalto dai turisti) del XVIII secolo appartenuto a una famiglia di mercanti e nel quale è stato girato il film “Lanterne Rosse”, cosa che non può sfuggire data l’onnipresenza delle suddette lanterne.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-4f_jI-fERHk/XKjWFURJ7_I/AAAAAAAAfTs/lRZtBjtL168RaNASlu421QnITeF-yddjQCEwYBhgL/s1600/IMG_6417.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-4f_jI-fERHk/XKjWFURJ7_I/AAAAAAAAfTs/lRZtBjtL168RaNASlu421QnITeF-yddjQCEwYBhgL/s1600/IMG_6417.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Residenza della famiglia Qiao</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-VDWQDUkW63Q/XKjWFwooaAI/AAAAAAAAfTk/wxMvm8v1qOorKy94ti08S3ox-ylSlfqIwCEwYBhgL/s1600/IMG_6428.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-VDWQDUkW63Q/XKjWFwooaAI/AAAAAAAAfTk/wxMvm8v1qOorKy94ti08S3ox-ylSlfqIwCEwYBhgL/s1600/IMG_6428.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Residenza della famiglia Qiao</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<h4>
Pingyao: piccolo gioiello</h4>
In serata siamo a <b>Pingyao</b>, alle porte della città lasciamo il bus e prendiamo dei piccoli mezzi elettrici che, attraversando il dedalo di vie della città vecchia, ci portano all’<b>Harmony Hotel</b>. È un'antica tipica casa, con un cortile interno sul quale si affacciano le stanze, arredata con mobili tradizionali; ceniamo in hotel, benissimo.<br />
Sebbene turistica, <b>Pingyao è deliziosa</b> e per il momento è stata <b>graziata dall'uragano ricostruttore</b> che ha imperversato in moltissime altre aree del paese: la quasi totale assenza di auto (e le poche che circolano sono elettriche, così come i motorini), i vicoli illuminati dalle lanterne rosse, la minore presenza di negozi di magliette e cianfruscaglie rispetto alla norma contribuiscono a rendere veramente gradevole la permanenza nella cittadina dove <b>vale la pena fermarsi una notte a dormire</b>.<br />
A poca distanza (la proprietaria dell’hotel parla inglese e ci trova agilmente un mezzo per andarci) il <b>tempio Shuānglín</b>, ricostruito nel 1571, bel complesso nei cui padiglioni si trovano diverse statue riccamente scolpite.<br />
Consumiamo sempre in hotel una cena piuttosto anticipata per farci poi portare alla stazione dove alle 21 abbiamo il treno (in hard sleep, ossia scompartimenti aperti e a 6 posti) per Xian.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-rycvOMv4JVU/XKjWJxukcGI/AAAAAAAAfTg/dNYtcRgsPko1kSNiIorkiTSRey-kvbfEACEwYBhgL/s1600/IMG_6565.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-rycvOMv4JVU/XKjWJxukcGI/AAAAAAAAfTg/dNYtcRgsPko1kSNiIorkiTSRey-kvbfEACEwYBhgL/s1600/IMG_6565.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Un interno di Pingyao</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-C9HLotj07OI/XKjWGQqRXhI/AAAAAAAAfTU/o2tQshH0zVMM0_65Cz0Oj5wUo79UXl74ACEwYBhgL/s1600/IMG_6436b.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-C9HLotj07OI/XKjWGQqRXhI/AAAAAAAAfTU/o2tQshH0zVMM0_65Cz0Oj5wUo79UXl74ACEwYBhgL/s1600/IMG_6436b.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tempio Shuanglin</td></tr>
</tbody></table>
<h2>
<strong><br />XIAN NON È SOLO L’ESERCITO DI TERRACOTTA</strong></h2>
Arrivati a Xian ci incontriamo con l’unica guida “furbetta” del viaggio che ci porta a far colazione (e darci una rinfrescata) in una casa da the, il tutto al costo di una cena in un ristorante di lusso.<br />
<h4>
L'Esercito di Terracotta dell’imperatore Qin Shi Huangdi</h4>
La <strong>massa che si muove verso l'ingresso del sito è imponente </strong>quanto l'Esercito di Terracotta dell’imperatore Qin Shi Huangdi che incontreremo a breve.<br />
L'area visitabile si compone di tre “fosse” delle quali la prima è quella spettacolare e contiene <b>6.000 guerrieri, dei quali solo 2.000 visibili</b>, tutti rivolti verso Oriente e pronti per un’ipotetica battaglia che il battagliero imperatore presumeva di dover combattere anche dopo la morte. Sebbene più piccole e di minore impatto scenico, anche le fosse 2 e 3 sono magnifiche perché il minor numero di condottieri esalta i particolari delle statue.<br />
Naturalmente prima di arrivare sai che si tratta di centinaia di statue, tutte diverse l'una dall’altra, con cavalli e carri, ma vedere dal vero questo esercito è decisamente impressionante. E non oso immaginare cosa possa essere la tomba vera e propria il cui sito è stato individuato, ma che non è stata ancora portata alla luce.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-bVV39Ux-C7k/XKjWGxGK_XI/AAAAAAAAfTc/n40s6LFnkLovaSAC0DrCAp60RI5WB1nywCEwYBhgL/s1600/IMG_6449a.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-bVV39Ux-C7k/XKjWGxGK_XI/AAAAAAAAfTc/n40s6LFnkLovaSAC0DrCAp60RI5WB1nywCEwYBhgL/s1600/IMG_6449a.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Esercito di Terracotta</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-NOLgacqUl5E/XKjWH9EQVfI/AAAAAAAAfTU/gpERFxJ8HOQLZSlr0tZYKuqFYaoCbaIGgCEwYBhgL/s1600/IMG_6466.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-NOLgacqUl5E/XKjWH9EQVfI/AAAAAAAAfTU/gpERFxJ8HOQLZSlr0tZYKuqFYaoCbaIGgCEwYBhgL/s1600/IMG_6466.JPG" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-GNU6oOzRPVE/XKjWHY9es7I/AAAAAAAAfTY/zzRrV__r-SYD7G7y7jc4pdous9OYfMBVgCEwYBhgL/s1600/IMG_6449i.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-GNU6oOzRPVE/XKjWHY9es7I/AAAAAAAAfTY/zzRrV__r-SYD7G7y7jc4pdous9OYfMBVgCEwYBhgL/s1600/IMG_6449i.JPG" /></a></div>
<strong><br /></strong>
<br />
<h4>
Tomba dell’imperatore Jingdi</h4>
La visita dura circa 3 ore e poi, dopo un veloce spuntino, ci muoviamo verso la Tomba dell’<b>imperatore Jingdi</b>. Anche se sicuramente meno entusiasmante dell'Esercito, la trovo molto interessante: meno battagliero di Qin Shi Huangdi, Jingdi (188-141 a.C.) si è concentrato sullo <b>sviluppo economico dell'impero </b>e nella sua tomba di trovano centinaia di contadini, allevatori, carri, greggi, maiali ecc.<br />
Le <b>statuine sembrano tanti ET</b> perché sono “nude”, dato che i vestiti, invece di essere scolpiti come quelli dell'Esercito, erano di stoffa, e quindi nei secoli sono andati distrutti.<br />
Riprendiamo il bus e in un’ora e mezza arriviamo in hotel a Xian.<br />
<h4>
Passeggiando nel quartiere musulmano</h4>
Come succederà poi spesso durante il viaggio, rimaniamo <b>sconvolti dalle dimensioni della città </b>e dal numero e altezza dei palazzi che si susseguono nella strada.<br />
Ci riprendiamo con calma (anche se non ne ho fatto cenno perché scontato, durante la visita dei siti archeologici il caldo è stato un compagno persistente e ingombrante) per andare poi a cena nel ristorante Hǎiróng Guōtiēdiàn che cucina ottimi ravioli fritti di svariati tipi.<br />
L’indomani scopriamo che Xian non è solo l’Esercito di Terracotta.<br />
Questa città di più di 8,5 milioni di abitanti, oltre a un’estesa area moderna, conserva alcuni importanti edifici buddhisti, come le <b>Pagode dell’Oca Selvatica</b> (grande e piccola) e un bel centro storico che si sviluppa attorno al <b>quartiere musulmano</b>.<br />
Partendo dalla classica <b>Torre del Tamburo</b> si penetra in uno stretto dedalo di viuzze, del tutto simile a un suq mediorientale (se non fosse per gli occhi a mandorla dei rivenditori e della maggior parte dei visitatori). Merci di ogni tipo, dai più pacchiani oggetti turistici a deliziosi prodotti di artigianato, negozi di alimentari, frutta e verdura e, soprattutto, la madre di tutte le street food: <a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/2018/09/beiyuanmen-di-xian-madre-dello-street.html" target="_blank"><b>Beiyuanmen</b></a>.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-Dsz9Abp2C3c/XKjWIaxV2GI/AAAAAAAAfTo/dzh6qe0YTmMLR-cpPr7N3Erert8ZUdKogCEwYBhgL/s1600/IMG_6489c.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-Dsz9Abp2C3c/XKjWIaxV2GI/AAAAAAAAfTo/dzh6qe0YTmMLR-cpPr7N3Erert8ZUdKogCEwYBhgL/s1600/IMG_6489c.jpg" /></a></div>
<br />
<h2>
<strong>I PANETTONI DI GUILIN E IL GIRO SUL FIUME…NON PROPRIO SOLITARIO</strong> </h2>
La sveglia per partire da Xian è antelucana: bus ore 4 per prendere l'aereo per Guilin alle 7.<br />
<h4>
La crociera sul fiume Li</h4>
Della città della regione del Guangxi vediamo solo l'aeroporto perché partiamo subito per <b>Yangshuo </b>accompagnati da “Sintesi”, la guida così soprannominata sia per l'altezza (non raggiunge il metro e mezzo) sia perché ci ripete ogni indicazione almeno 2 o 3 volte (ma nel complesso competente e simpatica, anche se un po’ ansiosa).<br />
La prima tappa è il <b>villaggio di Yangdi</b> da dove si prendono delle “barche di bambù” a 4 posti per compiere un breve percorso lungo il fiume Li, attività pomposamente definita “crociera sul fiume Li”. Il <b>luogo è bellissimo</b>: le anse sinuose del fiume si snodano tra panettoni verdi e una ricca vegetazione che scende lungo le sponde.<br />
<strong>Il contesto è l'antitesi di questa bucolica immagine.</strong> Le barche di bambù sono copie in PVC delle imbarcazioni originali e sono decine e decine ormeggiate a riva mentre la lunga coda dei vocianti turisti attende l'imbarco. Prima passano grandi barche, zeppe di turisti, una dietro l'altra in una lunga processione, terminata la quale viene dato il via ai “barchini” (nei quali trova posto il nostro gruppo) e sembriamo tante zanzare che volano a pelo d'acqua. Il tutto dura mezz’ora: se non ci si aspetta una gita romantica, è molto divertente. Dopo avere approdato si va al vecchio <b>villaggio di Xingping</b> utilizzando delle macchine elettriche.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-9E1URJPojAA/XKjWI1VZOhI/AAAAAAAAfTs/g6IGuj-hsnoXy0Vx65yyuIKtPq4d8DsrwCEwYBhgL/s1600/IMG_6547.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-9E1URJPojAA/XKjWI1VZOhI/AAAAAAAAfTs/g6IGuj-hsnoXy0Vx65yyuIKtPq4d8DsrwCEwYBhgL/s1600/IMG_6547.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Barche sul fiume Li</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<h4>
<br />L'Impressione di Sanjie Liu a Yangshou </h4>
Yangshou è effettivamente una cittadina, mancano i soliti grappoli di grattacieli, ma il traffico è degno della tangenziale di Milano in piena ora di punta.<br />
La sera è un <b>tripudio di locali con musica a tutto volume</b>, baracchini con cibo per strada ecc., ma si trova alla confluenza tra due fiumi e il luogo è uno <b>scenario fantastico per lo spettacolo suoni e luc</b>i <i>Impressione di Sanjie Liu</i> che andiamo a vedere in serata, la cui regia è nientepopodimeno che di Zhang Yimou e coinvolge oltre 600 attori che recitano a pelo d’acqua.<br />
Lo spettacolo rappresenta la storia d'amore di una giovane donna di nome Liu Sanjie , che significa "terza sorella Liu". La sua voce era così bella che toccava tutti. La leggenda narra che un signore della guerra si innamora di Liu Sanjie che però è già innamorata di un contadino del villaggio; il signore della guerra non lo accetta e la rapisce, ma l'amante e gli amici di Liu Sanjie nel villaggio vanno a liberarla e la coppia fugge allegramente per sempre.<br />
La scenografia sarebbe fantastica e dovrebbe indurre un estatico silenzio. Purtroppo non è così, l’atmosfera è quella di uno stadio durante un derby. Ciliegina sulla torta: un buon numero di spettatori<b> continua ad arrivare a spettacolo iniziato</b>, altrettanti se ne vanno prima della fine (per non rimanere imbottigliati nel traffico) e nel mezzo è un <b>continuo andare e venire</b>.<br />
Non mancano i cellulari alzati per improbabili <b>selfie </b>che vengono subito condivisi sui social. Insomma uno spettacolo bellissimo, ma dove per goderselo bisogna raddoppiare il numero quotidiano di ohmm.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-s6_qR9NJGN0/XKjWJ4J3LoI/AAAAAAAAfTU/dVUzkmK3pbYn1NNoKSpgI7EiSxbKFEm1wCEwYBhgL/s1600/IMG_6573a.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-s6_qR9NJGN0/XKjWJ4J3LoI/AAAAAAAAfTU/dVUzkmK3pbYn1NNoKSpgI7EiSxbKFEm1wCEwYBhgL/s1600/IMG_6573a.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Spettacolo Impressione di Sanji Lu</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-9T5Ctc9hVh4/XKjWKKxMPLI/AAAAAAAAfTk/o2ndK7CJWIM3WlMjtacO3EhnA-EVZQP5gCEwYBhgL/s1600/IMG_6573d.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-9T5Ctc9hVh4/XKjWKKxMPLI/AAAAAAAAfTk/o2ndK7CJWIM3WlMjtacO3EhnA-EVZQP5gCEwYBhgL/s1600/IMG_6573d.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Spettacolo Impressione di Sanji Lu</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<h4>
Bucolica biciclettata lungo il fiume</h4>
L’indomani, in compenso, bucolica e deliziosa gita in bicicletta lungo il corso del fiume; stiamo in giro quasi tutta la giornata con una<b> sosta per il pranzo, ottimo e luculliano</b>, nella casa del fratello di Julie, che ci ha organizzato il tutto.<br />
Alla sera appuntamento per la <b>pesca con il cormorano</b>, saliamo tutti su una barca che affianca quella di un pescatore il quale, alla luce della lanterna, “pesca”: ai poveri cormorani viene messo un anello al collo per cui quando prendono i pesci non riescono a ingoiarli; quando ne hanno presi 2-3, il “pescatore” li prende per il collo e li “libera”, facendo cadere i pesci in un secchio. Pare sia un modo di pesca tradizionale, ci credo ed è la conferma che <b>non tutte le tradizioni sono piacevoli</b> e se anche qualcuna venisse dimenticata tutto sommato non ci perderebbe nessuno.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-QqLJ1uEi4mw/XKjWKomh_kI/AAAAAAAAfTk/wkoCQ3Vywd01L9gktoPiS8eSnudiImSwQCEwYBhgL/s1600/IMG_6597.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-QqLJ1uEi4mw/XKjWKomh_kI/AAAAAAAAfTk/wkoCQ3Vywd01L9gktoPiS8eSnudiImSwQCEwYBhgL/s1600/IMG_6597.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">In una piantagione di the</td></tr>
</tbody></table>
<h2>
<strong><br />RISALENDO LE RISAIE DI LONGJI</strong></h2>
Si trovano sempre nel Guangxi a un paio d’ore d’auto da Yangshuo: le <b>risaie di Longji</b>, che significa spina dorsale del drago (e in effetti tali paiono viste dall’alto), sono risaie terrazzate che fino agli anni ’90 erano conosciute solo dai contadini della zona. Dopo il passaggio di un fotografo che le ha fatte conoscere al resto del mondo sono diventate un’attrazione turistica; dato però che se il villaggio si espandesse troppo o vi andassero orde di turisti, il delicato equilibrio (e la ragion d’essere come luogo turistico) verrebbe meno, arrivarci non è semplicissimo, sebbene, come sempre, perfettamente organizzato.<br />
Si arriva alla stazione dei bus all’ingresso dell’area dove si paga un biglietto di accesso e si cambia bus (volendo si lascia in deposito il grosso dei bagagli in uno dei negozi perché bisogna fare un paio d’ore di camminata nelle risaie).<br />
Il giro standard prevede poi che si vada al <b>villaggio Huannglou Yao</b> famoso perché le donne dell’etnia Yao che vi abitano portano i <b>capelli lunghi </b>fino a quasi 2 metri.<br />
Tradizionalmente le donne tenevano i capelli raccolti sotto un velo blu e il primo uomo al quale potevano mostrarli sciolti era il marito il giorno del matrimonio. Ovviamente questa tradizione si è persa da tempo e nel villaggio è stato costruito un apposito teatro dove le donne fanno, in vari orari della giornata, uno spettacolo (che penso consista nello sciogliersi e raccogliere i capelli).<br />
Il bus porta poi al parcheggio del <b>villaggio di Ping’an</b> da dove con una mezz’ora di camminata si raggiunge l’insediamento dove si trova l’alloggio (nel nostro caso l’hotel LiQing dove ci sono belle camere, ma soprattutto una splendida vista sulle risaie, se si ha la fortuna di essere dal lato giusto); tempo permettendo si sale verso il punto più alto delle colline per fare scorpacciata di fotografie. L’indomani, zaini in spalla, <b>si intraprende la discesa</b> (che non è più per la strada del giorno precedente) camminando per circa due ore sulla costa delle colline passando tra le risaie. Si arriva quindi al parcheggio dove lo shuttle porterà al parcheggio dei bus dove si riprendono i bagagli.<br />
Dato che però il secondo giorno noi abbiamo il volo Guiin-Xiamen alle 13.30 dobbiamo invertire il giro e così, invece di una discesa di due ore alle 8.30/9 del mattino, ci becchiamo una salita di due ore alle 12.30.<br />
Pazienza anche perché non tutto il percorso è al sole, la salita è leggera, il caldo non così opprimente come nei giorni precedenti e soprattutto il <b>paesaggio splendido</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-CbTWXnSHDzg/XKjWLMTLKKI/AAAAAAAAfTg/I0epiorUNFgIiuWa1S9pP_BZls28KUNMwCEwYBhgL/s1600/IMG_6620.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-CbTWXnSHDzg/XKjWLMTLKKI/AAAAAAAAfTg/I0epiorUNFgIiuWa1S9pP_BZls28KUNMwCEwYBhgL/s1600/IMG_6620.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Risaie di Longji</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-hSZo9lH38jQ/XKjWLshJx4I/AAAAAAAAfTY/avWCi5EW3NY7ssnlYJ--qq2EpogVc-0FgCPcBGAYYCw/s1600/IMG_6634.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-hSZo9lH38jQ/XKjWLshJx4I/AAAAAAAAfTY/avWCi5EW3NY7ssnlYJ--qq2EpogVc-0FgCPcBGAYYCw/s1600/IMG_6634.JPG" /></a></div>
</td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Risaie di Longji</td></tr>
</tbody></table>
<h2>
<strong><br />XIAMEN E LE CASE CIRCOLARI DEGLI HAKKA</strong></h2>
Arrivati a <b>Xiamen </b>con il volo da Guilin alle 15.30 ci attendono 4 ore di bus per raggiungere <strong>Taxia</strong>, il primo dei villaggi dell’<a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/2018/09/i-tulou-e-le-popolazioni-hakka.html">etnia hakka del Fujian</a> che visiteremo in questi giorni.<br />
<h4>
I tulou della zona di Taxia</h4>
Alloggiamo in un tipico tulou (case circolari) e l’indomani visitiamo il Tempio degli Antenati della Famiglia Zhang, circondato da 23 pietre a forma di lancia finemente scolpite che celebrano le gesta dei notabili del villaggio; curiose le decorazioni colorate ai bordi del tetto. Durante la Rivoluzione Culturale, questo luogo era stato adibito a uso civile e trasformato in scuola, ma oggi è tornato alla sua originale funzione.<br />
Terminata la visita prendiamo il bus per il visitare i diversi villaggi della zona:<br />
<ul>
<li><b>Tiánluókēng</b> è composto da 4 edifici circolari e uno centrale quadrato ed è chiamato dalla gente del luogo, proprio per questa disposizione (chiaramente visibile dal punto panoramico situato un centinaio di metri più in alto), “quattro piatti e una zuppiera”; è il complesso meglio conservato della zona;</li>
<li><b>Yùchāng Lóu</b>, situato nel villaggio di Xiaban, con i suoi 5 piani è la struttura più alta del Fujian e conta 270 stanze, ogni stanza con cucina al piano terra è dotata di un pozzo; fu costruito nel 1308 ed è uno dei più antichi tulou esistenti; è famoso per i suoi pilastri inclinati e il più estremo è inclinato con un angolo di 15 gradi;</li>
<li><b>Chuxi Tulou Cluster</b> e tulou <b>Jiqinglou</b>: il gruppo di tulou di Chuxi comprende cinque grandi edifici circolari e dieci edifici rettangolari. Tra questi, Jiqinglou è la più antica casa rotonda in questa zona: ha quasi 600 anni e copre un'area totale di 2826 m2 con 206 camere. A differenza del normale edificio circolare che ha solo quattro scale pubbliche, Jiqinglou è dotato di 72 scalinate che dividono l'intero edificio in 72 unità indipendenti. Tutte le stanze, le scale e le pareti interne sono costruite con legno e struttura a battente. Jiqinglou ospita anche più di 10.000 oggetti esposti sulla vita, la storia e la cultura uniche degli Hakka.</li>
</ul>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-zNwe1r0UgYY/XKjWMNQeLuI/AAAAAAAAfTk/ToS4LJpiUK8eU8GFcOXtvCeZoKzfxjJbgCEwYBhgL/s1600/IMG_6655.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-zNwe1r0UgYY/XKjWMNQeLuI/AAAAAAAAfTk/ToS4LJpiUK8eU8GFcOXtvCeZoKzfxjJbgCEwYBhgL/s1600/IMG_6655.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;">In una casa hakka</td></tr>
</tbody></table>
<ul>
</ul>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-9m6PwWunUpk/XKjWM9UEtWI/AAAAAAAAfTk/4gaSEUwlCOE4cJDt4MAkVNeBu0EQ4cg6wCEwYBhgL/s1600/IMG_6662.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-9m6PwWunUpk/XKjWM9UEtWI/AAAAAAAAfTk/4gaSEUwlCOE4cJDt4MAkVNeBu0EQ4cg6wCEwYBhgL/s1600/IMG_6662.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tolou di Chengchilou</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-OoGw6IeuB9A/XKjWNNsSxVI/AAAAAAAAfTc/MjNnD4YttJInvXJB9ID1Qu3J5VgCuq5egCEwYBhgL/s1600/IMG_6667.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-OoGw6IeuB9A/XKjWNNsSxVI/AAAAAAAAfTc/MjNnD4YttJInvXJB9ID1Qu3J5VgCuq5egCEwYBhgL/s1600/IMG_6667.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tolou di Tuanluokeng</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<h4>
A Gaobei nel "re dei tulou"</h4>
Ci fermiamo a dormire nel Yuqinglou Inn, tulou adibito ad albergo, nel <b>villaggio Chuxi </b>dove festeggiamo il compleanno di Paolo con mega torta e candeline a forma di fior di loto con tanto di accompagnamento musicale.<br />
L’indomani, il nostro giro si chiude nel villaggio <b>Gaobei </b>con il “re dei tulou”, <strong>Chengqilou</strong>,un massiccio tulou rotondo con quattro anelli concentrici che circondano una sala ancestrale al centro:<br />
<ul>
<li>l'<b>anello esterno</b> è di 62,6 metri di diametro e quattro piani di altezza, 288 stanze, con 72 stanze per ogni livello, corridoio circolare dal 2° al 4° piano, con quattro serie di scale a punti cardinali che collegano il piano terra ai piani superiori. Un grande tetto estensibile copre l'anello principale; le camere al piano terra sono cucine, le camere di secondo livello sono magazzini di grano, e le camere del 3 ° e 4 ° piano sono appartamenti e camere da letto;</li>
<li>il <b>secondo anello</b> di 80 camere è alto due piani, con 40 stanze per ogni livello;</li>
<li>il <b>terzo anello</b> è servito come biblioteca di comunità, un piano con 32 stanze;</li>
<li>Il <b>quarto anello</b> è un corridoio circolare coperto che circonda la sala degli antenati.</li>
</ul>
In questo tulou vivono 15 clan di Jiang con 57 famiglie e 300 persone; al suo apice, c'erano più di 80 rami di famiglia vissuti a Chengqilou.<br />
<h4>
Un angolo di Europa nell'isola Gǔlàng Yǔ a Xiamen</h4>
Terminata la visita riprendiamo il bus che ci porterà, in poco meno di 3 ore a Xiamen per andare all’isola Gǔlàng Yǔ: priva di automobili, l’isola fu un’enclave internazionale all’inizio del XX secolo e lungo le sue strette stradine sorgono ville nel classico stile europeo dei primi anni del ‘900. Interessante il museo del pianoforte dove ci sono pianoforti di tutti i tipi, tra i quali anche uno curiosissimo angolare.<br />
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<strong>SUZHOU, LA CITTA’ DEI PARCHI E TONGLI CON I SUOI CANALI</strong></h2>
Il viaggio si avvicina alla conclusione.<br />
Da Xiamen raggiungiamo in volo Shanghai dove pernottiamo in un hotel vicino all’aeroporto per partire l’indomani in treno verso <b>Suzhou</b>. Sapendo che ci sono treni ogni 20 minuti non ci siamo preoccupati di prenotare, ma arrivati alla stazione scopriamo che il primo treno con 15 posti liberi è dopo due ore. Ammazziamo il tempo girellando nella stazione gigantesca e gremita di gente.<br />
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Nei giardini di Suzhou</h4>
Dalle descrizioni della guida ci aspettiamo una piccola cittadina facilmente visitabile a piedi. Ovviamente stiamo parlando di una “cittadina” dalle dimensioni cinesi: più di 10 milioni di abitanti, soliti grattacieli a schiera da 30-40 piani e strade a 4 corsie che collegano i vari punti della città.<br />
È giustamente famosa per i suoi giardini che hanno nomi surreali: <strong>Giardino dell’Umile Amministratore, Giardino del Maestro delle Reti, Giardino della Coppia, Padiglione dell’Onda Azzurra, Giardino del Dolce Oziare ecc</strong>.<br />
Tra le meraviglie citerò solo la splendida collezione di bonsai nel Giardino dell’Umile Amministratore e il Giardino del Maestro delle Reti, una vera chicca, piccolo e delizioso il cui labirinto di cortili e piccoli giardini lo fa sembrare molto più vasto di quanto non sia.<br />
Tra le cose <strong>più kitsch che abbia mai visto </strong>in vita mia c’è invece l’area panoramica della <strong>Porta Pan al calar della sera</strong>: il parco è disseminato da migliaia di fiori variopinti…finti che all’imbrunire vengono “accesi”; gli alberi sono interamente avvolti da fili di led blu; i profili dei ponti, della pagoda e di ogni edifico segnati da lampadine di vario colore; e, top del top, nel laghetto una barca sorregge una ballerina in mezzo a palle, fiori e piante tutto rigorosamente finto (ballerina compresa) e luminoso.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-2_FITI8qIeM/XKjWNpjyo8I/AAAAAAAAfTg/JkS5kKgeSEkCf9PU-OQ0Hykj7pggrCOUgCEwYBhgL/s1600/IMG_6718.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-2_FITI8qIeM/XKjWNpjyo8I/AAAAAAAAfTg/JkS5kKgeSEkCf9PU-OQ0Hykj7pggrCOUgCEwYBhgL/s1600/IMG_6718.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kitsch a Suzhou</td></tr>
</tbody></table>
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Tongli: la piccola Venezia cinese</h4>
L’indomani con i mezzi pubblici raggiungiamo il villaggio di Tongli, per entrare nel quale si paga un biglietto che dà poi diritto a visitare tutte le case museo che si trovano all’interno. Il luogo è delizioso e, nonostante sia turistico, non è preso d’assalto quindi la visita è molto piacevole: composta da <strong>sette isole </strong>separate da canali e collegate da una<strong> cinquantina di ponti</strong>, Tongli era la residenza di nobili, poeti, pittori ed eruditi cinesi che hanno lasciato <strong>numerose abitazioni </strong>dalla struttura simile, <strong>con decine di stanze collegate da un dedalo di angusti corridoi che sboccano in nascosti e splendidi giardini</strong>.<br />
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<strong>SHANGHAI: UNA CATAPULTA NEL XXII SECOLO</strong></h2>
Non entro nei dettagli di tutto quello che si può vedere a Shanghai, una qualsiasi guida spiegherà molto meglio di me quello che val la pena visitare: dal Bund al quartiere futuristico di Pudong, dalla Concessione Francese al Tempio del Buddha di Giada, dal museo di Shanghai al Giardino del Mandarino Yu.<br />
Ma quella che ho trovato fantastica a Shanghai è l’atmosfera, perlomeno quella che si può cogliere in una visita di tre giorni. <b>Una città dove tutto è eccessivo</b>: dalla ressa sui marciapiedi della <b>via Nanjing </b>dove ogni lato è riservato a un solo senso di marcia alla <b>Shanghai Tower </b>che si avvita nella nebbia mattutina con i sui 632 metri di altezza; dal <b>gigantesco mercato del falso</b> alla fermata della metropolitana <b>Shanghai Science and Technology Museum </b>dove puoi trovare veramente di tutto, compreso un intero reparto di laboratori di sartoria che ti fanno un Burberry o un Prada su misura in mezza giornata, al <b>museo di Shanghai</b> con la sua collezione di 120.000 pezzi tra bronzi, ceramiche, porcellane e dipinti; dalla <b>metropolitana con le sue 16 linee,</b> 393 stazioni e una copertura di 673 chilometri (la più lunga al mondo) che ha una media di 6 milioni di passeggeri giornalieri, con punte di 11 (ma tutti questi numeri sono probabilmente già superati nel momento stesso in cui scrivo dato che è la metropolitana con il più alto tasso di espansione visto che la sua costruzione è iniziata nel 1993) all’ex area industriale M50 con gli atelier di artisti, cinesi e occidentali, alternativi e d’avanguardia.<br />
Una città divertente, dove non puoi che continuare a guardarti intorno, spesso con il naso rivolto all’insù, in dubbio tra pensare di essere stato catapultato in un XXII secolo del tutto simile a <b>Bladerunner </b>o in un nuovo gigantesco <b>parco giochi della Disney</b>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-E4eEhmJKteY/XKjWOO4j6RI/AAAAAAAAfTg/pT0l0U-HSIwFtAFouTzTcb3uUXFfMs4tgCEwYBhgL/s1600/IMG_6739.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-E4eEhmJKteY/XKjWOO4j6RI/AAAAAAAAfTg/pT0l0U-HSIwFtAFouTzTcb3uUXFfMs4tgCEwYBhgL/s1600/IMG_6739.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Shanghai</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-MNeLanzVPV8/XKjWQIfLAfI/AAAAAAAAfTo/QqtGQ3dv7_I8dLmFhk16mP3P6g4Ae3I3gCEwYBhgL/s1600/IMG_6794.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-MNeLanzVPV8/XKjWQIfLAfI/AAAAAAAAfTo/QqtGQ3dv7_I8dLmFhk16mP3P6g4Ae3I3gCEwYBhgL/s1600/IMG_6794.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Shanghai</td></tr>
</tbody></table>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Ita6koEMUjg/XKjWOz4fb8I/AAAAAAAAfTk/IQTxQ9kWT18ADpxxoGMPbbKnsl-yVUY1gCEwYBhgL/s1600/IMG_6748%2B60-IMG_8053.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-Ita6koEMUjg/XKjWOz4fb8I/AAAAAAAAfTk/IQTxQ9kWT18ADpxxoGMPbbKnsl-yVUY1gCEwYBhgL/s1600/IMG_6748%2B60-IMG_8053.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Shanghai, dove è nato il Partito Comunista Cinese</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-FU41RLQa5D8/XKjWPA4DF8I/AAAAAAAAfTs/SuOyW2-hU7kxypD5tn3iSmeyC4VSPA6vQCEwYBhgL/s1600/IMG_6767.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-FU41RLQa5D8/XKjWPA4DF8I/AAAAAAAAfTs/SuOyW2-hU7kxypD5tn3iSmeyC4VSPA6vQCEwYBhgL/s1600/IMG_6767.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Shanghai</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-4CHWBoPIDKE/XKjWPiHRHpI/AAAAAAAAfTk/aZNCGZg53X0HWTlrO10deCmsrjAFLHqGACEwYBhgL/s1600/IMG_6791.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-4CHWBoPIDKE/XKjWPiHRHpI/AAAAAAAAfTk/aZNCGZg53X0HWTlrO10deCmsrjAFLHqGACEwYBhgL/s1600/IMG_6791.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Shanghai corso di scrittura al Tempio del Buddah di Giada</td></tr>
</tbody></table>
<strong><br /></strong></div>
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-26033493392421166282018-09-09T13:00:00.000-07:002019-05-04T00:42:52.437-07:00I tulou e le popolazioni Hakka<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-9m6PwWunUpk/XKjWM9UEtWI/AAAAAAAAfTk/4gaSEUwlCOE4cJDt4MAkVNeBu0EQ4cg6wCEwYBhgL/s1600/IMG_6662.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" height="111" src="https://2.bp.blogspot.com/-9m6PwWunUpk/XKjWM9UEtWI/AAAAAAAAfTk/4gaSEUwlCOE4cJDt4MAkVNeBu0EQ4cg6wCEwYBhgL/s200/IMG_6662.JPG" width="200" /></a></div>
Provenendo probabilmente dalla Cina centrale, gli Hakka (etimologicamente il termine significa “famiglie invitate”) si stabilirono nelle tre province di <b>Guangdong</b>, <b>Jiangxi </b>e <b>Fujian </b>nella Cina meridionale.<br />
<br />
<a name='more'></a>Dovendo <b>lottare per l’approvvigionamento</b> delle risorse primarie, gli Hakka, fin dal 1300, iniziarono a costruire <b>case-fortezza</b> che, oltre a consentire una migliore difesa dagli attacchi rispetto ai normali villaggi, permettesse loro di formare comunità autosufficienti entro le cui mura ci fossero abitazioni, luoghi per la conservazioni di alimenti e il riparo del bestiame nonché templi. Ogni casa-fortezza o insieme di esse raggruppava le <b>persone di uno stesso clan </b>familiare dato che gli scontri più ancora che con popolazioni esterne avvenivano all’interno degli Hakka stessi.<br />
Di <b>forma quadrata o circolare</b>, molto più diffusa, le case-fortezza si chiamano <b>tulou</b>, termine che identifica il particolare tipo di architettura:<br />
<br />
<ul>
<li>si tratta di edifici, <b>isolati o riuniti in villaggi</b>, che possono arrivare a 3-4 piani di altezza con mura spesse anche fino a 6 metri; </li>
<li>nella maggior parte dei casi sono costruiti in <b>terra sostenuta da un’intelaiatura in legno di bambù</b>, mentre gli edifici più grandi sono edificati con pietre di granito e murature in cotto o con una specie di cemento; </li>
<li>un <b>singolo portone principale</b> permette di accedere all’interno e in alcuni casi (rari) accessi di servizio conducono ai vicoli circostanti; </li>
<li>verso l’esterno le <b>alte mura</b> hanno piccole finestre o feritoie solo nei piani superiori; </li>
<li>le <b>abitazioni </b>e i <b>locali di servizio </b>per le persone sono costruiti lungo il perimetro interno delle mura mentre nel cortile interno si trovano stalle, latrine, pollai, ovili, magazzino, pozzo e tempio familiare (in alcuni, particolarmente grandi, pozzi e cucine singoli per famiglia si trovano al piano terreno delle mura).
</li>
</ul>
<br />
Le dimensioni sono le più variabili e i più grandi possono avere <b>fino a 400 stanze</b> in grado di ospitare anche <b>800 persone</b>.
<br />
Circa 20.000 sono i tulou della Cina meridionale, ma solo 46 sono quelli meglio conservati e protetti dall’Unesco.
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-7556096771721931602018-09-09T12:00:00.000-07:002019-05-04T00:43:16.018-07:00Beiyuanmen di Xian, madre dello street food<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-_ifTtbGhK1A/XKkEk0G3K1I/AAAAAAAAfT0/lqmAJMqtTY8RhP5iZmRuhe2dKDb1IqB2ACLcBGAs/s1600/IMG_6505.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="112" src="https://1.bp.blogspot.com/-_ifTtbGhK1A/XKkEk0G3K1I/AAAAAAAAfT0/lqmAJMqtTY8RhP5iZmRuhe2dKDb1IqB2ACLcBGAs/s200/IMG_6505.JPG" width="200" /></a></div>
Beiyuanmen, la street food di Xian, è un trionfo di colori e di sapori: le zuppe, ciotole colme di <b>hulatang </b>(zuppa speziata e piccante) o di <b>saozi mian</b> (noodles in brodo sempre speziati e piccanti); <b>noodles fritti</b>, <b>bianbiang mian</b>, con verdure, carne, pesce; spiedini di scorpione, polpo, agnello, zampe di maiale e di pollo, calamari e altri animali non ben identificati, ma anche di verdure e funghi e di frutta caramellata; riso in tutte le forme (compresi dei coloratissimi spuntini serviti con il bastoncino come se fossero ghiaccioli) e trionfo di ravioli (di maiale, di polpa di granchio, di verdure ecc.); panini ripieni di carne di maiale, sminuzzata e speziata, una sorta di kebab cinese.<br />
<a name='more'></a><br />
E la frutta, solo questa meriterebbe un capitolo perché, accanto a quelli più tradizionali, ci sono decine di prodotti che io non ho mai visto in vita mia: quello che va per la maggiore è il pomelo (<b>youzi</b>) più grande di un pompelmo e dal sapore simile a quello dell’arancia, ma più dolce; quello che si trova meno è invece il classico mandarino cinese (forse dipende dalla stagione), lo <b>jinju </b>così come il <b>litchi</b>; i mangostano (<b>shanzhu</b>) che sembrano piccole melanzane tonde, dalla buccia spessa e contengono una polpa dolcissima; ottimi e dal sapore simile al kiwi, gli <b>huolongguo </b>(frutti del drago) sono anche bellissimi a vedersi con la loro buccia rosa brillante e la polpa bianca punteggiata di piccolissimi semi neri; <b>longan </b>o occhi di drago, venduto a grappoli è un frutto dalla polpa trasparente e dolce, racchiusa da una buccia leggermente dura e marrone; montagne di cuori (la parte che contiene i semi) di fiori di loto che non abbiamo ben capito come si cucinano; i <b>giaca </b>(per trovarne il nome la ricerca è stata lunga e non è da confondere con il puzzolentissimo <b>durian </b>cui esteriormente assomiglia abbastanza), dal colore esterno giallo-verdognolo, con la buccia bugnosa e grossi semi carnosi le cui proprietà organolettiche sono simili a quelle della carne.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-Pujkw_C_B4E/XKkExHTXSiI/AAAAAAAAfT4/l1yPan5FFv0Jar62Fph6dIEkMvn_x_EYgCLcBGAs/s1600/IMG_6489b.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://4.bp.blogspot.com/-Pujkw_C_B4E/XKkExHTXSiI/AAAAAAAAfT4/l1yPan5FFv0Jar62Fph6dIEkMvn_x_EYgCLcBGAs/s400/IMG_6489b.JPG" width="400" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-UjG-78zWn1E/XKkExXe6YjI/AAAAAAAAfT8/yrxRETPwAs8dsJ6nCNe3_oSjJ0hOryY8ACLcBGAs/s1600/IMG_6498.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://2.bp.blogspot.com/-UjG-78zWn1E/XKkExXe6YjI/AAAAAAAAfT8/yrxRETPwAs8dsJ6nCNe3_oSjJ0hOryY8ACLcBGAs/s400/IMG_6498.JPG" width="400" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/--VAJAD9dd5o/XKkExfHYU1I/AAAAAAAAfUA/louq_YlQtCIPRjCCETJIwzQQMRsj9SPWQCLcBGAs/s1600/IMG_6501.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://4.bp.blogspot.com/--VAJAD9dd5o/XKkExfHYU1I/AAAAAAAAfUA/louq_YlQtCIPRjCCETJIwzQQMRsj9SPWQCLcBGAs/s400/IMG_6501.JPG" width="400" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-960CYdPRweo/XKkEyMgh8VI/AAAAAAAAfUE/4KRFr1t6JJMLQGOgvAZqkgrPxqJIK3mfgCLcBGAs/s1600/IMG_6507.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://2.bp.blogspot.com/-960CYdPRweo/XKkEyMgh8VI/AAAAAAAAfUE/4KRFr1t6JJMLQGOgvAZqkgrPxqJIK3mfgCLcBGAs/s400/IMG_6507.JPG" width="400" /></a></div>
<br />
<div>
<br /></div>
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-76556616507123077162018-09-09T02:00:00.000-07:002019-03-16T07:37:12.567-07:00Video la cina vista da Patrizia 2018<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/LgASWSPWF3E/0.jpg" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/LgASWSPWF3E?feature=player_embedded" width="560"></iframe></div>
<br />Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-75711911395358170102018-09-09T01:30:00.000-07:002019-03-16T07:37:21.693-07:00Video la Cina vista da Giampiero 2018<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/OeaRCi8zZV4/0.jpg" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/OeaRCi8zZV4?feature=player_embedded" width="560"></iframe></div>
<br />Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-24494098145776461442018-09-09T01:00:00.000-07:002019-03-09T09:57:38.810-08:00Cartina del viaggio in Cina 2018<iframe height="375" src="https://www.google.com/maps/d/embed?mid=1kiXYdGARP1NapeT44PvYrzSgUpr9cooG" width="500"></iframe>Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-16065836419450902052018-08-07T00:31:00.000-07:002019-03-08T10:42:28.032-08:00Media & Entertainment. Dall’AI alla blockchain: l’impatto delle nuove tecnologie<div>
Intelligenza artificiale, blockchain e, soprattutto, big data analytics: queste, a diversi livelli di maturità, le tecnologie che stanno avendo un ruolo disruptive nel settore Media & Entertainment incidendo non solo sul processo produttivo delle industrie creative ma sul prodotto creativo stesso (libro, articolo, musica ecc.) stesso</div>
<div class="intro-text" style="background-color: white; color: #666666; font-family: Tahoma, Arial, sans-serif; font-size: 12.8px; position: relative;">
<div style="margin-bottom: 5px; padding: 0px;">
<a href="https://www.zerounoweb.it/analytics/big-data/media-entertainment-dallai-alla-blockchain-limpatto-delle-nuove-tecnologie/" outline: none; text-decoration-line: none;" target="_blank">Leggi l’articolo completo su ZeroUno</a></div>
</div>
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-57553742594747090612018-06-25T00:33:00.000-07:002019-03-08T10:42:48.108-08:00Sanità: l’innovazione digitale strada obbligata per il Sistema SanitarioCon una spesa sanitaria sostanzialmente stabile, l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’aspettativa di vita, l’accesso alle cure rischia di risultare difficile per una fetta sempre più ampia della popolazione. Quale soluzione? Per l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, la sola risposta possibile è la digitalizzazione del sistema sanitario con l’introduzione di nuovi modelli e abitudini<br />
<a href="https://www.zerounoweb.it/trends/dinamiche-di-mercato/sanita-linnovazione-digitale-strada-obbligata-per-il-sistema-sanitario/" style="background-color: white; outline: none; text-decoration-line: none;" target="_blank">Leggi l’articolo completo su ZeroUno</a>Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-86303579898030850032018-06-05T08:21:00.000-07:002019-04-06T08:25:14.710-07:00Mosaico mediorientale<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;">
<img border="0" data-original-height="318" data-original-width="200" height="200" src="https://4.bp.blogspot.com/-lGo-rwGvPoo/XHzctu5T9VI/AAAAAAAAeiU/3L689zr3e2g5m3kWIUXOSO_zT6DX1DUyACLcBGAs/s200/MosaicoMediorientale200.jpg" width="125" /></div>
<br />
<a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a>Attimi di vita di sei famiglie di arabi ed ebrei, raccontati in prima persona dai protagonisti. Storie che si dipanano dal 1917 ai giorni nostri, mentre la Storia cambia i destini, modifica i sogni, impone il suo corso. I protagonisti, i loro figli e nipoti si incontrano, si sfiorano, si scontrano: in alcuni casi il loro incontro è saldato da legami indissolubili; in altri di questo incontro non hanno alcuna coscienza ed è solo il lettore a sapere che quel contatto, magari solo per uno sguardo, c’è stato.<br />
<a name='more'></a><br />
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Jaffa, 1917: per ragioni di sicurezza, circa cinquantamila persone devono evacuare la città. Tra esse ci sono Yaqub al Khatibi, intellettuale professore dell’Arab College, Leah Haimovitch, ebrea giovane e volitiva, e il suo amico arabo Abdallah Musallam, che insieme sognano un futuro di serena convivenza per i loro due popoli. Lontani da quei territori, a qualche anno di distanza, i cugini livornesi Davide e Daniele Lenzi vivono in prima persona le conseguenze delle leggi razziali e l’orrore dei campi di concentramento. Mentre nel suo villaggio a pochi chilometri da Gerusalemme l’adolescente Fakhry Hammad cerca di ricostruire una vita distrutta dal primo conflitto arabo-israeliano, dall’altra parte del mondo, in un’America ormai diventata patria per molti ebrei scampati alla Shoah, Amos Greenberg, organizza la propria aliyah per stabilirsi nei luoghi che ritiene suoi di diritto.Sono alcuni dei protagonisti di Mosaico mediorientale.<br />
<a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://draft.blogger.com/blogger.g?blogID=4907109189000513308" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a>Fotogrammi di speranza, dolore, gioia, disperazione, brutalità, coraggio, eccezionalità, normalità, ingenuità, paura, incredulità, smarrimento, felicità. Tessere di un mosaico che si compone nel quadro dei grandi avvenimenti che hanno attraversato gli ultimi 100 anni; utile compendio al romanzo, un indice dettagliato di nomi, luoghi, riferimenti storici.<br />
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Raccontando le storie di queste sei famiglie, racconto la Storia di un intero secolo, la Storia di due popoli da sempre in bilico fra odio estremo ed estremo desiderio di pace. Attraverso le vicende dei figli e dei nipoti di questi personaggi si entra nel vivo di un conflitto che appare nella sua essenza più cruda e spietata.<br />
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<iframe allow="accelerometer; autoplay; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture" allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/c_8fvczkGs4" width="560"></iframe>Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-5196761410982220032017-09-09T14:00:00.000-07:002019-04-13T09:00:35.322-07:00Tajikistan, viaggiando sul tetto del mondo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-dyCU37h-HlI/XLICDubpiAI/AAAAAAAAfoU/_XnkDVcRT1cx5Dxdmx8pcGFn3JrQOUy1wCEwYBhgL/s1600/IMG_5944.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" height="111" src="https://3.bp.blogspot.com/-dyCU37h-HlI/XLICDubpiAI/AAAAAAAAfoU/_XnkDVcRT1cx5Dxdmx8pcGFn3JrQOUy1wCEwYBhgL/s200/IMG_5944.JPG" width="200" /></a></div>
Gran parte del viaggio si svolge sull'altopiano del Pamir, a quote che variano dai 3000 ai 4600 metri, tra laghi che sembrano lamine d'acciaio brillanti sotto il sole e le pendici scoscese delle montagne che si gettano nel Panji, il fiume che segna il confine con l'Afghanistan. Montagne brulle, vallate ricche di vegetazione che si alternano a canyon inquietanti, un fiume impetuoso che non lascia scampo<br />
<i>22-27 agosto 2017</i><br />
<a name='more'></a>Dopo le immensità del <a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/search/label/Kazakhistan" target="_blank">Kazakhistan</a> e le emozioni del <a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/search/label/Kirghizistan" target="_blank">Kirghizistan</a>, ci avviciniamo alla frontiera tajika: ci mettiamo quasi tre ore tra l’uscita da un paese e l’ingresso nell’altro. Mohammed prende moduli e documenti e passa da un “ufficio” (in alcuni casi in muratura, in altri semplici container modificati) all’altro; qualche militare viene, ci guarda e se ne va; aspettiamo, aspettiamo, aspettiamo, neanche Mohammed sa dirci il perché. Non ci sono motivi, non ci sono spiegazioni, semplicemente… è così. <strong>Comunque alla fine passiamo e iniziamo la salita verso il passo Kyzylart (4280 m) raggiungendo l’altopiano del Pamir che in persiano si chiama Bam-i-Dunya ossia “Il tetto del mondo”, nome quanto mai azzeccato dato che sembra di poter toccare il cielo.</strong> In un’oretta arriviamo alla cittadina di Karakul, sull’omonimo lago a 3960 m di altitudine, creato da un meteorite circa 10 milioni di anni fa.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-vLdJWjD6vKQ/XLICCjxBopI/AAAAAAAAfoU/3u_d0ZtTk_081JRbF4NbBscbsmKOPM2OgCEwYBhgL/s1600/IMG_5917.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="passo Kyzylart " border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-vLdJWjD6vKQ/XLICCjxBopI/AAAAAAAAfoU/3u_d0ZtTk_081JRbF4NbBscbsmKOPM2OgCEwYBhgL/s1600/IMG_5917.JPG" title="passo Kyzylart " /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">passo Kyzylart </td></tr>
</tbody></table>
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<h3>
<strong>SULL'ALTOPIANO DEL PAMIR</strong></h3>
<strong>Il lago è una lamina turchese incastonata tra vette che superano i 6000 m, la cittadina è completamente deserta</strong>: Mohammed ci spiega che i circa 1.500 abitanti sono quasi tutti sparsi nelle valli circostanti per pascolare le greggi (anche se per chilometri non si intravede un filo d’erba) e che tornano al villaggio solo per l’autunno e l’inverno (e c’è da chiedersi perché, visto che qui la temperatura raggiunge facilmente i -30, con venti gelidi che spazzano il lago). Karakul significa lago nero ed è omonimo di un altro che si trova in Cina sulla strada del Karakorum; in realtà i kirghizi (questa zona del Tajikistan e quella cinese al di là della frontiera sono abitate dall’etnia kirghiza) chiamano Chong Kara Kul (grande lago nero) quello tajiko e Kishi Kara Kul (piccolo lago nero) quello cinese. <strong>La sera, le sue sponde si tingono di un rosso vivo mentre il sole tramonta dietro le montagne.</strong><br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-_1ktvWwjjp4/XLICCUarp8I/AAAAAAAAfoI/YdzqzvXIs3AW6JIvT3TVsnPgHsSa1e9cgCEwYBhgL/s1600/IMG_5919.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-_1ktvWwjjp4/XLICCUarp8I/AAAAAAAAfoI/YdzqzvXIs3AW6JIvT3TVsnPgHsSa1e9cgCEwYBhgL/s1600/IMG_5919.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lago Karakul in Tajikistan</td></tr>
</tbody></table>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-A5DKCSZOSX0/XLICCRu2N8I/AAAAAAAAfoY/oeLM9VWmQaso0NJTANHakVXdDjpR7quMQCEwYBhgL/s1600/IMG_5930.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-A5DKCSZOSX0/XLICCRu2N8I/AAAAAAAAfoY/oeLM9VWmQaso0NJTANHakVXdDjpR7quMQCEwYBhgL/s1600/IMG_5930.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lago Karakul in Tajikistan</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-8yACBQLYkeQ/XLICC7VeA_I/AAAAAAAAfoM/LZ_bhxmDafECNHoY501XGvSvlCbLAex-wCEwYBhgL/s1600/IMG_5937.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-8yACBQLYkeQ/XLICC7VeA_I/AAAAAAAAfoM/LZ_bhxmDafECNHoY501XGvSvlCbLAex-wCEwYBhgL/s1600/IMG_5937.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lago Karakul in Tajikistan</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-BirFHhWuwHo/XLICDdmTUdI/AAAAAAAAfoQ/yfUxoDBJ1V8SmgeluPy4jriwLjzw8kCjACEwYBhgL/s1600/IMG_5938.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-BirFHhWuwHo/XLICDdmTUdI/AAAAAAAAfoQ/yfUxoDBJ1V8SmgeluPy4jriwLjzw8kCjACEwYBhgL/s1600/IMG_5938.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cittadina di Karakul in Tajikistan</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-Chl_e06iOl0/XLICDbawBWI/AAAAAAAAfoU/xtO91NBBY54gVryEos787K4HE6uz8itbwCEwYBhgL/s1600/IMG_5942.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-Chl_e06iOl0/XLICDbawBWI/AAAAAAAAfoU/xtO91NBBY54gVryEos787K4HE6uz8itbwCEwYBhgL/s1600/IMG_5942.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lago Karakul in Tajikistan</td></tr>
</tbody></table>
<strong><br /></strong>
La guest house che ci ospita è deliziosa, per il momento non ci sono docce, ma la nostra guida ci informa che le stanno costruendo a beneficio dei prossimi viaggiatori. Trascorriamo una piacevole serata, allietati da Mohammed con la sua chitarra.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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23 agosto 2017 – Alle 8, dopo la solita colazione a base di uova, pane e marmellate, partiamo e dopo pochi <strong>chilometri ci troviamo nel punto più alto del nostro viaggio, il passo Ak-Baital (cavallo bianco) a 4655 m: pochi passi diventano impegnativi, l’aria rarefatta rende difficile anche una piccola corsetta, ma basta girare lentamente su se stessi per godere di un panorama indimenticabile, affascinante e magnifico</strong>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-btAWec4uKPc/XLICEKENRNI/AAAAAAAAfoQ/OA81UevHpfE0lKG3c2esqjhbNwbk5vSJgCEwYBhgL/s1600/IMG_5947b.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-btAWec4uKPc/XLICEKENRNI/AAAAAAAAfoQ/OA81UevHpfE0lKG3c2esqjhbNwbk5vSJgCEwYBhgL/s1600/IMG_5947b.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">passo Ak Baital - 4655 m</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Iniziamo la discesa circondati da montagne brulle, tagliate da piccoli rigagnoli che sembrano essere l’unico segnale di vita insieme a qualche rapace che ruota in alto nel cielo. Alla nostra sinistra un’interminabile barriera in filo spinato che segna, per centinaia di chilometri, il confine con la Cina.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-dyCU37h-HlI/XLICDubpiAI/AAAAAAAAfoU/_XnkDVcRT1cx5Dxdmx8pcGFn3JrQOUy1wCEwYBhgL/s1600/IMG_5944.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-dyCU37h-HlI/XLICDubpiAI/AAAAAAAAfoU/_XnkDVcRT1cx5Dxdmx8pcGFn3JrQOUy1wCEwYBhgL/s1600/IMG_5944.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">sull'altopiano del Pamir </td></tr>
</tbody></table>
<br />
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Arriviamo a Murghab dove dovremmo fermarci solo per il pranzo per poi ripartire alla volta di Bulunkul, ma una compagna di viaggio non si sente bene: l’elevata altitudine, combinata con un forte raffreddore, le ha provocato un pericoloso innalzamento della pressione, con conseguenti nausea e giramenti di testa. Il medico del vicino presidio sconsiglia la partenza per Bulunkul e caldeggia il ricovero per una notte nel locale ospedale. Medico e infermieri sono molto gentili e si prodigano per la malata, ma certamente le condizioni della struttura sono decisamente al di sotto degli standard a cui siamo abituati.<br />
Il gruppo trova alloggio nell’Hotel Pamir, ma io preferisco passare la notte in ospedale perché mi spiace lasciare sola la nostra compagna, anche se si va gradatamente riprendendo. <strong>Non dormiamo molto… tra le altre cose, per l’ospedale si aggira un gatto; sorrido quando la mia vicina me lo dice, un po’ meno quando il giorno dopo Mohammed ci spiega quello a cui saremmo dovute arrivare da sole: “Of course, it is because of little mice”.</strong><br />
Nel pomeriggio abbiamo visitato la cittadina in lungo e in largo. In lontananza si vede l’imponente massiccio del Muztagata, vetta di 7546 m in territorio cinese, mentre il paese non offre granché: un mercato spartano con container che fungono da negozi e una piccola moschea che si può vedere solo dall’esterno. Giampiero ed io passiamo una mezz’ora in riva al fiume a guardare un gruppo di donne e bambini che lavano i tappeti nell’acqua gelida.<br />
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<h3>
<strong>"ANNUSANDO" IL CORRIDOIO DI WAKAN</strong></h3>
24 agosto 2017 – Espletate le pratiche ospedaliere, intorno alle 8.30 riusciamo a partire (la nostra malata con regolari dimissioni e dettagliata spiegazione dei medicinali somministrati da mostrare al suo medico, il tutto in tajiko!). Il paesaggio è, se possibile, sempre più brullo e rude con tutta una gradazione di marroni e ocra che lo colorano; la pozza d’acqua formata dalla sorgente Ak-Balyk (pesce bianco), proprio sul ciglio della strada, brilla da lontano come un diamante grezzo. Dopo un centinaio di chilometri prendiamola deviazione verso il Bulunkul, un grande lago cangiante tra il viola e il blu scuro nel cui omonimo villaggio avremmo dovuto alloggiare se non ci fossimo fermati a Murghab.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-_X4M-34muBY/XLICEC2ri2I/AAAAAAAAfoU/miWKVleMDO8BrxckIi4Mg8B99tc1qeIMgCEwYBhgL/s1600/IMG_5950.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-_X4M-34muBY/XLICEC2ri2I/AAAAAAAAfoU/miWKVleMDO8BrxckIi4Mg8B99tc1qeIMgCEwYBhgL/s1600/IMG_5950.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">discesa da Murghab</td></tr>
</tbody></table>
Prima di arrivare vediamo dall’alto il grande lago turchese Yashil e il piccolo Tuz-Kul.<br />
<strong>Ritorniamo quindi sulla M41 per percorrere pochi chilometri dato che la variazione che Giampiero ha introdotto al già collaudato giro del Tajikistan prevede di scendere verso la valle di Wakan</strong>. Se le condizioni stradali della M41 erano un po’ approssimative, quelle del percorso che abbiamo intrapreso non lasciano dubbi: <strong>in alcuni tratti la strada è poco più che una mulattiera, corre alta sul fiume sottostante, il Pamir, e sembra incisa con un coltello nelle pareti scoscese e brulle, segnate ogni tanto da argentei rigagnoli d’acqua. Ammaliante e splendida finché l’orizzonte si apre e compare la valle di Wakan con le montagne afghane che racchiudono il famoso Corridoio</strong>. Proprio nel punto dove il Pamir si getta nel Panji, il fiume che attraversa il Corridoio, c’è Langar, il villaggio dove passeremo la notte in un’ottima sistemazione.<br />
Piccolo e grazioso villaggio contadino, Langar è il primo agglomerato urbano che incontriamo dopo l’area “kirghiza” del Tajikistan della quale <span style="font-size: 12.8px;">Murghab</span> è il capoluogo e si vedono immediatamente le differenze etniche con le popolazioni che ci siamo lasciati alle spalle: là erano turco-mongoli con pelle bruna, occhi scuri e a mandorla, viso largo; qui sono caucasici, con carnagione chiara, capelli scuri e occhi orizzontali in maggioranza scuri ma a volte chiari (soprattutto nel Badakhshan) e viso affusolato; là parlano lingue turco-mongole, qui una lingua iranica ampiamente simile alla lingua persiana dell'Iran (farsi) e dell'Afghanistan (dari).<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-kkrc2Onp0yI/XLICEnjjV-I/AAAAAAAAfoU/NW5Yoy3W0iI3mEkdhSpVALBHkXQjx8liACEwYBhgL/s1600/IMG_5962.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-kkrc2Onp0yI/XLICEnjjV-I/AAAAAAAAfoU/NW5Yoy3W0iI3mEkdhSpVALBHkXQjx8liACEwYBhgL/s1600/IMG_5962.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">piccolo lago Tuz Kol</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-FZGl1oW4LH4/XLICFFD6d0I/AAAAAAAAfoY/J-zfLUC8YQopgz3yC7XAXVO-RwV-wfIjQCEwYBhgL/s1600/IMG_5971.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-FZGl1oW4LH4/XLICFFD6d0I/AAAAAAAAfoY/J-zfLUC8YQopgz3yC7XAXVO-RwV-wfIjQCEwYBhgL/s1600/IMG_5971.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ragazzo spagnolo in viaggio dalla Spagna alla Malesia</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-EAmrN2nrhxE/XLICFPH3r-I/AAAAAAAAfoc/RiB27UvhzY4rxdxw3MiLY1YDjd3UW_SEwCEwYBhgL/s1600/IMG_5978.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-EAmrN2nrhxE/XLICFPH3r-I/AAAAAAAAfoc/RiB27UvhzY4rxdxw3MiLY1YDjd3UW_SEwCEwYBhgL/s1600/IMG_5978.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lago Balankul</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-i_YwWU_yFh8/XLICFc7WYQI/AAAAAAAAfoc/7-othgHhnRoeQNE-xvAJP7ABqBHdd22qQCEwYBhgL/s1600/IMG_5991.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-i_YwWU_yFh8/XLICFc7WYQI/AAAAAAAAfoc/7-othgHhnRoeQNE-xvAJP7ABqBHdd22qQCEwYBhgL/s1600/IMG_5991.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">verso la valle di Wakan</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-2vL2Q7sk31M/XLICGGOi_SI/AAAAAAAAfoc/SU3IPtnSmI433J5A-2Qu9zLkuCsr1o-GQCEwYBhgL/s1600/IMG_5994.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-2vL2Q7sk31M/XLICGGOi_SI/AAAAAAAAfoc/SU3IPtnSmI433J5A-2Qu9zLkuCsr1o-GQCEwYBhgL/s1600/IMG_5994.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">verso la valle di Wakan</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<h3>
<strong>CON L'AFGHANISTAN A POCHI METRI</strong></h3>
25 agosto 2017 – Ci aspetta una giornata lunghissima (impiegheremo 9 ore per percorrere poco meno di 200 km), ma imperdibile dal punto di vista paesaggistico. Da Langar la valle inizia lentamente a stringersi, ma il Panji corre ancora apparentemente placido (Mohammed ci dice che, in realtà, è un’apparenza traditrice perché la corrente è fortissima). Dopo una trentina di chilometri ci fermiamo a Vrang dove uno stupa buddhista è stato costruito nell’area delle piattaforme zoroastriane per l’adozione del fuoco: Mohammed ci racconta che in Tajikistan sono sempre più le persone che abbandonano l’Islam per tornare alla vecchia religione di Zoroastro (e in ogni caso, nelle tradizioni locali sono sempre stati presenti riti zoroastriani). Dopo pochi chilometri, una piccola oasi di pace: la tomba e la casa del mistico sufi Mubarak-kadam. I suoi discendenti e seguaci hanno restaurato il luogo che raccoglie oggi libri e antichi strumenti musicali; uno di loro ci spiega alcuni principi sufi e ci suona alcuni strumenti; fuori un giardino molto curato.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-cn7zAqb1KyY/XLICGlWFS_I/AAAAAAAAfoU/kh4D4mH3SwMntGUPr0EobSKmsy1oCKFhACEwYBhgL/s1600/IMG_6016.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-cn7zAqb1KyY/XLICGlWFS_I/AAAAAAAAfoU/kh4D4mH3SwMntGUPr0EobSKmsy1oCKFhACEwYBhgL/s1600/IMG_6016.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">casa del mistico sufi Mubarak-kadam</td></tr>
</tbody></table>
<br />Proseguiamo. Prossima tappa il forte Yamchun del XII secolo, un fantasma diroccato situato in posizione strategica. Bellissimo. Saliamo alle sorgenti di Bibi Fatima, un luogo incantevole; non sarebbe male farvi sosta per una notte, ma dobbiamo ripartire e ci fermiamo alla fortezza Khakha che risale al III secolo. Situata su una piattaforma naturale, dalla sua cima si domina il confine afghano.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-dfjpMahQpxA/XLICG7f6bJI/AAAAAAAAfoc/Te4Vf008c6A65a8TJzEui_0WtFuAaafVgCEwYBhgL/s1600/IMG_6022.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-dfjpMahQpxA/XLICG7f6bJI/AAAAAAAAfoc/Te4Vf008c6A65a8TJzEui_0WtFuAaafVgCEwYBhgL/s1600/IMG_6022.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">forte Yamchun del XII secolo</td></tr>
</tbody></table>
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<strong>La valle è ampia e coltivata anche se in un paio di punti la furia dell’acqua primaverile ha travolto case e strada. Vediamo i lavori di ricostruzione. Guardando il versante opposto, dove un’ansa del fiume lambisce un ampio tratto uniforme di terra fangosa alle pendici di un insidioso canalone, il nostro autista sospira “lì c’era un villaggio, ma in primavera l’acqua si è portata via tutto”.</strong><br />
Verso le 17 arriviamo a Khorog, capoluogo della regione autonoma del Gorno-Badakhshan, una città molto vitale, ricca di nuovi edifici dove sono tangibili gli investimenti dell’Aga Khan, leader spirituale della corrente nizarita degli ismailiti, setta dell’Islam sciita, cui aderiscono i tajiki del Pamir. Karim al-Husayni, IV Aga Khan, designato nel 1957 alla guida dei fedeli dal nonno (che lo preferì al figlio del quale non approvava lo stile di vita da jet set), nel 2003 ha investito 200 milioni di dollari per la fondazione dell’Università dell’Asia centrale proprio a Khorog e la regione è costellata di ospedali, scuole ecc. da lui realizzati. È venerato come un padre e ne abbiamo una dimostrazione da uno spettacolo al quale assistiamo, con canti e poesie, in occasione del Giubileo di Diamante (60 anni) della sua investitura che cade nel luglio 2017.<br />
26 agosto 2017 - Il sabato mattina, in un’area chiusa a ridosso del ponte sul Panji che consente il passaggio tra Afghanistan e Tajikistan, si tiene il “mercato afghano”: mercanti di oltre frontiera vengono in Tajikistan per vendere tappeti, pakol (il tipico cappello da uomo pashtun) e altri oggetti artigianali. Purtroppo dipende dall’apertura o meno della frontiera tra i due paesi che spesso, per motivi di sicurezza, è chiusa. Mentre un gruppo di italiani il sabato precedente era riuscito ad andarci, noi non siamo altrettanto fortunati e arrivati sul luogo ci viene detto dai militari che oggi non verrà aperto. Partiamo quindi per Kalaikun continuando a costeggiare il confine afghano.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-j8LvyT4e__c/XLICHOqoNTI/AAAAAAAAfoU/aGb68rGuoeQyOCJ6zu_RnTHwHZf7lWDEgCEwYBhgL/s1600/IMG_6054.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-j8LvyT4e__c/XLICHOqoNTI/AAAAAAAAfoU/aGb68rGuoeQyOCJ6zu_RnTHwHZf7lWDEgCEwYBhgL/s1600/IMG_6054.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Costeggiando il confine Afghano</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-W5Kcp8yUD2g/XLICHD9zdBI/AAAAAAAAfoc/NgfLRdGLwiAcdAAKvPjFUzqoOGiUe_dMgCEwYBhgL/s1600/IMG_6047.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-W5Kcp8yUD2g/XLICHD9zdBI/AAAAAAAAfoc/NgfLRdGLwiAcdAAKvPjFUzqoOGiUe_dMgCEwYBhgL/s1600/IMG_6047.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Costeggiando il confine Afghano</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-qykTiK3d1tc/XLICHsaZe_I/AAAAAAAAfoY/4VEGBwcRev0ShBRGvqFdf_1K03cP0MPswCEwYBhgL/s1600/IMG_6056.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-qykTiK3d1tc/XLICHsaZe_I/AAAAAAAAfoY/4VEGBwcRev0ShBRGvqFdf_1K03cP0MPswCEwYBhgL/s1600/IMG_6056.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Costeggiando il confine Afghano</td></tr>
</tbody></table>
<br />
La strada corre a tratti a livello del fiume che si restringe fino ad avvicinare l’Afghanistan a meno di una ventina di metri; la corrente è fortissima e il fiume sembra un cavallo imbizzarrito, sollevando spuma e schizzi. Quando la strada risale e prosegue alta sull’acqua fangosa e tumultuosa ringrazio il cielo di percorrerla sul lato destro, con l’auto addossata alla montagna. Intanto <strong>l’Afghanistan è un calamita per i nostri occhi, non riusciamo a distoglierli dagli scorci di vita che scorrono dai finestrini delle jeep: una donna che lavora la terra, un vecchio con il carretto che attraversa un ponte, tre solitari operai che con dinamite e scalpello incidono la roccia per costruire una strada, due giovani con zainetto che camminano con passo rapido</strong>.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-Z8HxwJW8VcM/XLICH7tpADI/AAAAAAAAfoc/VAJXMhUV6v84DyIuYPu0kk6IKvFycadWgCEwYBhgL/s1600/IMG_6058.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-Z8HxwJW8VcM/XLICH7tpADI/AAAAAAAAfoc/VAJXMhUV6v84DyIuYPu0kk6IKvFycadWgCEwYBhgL/s1600/IMG_6058.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Afghanistan, strada in costruzione</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Villaggi privi di tutto dove si fa fatica a distinguere le abitazioni dalla roccia che le circonda si alternano ad altri che, a distanza di pochi chilometri, si trovano in rigogliose oasi ricche di piante, fiori, animali al pascolo.<strong> E ogni tanto, alle spalle della prima fila di montagne fanno capolino le cime innevate dell'Hindu Kush.</strong><br />
I chilometri sono solo 240, ma impieghiamo comunque più di otto ore peer percorrerli, meglio di ieri tutto sommato. Verso le 18 arriviamo quindi a Kalaikun dove troviamo alloggio in una comoda casa. La cittadina non offre molto, del resto è solo una tappa tecnica, e preferiamo passare il tempo che ci separa dalla cena, ottima, rilassandoci sotto il pergolato.<br />
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<h3>
<strong>SI TORNA</strong></h3>
27 agosto 2017 – La strada che scende verso Dushanbe è bella e asfaltata, ma il clima dell’altopiano è un piacevole ricordo: da Khorog (2144 m) siano scesi ai 1200 metri di Kalaikum e arrivati ai 472 di Hulbuk ci rituffiamo nel caldo torrido dei primi giorni di questa vacanza.<br />
<strong>Centro amministrativo e culturale del IX secolo, a Hulbuk la cittadella, il palazzo e l’antica moschea sono parzialmente restaurati. Il restauro è sempre in stile sovietico poco conservativo e molto “ricostruttivo”, all’interno delle mura si intravedono una stanza da dove i ricchi ospiti del sovrano guardavano gli spettacoli teatrali deliziandosi con ricchi pasti</strong>. Il direttore del museo è molto gentile e galante, regala alle tre signore del gruppo una piccola rosa presa dai giardini che circondano la cittadella e mi tratta da regina quando a causa del caldo dico di non sentirmi molto bene (mi offre subito una comoda poltrona con ventilatore e mi porta dell’acqua fresca mentre i miei compagni visitano il museo).<br />
Nel tardo pomeriggio arriviamo nella capitale costeggiando un grande invaso che ci offre gli ultimi scorci di un paese in rapida evoluzione. Ottima cena e a nanna per le poche ore che ci separano dalla partenza per l’Italia.Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4907109189000513308.post-83979429643382173852017-09-09T12:00:00.001-07:002019-04-13T05:40:54.818-07:00Ripercorrendo il Kirghizistan...dieci anni dopo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-aRGi2jFk3mU/XLHUCV0ApDI/AAAAAAAAfjs/HBDRXLGJ4xAiNUQ_ebNFF6VHYLX5yQUigCEwYBhgL/s1600/IMG_5799.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" height="111" src="https://4.bp.blogspot.com/-aRGi2jFk3mU/XLHUCV0ApDI/AAAAAAAAfjs/HBDRXLGJ4xAiNUQ_ebNFF6VHYLX5yQUigCEwYBhgL/s200/IMG_5799.JPG" width="200" /></a></div>
Lasciato il Kazakhistan entriamo in Kirghizistan, ripercorrendo buona parte dei luoghi attraversati 10 anni fa. Riassaporo la magia della valle di Tash Rabat che invece viene un po' attenuata quando, il giorno dopo, torno al Son Kol. Magnifica la strada che conduce a Osh attraverso la valle Suusamyr e le gole di Chychkan<br />
<i>16-22 agosto 2017</i><br />
<a name='more'></a><br />
<a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/search/label/Kazakhistan" target="_blank">Passata la frontiera del Kazakhistan</a>, inizia il viaggio in Kirghizistan. Eccomi pronta per l’unica parte di viaggio che già conosco; sono curiosa di tornare in quei <a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/2007/09/kirghizistan-oasi-di-pace.html" target="_blank">posti che 10 anni fa mi avevano così tanto affascinato</a>.<br />
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<h3>
<strong>DA BISHKEK ALLA VALLE INCANTATA DI TASH RABAT</strong></h3>
<em>16 agosto 2017</em> - Lasciato il Kazakhistan, incontriamo in frontiera la nostra nuova guida-autista, Valeri, che ci accompagnerà nel percorso kirghizo. Percorriamo rapidamente i 26 chilometri che ci separano da<strong> Bishkek; 10 anni fa non l’avevo praticamente vista e nel breve giro del centro mi rendo conto che non avevo perso nulla</strong>. Nella piazza centrale Ala-Too troneggia la statua a cavallo di Manas, eroe nazionale kirghizo, là dove un tempo c’era la statua di Lenin che non è stata abbattuta, ma spostata in un’altra piccola piazza dove “Lui” continua a indicare “la” direzione. Per il resto nulla di rilevante.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-xzUrmrTjd74/XLHT_dRTBEI/AAAAAAAAfjY/4t3nTAF8TOALkOr2ORulmsYpF2Zff8DBwCEwYBhgL/s1600/IMG_5771.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-xzUrmrTjd74/XLHT_dRTBEI/AAAAAAAAfjY/4t3nTAF8TOALkOr2ORulmsYpF2Zff8DBwCEwYBhgL/s1600/IMG_5771.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Bishkek, statua di Lenin</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Ci muoviamo quindi in direzione dell’Issuk Kol, giusto una puntatina al secondo più grande lago alpino al mondo, fermandoci prima alle gole Kurgan-Terek per un piccolo trek lungo il canyon Konorcheck che faranno però solo i maschi del gruppo (tranne Simone che è leggermente indisposto). Noi “ragazze” ce ne stiamo nel pullmino a leggere, dormicchiare o sentire musica. Dopo un paio d’ore ripartiamo e ci fermiamo nella spiaggia di Balychky, piccola cittadina in riva al lago. Lungo 170 km e largo 70, con una profondità massima di 695m,<strong> l’Issuk Kol è il mare dei kirghizi: grazie all’attività geotermica sotterranea e alla scarsa salinità non ghiaccia mai e ha un effetto moderatore sul clima della zona</strong>; d’estate ombrelloni, pedalò, materassini e barchette punteggiano le sue rive, ma noi non siamo attrezzati e dopo una breve sosta ripartiamo verso Kockhor.<em>17 agosto 2017</em> – Partenza alle 7.30 e alle 9 siamo alla <a href="https://patriziafabbriviaggiare.blogspot.com/2017/09/la-leggenda-della-giovane-principessa.html" target="_blank">torre di Burana</a>, un minareto del IX secolo alto 25 m (in origine era di 45, ma un terremoto nel XV secolo ne distrusse la metà superiore) che, insieme a poche altre rovine, è tutto ciò che rimane dell’antica città di Balasagun fondata dai songdiani, popolo di origine iranica.<br />
<strong>Dopo pochi chilometri, percorrendo la strada perfettamente asfaltata che sale sull’altopiano, il primo confronto con il viaggio di 10 anni fa è inevitabile, stento quasi a credere che i miei ricordi (strada semi sterrata dove la jeep doveva fare una vera e propria gimcana tra le buche) siano attendibili</strong>. Ne parlo con Valeri che invece me li conferma, indicandomi anche alcuni tratti della vecchia strada che ogni tanto ricompare alla nostra destra.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-kV67UfQdtn8/XLHUBBfzWrI/AAAAAAAAfjc/ZLo0Mn8xgaUu8z9SeaEeU4NuLrYOTVAxgCEwYBhgL/s1600/IMG_5782.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-kV67UfQdtn8/XLHUBBfzWrI/AAAAAAAAfjc/ZLo0Mn8xgaUu8z9SeaEeU4NuLrYOTVAxgCEwYBhgL/s1600/IMG_5782.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lungo la strada verso Naryn</td></tr>
</tbody></table>
<br />
I paesaggi mi sono familiari, ma l’arrivo ai nostri alloggi nelle case che ci ospitano a Kochkor mostra come anche qui le cose siano molto cambiate rispetto al 2007: entrambe le case hanno il bagno all’interno con tanto di doccia, ma soprattutto la sera ci viene offerta un’ottima e luculliana cena. Facciamo una piccola passeggiata in paese con sosta al laboratorio artigianale gestito da donne dove anche nella mia precedente visita avevo acquistato i miei unici souvenir del viaggio.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-7Sol-d6c-7c/XLHUBjJb2NI/AAAAAAAAfjU/FJ9EBqvockkSBbphueft-_J0GIrhq2pRwCEwYBhgL/s1600/IMG_5782c.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-7Sol-d6c-7c/XLHUBjJb2NI/AAAAAAAAfjU/FJ9EBqvockkSBbphueft-_J0GIrhq2pRwCEwYBhgL/s1600/IMG_5782c.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Nella casa di Kochkor</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<em>18 agosto 2017</em> – Partenza alle 9 e arrivo a Tash Rabat dopo quasi 4 ore con sosta a Naryn per acquisti alimentari. Anche qui frequenti flash back del mio viaggio con Sasha (la guida di allora) lungo questa strada dove la catena At-Bashy ti accompagna quasi fino al Torugart (ma questa volta non arriveremo al famoso passo).<strong> Percorsi i pochi chilometri della strada sterrata che dalla direttrice principale conduce a Tash Rabat, la valle si apre tra alte colline ricoperte di vegetazione, incontriamo piccoli gruppi di yurte e finalmente arriviamo alla nostra meta, a 3200 metri di altitudine</strong>: un caravanserraglio del XV secolo, probabilmente costruito su un precedente monastero nestoriano del X secolo, composto da 31 stanze. Ma <strong>è la sua collocazione che è magica</strong> e con Giampiero ci immergiamo pienamente in questa magia con un lungo giro a cavallo che ci porta fino in cima a una delle colline da dove godiamo della vista dall’alto della vallata sottostante.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-cl1CXrZuMyY/XLHUBxJg2NI/AAAAAAAAfjo/E_VrdsrpZOw3DUIkWdQ-H2Ec23x4p1xnQCEwYBhgL/s1600/IMG_5787.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-cl1CXrZuMyY/XLHUBxJg2NI/AAAAAAAAfjo/E_VrdsrpZOw3DUIkWdQ-H2Ec23x4p1xnQCEwYBhgL/s1600/IMG_5787.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Caravanserraglio di Tash Rabat</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-aRGi2jFk3mU/XLHUCV0ApDI/AAAAAAAAfjs/HBDRXLGJ4xAiNUQ_ebNFF6VHYLX5yQUigCEwYBhgL/s1600/IMG_5799.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-aRGi2jFk3mU/XLHUCV0ApDI/AAAAAAAAfjs/HBDRXLGJ4xAiNUQ_ebNFF6VHYLX5yQUigCEwYBhgL/s1600/IMG_5799.JPG" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-2dEZiXE_nsw/XLHUD8H48wI/AAAAAAAAfjc/gzM41bTf9HcbscEMXQonhzUVOf08xeiLQCEwYBhgL/s1600/IMG_5812d.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-2dEZiXE_nsw/XLHUD8H48wI/AAAAAAAAfjc/gzM41bTf9HcbscEMXQonhzUVOf08xeiLQCEwYBhgL/s1600/IMG_5812d.jpg" /></a></div>
<br />
<br />
Rientrati al campo me ne sto per un po’ sdraiata sul prato a leggere e poi a giocare a dadi con Simone. Il freddo inizia a farsi pungente e passiamo il dopocena con un gruppo di italiani all’interno di un container-ristorante dal cui tepore ci allontaniamo con fatica. <strong>In compenso fuori c’è una stellata da urlo, con tutta la via lattea che sembra venirti incontro. Entro in tenda, adeguatamente riscaldata da una piccola stufa che funziona a sterco secco, e mentre mi preparo per la notte (aggiungendo una felpa agli abiti che già indosso) un bel cagnolino nero, dal pelo lucido e gli occhi teneri, entra nella yurta accovacciandosi sotto il mio letto</strong> (altra novità: ora nelle yurte ci sono i letti, non si dorme più per terra) per la “gioia” di Floriana che non apprezza la presenza della bestiola.<br />
Nonostante l’altitudine dormo abbastanza bene.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-Qsl9z8NpHS4/XLHUEkhpKPI/AAAAAAAAfjU/NiX4TRndlZERU3-uwAT2HJm-x4_k7jq_wCEwYBhgL/s1600/IMG_5817d.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-Qsl9z8NpHS4/XLHUEkhpKPI/AAAAAAAAfjU/NiX4TRndlZERU3-uwAT2HJm-x4_k7jq_wCEwYBhgL/s1600/IMG_5817d.JPG" /></a></div>
<br />
<h3>
<strong>IL “MIO” SON KOL</strong></h3>
<em>19 agosto 2017</em> – Temo l’uscita dalle coperte, ma in realtà è molto meno freddo di quanto pensassi. Oggi si va al Son Kol, il “mio” lago: ricordo ogni momento della mia permanenza qui nel 2007. <strong>Anche se ero in viaggio da sola già da una quindicina di giorni, è sulle rive del Son Kol che mi sono sentita scivolare lentamente in una sensazione di profonda serenità da godermi in totale solitudine.</strong> Ricordo la prima giornata con il sole splendente che faceva esplodere i colori e la seconda, fredda e brumosa, passata nella yurta a giocare con i bambini della famiglia che mi ospitava. E la cena dove l’unico pezzo di carne della zuppa era riservato alla turista ospite.<br />
Da Tash Rabat ripercorriamo la strada del giorno prima perché quella che avremmo voluto fare non è percorribile, interrotta da una frana venuta giù in primavera.<br />
<strong>Lungo la strada venditori di kumys, latte fermentato di cavalla; ci fermiamo curiosi dove c’è un piccolo assembramento che si rivela essere un nostrano mercato di animali</strong>. Ripreso il viaggio, svoltiamo a sinistra poco dopo Naryn per salire verso il lago (3.011 m di altitudine), forse è la strada che feci 10 anni fa, ma allora era talmente dissestata che la mia concentrazione era più sui dirupi che sull’insieme e quindi non la riconosco: oggi, sebbene sia sempre sterrata, si percorre con una certa velocità.<br />
Arriviamo al lago e ci fermiamo in un campo per chiedere notizie della “mia” famiglia: ho stampato le fotografie scattate allora e chiedo l’aiuto di Valeri per cercare di capire se si riesce a rintracciarla.<br />
<strong>La ricerca non è lunga, in un campo ci indicano subito dove si trova e in pochi minuti la raggiungiamo. Sono un po’ emozionata quando vedo la donna nella quale si è trasformata la ragazzina che, insieme al fratello più piccolo (oggi un ragazzetto di 14-15 anni), aveva giocato con me tutto il pomeriggio.</strong> Non c’è invece il fratello maggiore (si trova a Bishkek) che mi aveva portato in giro a cavallo.<br />
Nuova foto di rito e poi, dopo baci e abbracci, ripartiamo alla volta del nostro campo.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-arSQ8QwYlgY/XLHUEyz15_I/AAAAAAAAfjk/jjqWV5LEKbIIuXNsT70KhsQQWscuxInxgCEwYBhgL/s1600/IMG_5826b.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-arSQ8QwYlgY/XLHUEyz15_I/AAAAAAAAfjk/jjqWV5LEKbIIuXNsT70KhsQQWscuxInxgCEwYBhgL/s1600/IMG_5826b.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Con la "mia" ritrovata famiglia</td></tr>
</tbody></table>
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<strong>Ovviamente l'incanto non può ripetersi, troppo diverse le condizioni:</strong> il campo è lontano dalla riva e questo lo rende meno suggestivo; è costruito principalmente per i turisti e tutte le yurte, una decina, sono piene; invece dei materassi per terra (che forse sarebbero stati più comodi) nelle yurte sono stati messi dei letti sfondati nei quali si dorme male; la stufa nella tenda di Tommaso, Paolo e Donatella è rotta e la tenda si riempie di fumo, costringendoli a passare un paio d’ore fuori al freddo prima di poter rientrare.<br />
Tra gli ospiti del campo c’è un gruppo di turisti kirghizi che balla e canta, in particolare un robusto signore in tuta mimetica ci allieta con canzoni italiane delle quali riusciamo a capire solo qualche parola (come del resto di quelle in inglese). Simpatico incontro, ma che certo non induce alla meditazione serale.<br />
Nonostante le diverse condizioni, il Son Kol continua a piacermi molto, con il suo blu scuro, le montagne alte che lo circondano e le mandrie di cavalli e le greggi di pecore che scorrazzano lungo le sue rive.<br />
A parte Paolo e Giampiero, mi sembra invece che agli altri compagni di viaggio non dica granché. Un po’ mi spiace.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-9OJxFq6sRGU/XLHUFN-eiDI/AAAAAAAAfjo/1cJEZPFK-gM4ceVBsoD9r129SlK-WHvJACEwYBhgL/s1600/IMG_5830a.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-9OJxFq6sRGU/XLHUFN-eiDI/AAAAAAAAfjo/1cJEZPFK-gM4ceVBsoD9r129SlK-WHvJACEwYBhgL/s1600/IMG_5830a.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Son Kol</td></tr>
</tbody></table>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-13dP2Z-uU-E/XLHUF1tstDI/AAAAAAAAfjY/_otiH3i6fkYGzULgKFqAJfq736bqKFg2QCEwYBhgL/s1600/IMG_5838b.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-13dP2Z-uU-E/XLHUF1tstDI/AAAAAAAAfjY/_otiH3i6fkYGzULgKFqAJfq736bqKFg2QCEwYBhgL/s1600/IMG_5838b.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Son Kol</td></tr>
</tbody></table>
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<em>20 agosto 2017</em> - Lasciamo il Son Kol alle 8.30 con un tempo grigio e nuvoloso prendendo la strada che, dal versante meridionale, svolta poi verso ovest per percorrere le vallate che ci porteranno alle gole Chychkan. Un saluto silenzioso al “mio” lago e mi concentro sulla strada che mette a dura prova il mio stomaco. <strong>Le forti piogge del mese scorso hanno ulteriormente peggiorato le condizioni della strada che, in un paio di tratti, è stata addirittura portata via da uno dei tanti torrenti che scendono gelidi e impetuosi dal lago costringendoci al guado.</strong><br />
Pochi, ma molto ripidi i tornanti che scendono a valle: ci separano dalla nostra prossima meta, più bassa di circa 1.800 m rispetto al Son Kol, 340 chilometri che impiegheremo 8 ore a percorrere. <strong>La parte più impegnativa è la prima, fino alla strada che arriva dall’Issuk Kol dove in 100 km scendiamo di 1500 m impiegandoci circa 3 ore</strong>. Incrociamo una coppia di ciclisti (una delle tante che percorrono Kirghizistan e Tajikistan, carichi di bagagli e piegati dalla fatica), chissà perché ci convinciamo che si tratta di padre e figlio: sono dovuti scendere dalla bicicletta e sono costretti spingerla a mano, il “padre” più avanti, mentre il “figlio” arranca poche decine di metri dietro di lui; nonostante il sorriso con cui ci saluta, lo immaginiamo insultare mentalmente il “padre” per averlo condotto su quelle strade; dal nostro pullmino sballonzolante mandiamo loro un saluto di incoraggiamento anche se sappiamo che li aspettano, come minimo, una trentina di chilometri di questa mulattiera ripida e sterrata prima di arrivare al lago e, comunque, alla possibilità di accamparsi da qualche parte.<br />
<strong>Nonostante il cielo bigio, il paesaggio è comunque affascinante, con le alte pareti rocciose che incombono su di noi, i sali e scendi del percorso che, partito da 3.000 m, sale a quasi 3.300 per poi ridiscendere rapidamente</strong>. Una miniera di carbone all’aperto incastra un piccolo angolo di inferno in questa natura all’apparenza incontaminata: camion sicuramente risalenti al “soviet time” si muovono nei gironi che si sono aperti alla nostra sinistra, container antelucani adibiti ad abitazioni per i minatori ricordano gli alloggi dei deportati in Siberia. I minatori ci guardano passare senza alcuna voglia di alzare una mano in un cenno di saluto.<br />
Finalmente arriviamo sulla strada che collega Bishkek con Osh, in buona parte asfaltata (lunghi tratti sono ancora in costruzione, ma anche quelli sterrati sono delle piste da Formula 1 rispetto alla discesa dal Son Kol) nella valle Suusamyr;<strong> la vallata, si amplia e il panorama offre scorci di montagne brulle, le cui gradazioni di colore vanno dal bianco, al marrone con striature amaranto</strong>. Valeri ci dice che quella è chiamata la Siberia del Kirghizistan tanto è spazzata da venti gelidi in inverno con temperature polari.<br />
La strada riprende a salire, transitiamo dal passo Ala-Bel (3184 m) e scendendo entriamo nella Riserva Zoologica Statale Chychkan.<br />
Ci fermiamo per il solito pranzo a base di langam (spaghetti con brodo di verdure e, a seconda del tipo, pezzi di carne di montone), ormai i nostri preferiti e proseguiamo verso sud fermandoci alla <strong>piccola yurta-museo dedicata a Kojumkol (1889-1955), il “gigante kirghizo”: alto 2,30 m, pesava 165 kg e davanti alla yurta giacciono la pietra, 700 kg, che lui stesso sembra avesse portato davanti alla tomba di un amico</strong>. Kojumkul, che ha poi dato il nome al piccolo villaggio dove nacque e visse, è un vero e proprio eroe nazionale: ottimo cacciatore, insieme alla moglie Akmadai durante la Grande Guerra Patriottica (come la galassia ex sovietica continua a chiamare la Seconda Guerra Mondiale) riusci a fornire il cibo necessario per sopravvivere per l’intero villaggio.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-paAquqePo9s/XLHUGr1s-sI/AAAAAAAAfjc/I2KDdAeGQQ4GZx-aD_y-cq1jt8XT43Y3QCEwYBhgL/s1600/IMG_5846b.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-paAquqePo9s/XLHUGr1s-sI/AAAAAAAAfjc/I2KDdAeGQQ4GZx-aD_y-cq1jt8XT43Y3QCEwYBhgL/s1600/IMG_5846b.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'impronta di Kojumkol</td></tr>
</tbody></table>
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Ancora qualche decina di chilometri e arriviamo al Motel Oson, una graziosa sistemazione sul fiume, molto comoda e che lo sarà ancor di più non appena avranno risolto i problemi con l’impianto idraulico.<br />
Ci godiamo un meritatissmo riposo.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-3K5eYAKBPl8/XLHUG5iC5PI/AAAAAAAAfjs/6zUeZ9am_yAwe1J_XLXpf1xGgKXyQtQqACEwYBhgL/s1600/IMG_5849.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-3K5eYAKBPl8/XLHUG5iC5PI/AAAAAAAAfjs/6zUeZ9am_yAwe1J_XLXpf1xGgKXyQtQqACEwYBhgL/s1600/IMG_5849.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto di Stalin lungo la strada</td></tr>
</tbody></table>
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<strong><br /></strong>
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<h3>
<strong>VERSO OSH</strong></h3>
21 agosto 2017 – Ci svegliamo con un sole sfolgorante e il cielo turchese senza una nube. Partiamo con calma (e questo rischia di rivelarsi un errore fatale) e percorriamo la bella strada che scende verso Jalalabad fiancheggiando una serie di laghi artificiali formati dalle cinque dighe costruite lungo la gola inferiore del fiume Naryn.<br />
<strong>Facciamo parecchie soste per fotografare in lungo e in largo i colori smaglianti dell’acqua, con le montagne ripide che vi si gettano senza lasciare appigli; l’acqua si intrufola in ogni valle laterale, l’invaso è enorme con i suoi 19 miliardi di metri cubi d’acqua.</strong><br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-9tJs4sviLyo/XLHUHGO3VqI/AAAAAAAAfjg/hm7Iyt8-UA8mCNkT-SU9dWF0Z6yiv5mwwCEwYBhgL/s1600/IMG_5864.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-9tJs4sviLyo/XLHUHGO3VqI/AAAAAAAAfjg/hm7Iyt8-UA8mCNkT-SU9dWF0Z6yiv5mwwCEwYBhgL/s1600/IMG_5864.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">lungo il fiume Naryn</td></tr>
</tbody></table>
<strong><br /></strong>
Arrivati a Jalalabad ci fermiamo a pranzo in un ristorante molto frequentato da famiglie locali che prediligono le pedane con i tavolini bassi ai classici tavoli con sedie, nei quali invece ci accomodiamo noi. Alla fine del pasto scoppia una crisi di gruppo: il viaggio ci porta ad arrivare a Osh oggi, che è lunedì, e la Lonely Planet scrive che il lunedì il mercato di Osh (uno dei più famosi dell’Asia Centrale) è chiuso; le relazioni di Avventure non facevano cenno a questa chiusura e Valeri sostiene che, forse, è chiusa la parte alimentare ma non quella degli altri prodotti. Domani la partenza è prevista molto presto e non faremmo in tempo ad andarci, Valeri ci sconsiglia di ritardare la partenza perché, anche se la strada non è moltissima, non si sa mai quanto tempo ci vuole per attraversare la frontiera con il Tajikistan che, comunque, a una certa ora (non si sa bene quando) chiude. Gli animi si scaldano, quindi appena c’è campo sufficiente per telefonare, Valeri si informa e si organizza con il corrispondente in modo che, se davvero il mercato oggi fosse chiuso, domani si riesca comunque ad andarci per un’oretta. Ma il nostro autista confida nel fatto che non sia necessario… e avrà ragione.<br />
Facciamo comunque la sosta prevista ai mausolei di Ozgon: nell'incertezza se troveremo il mercato aperto e la certezza della visita ai tre mausolei del XII secolo scegliamo la seconda; si tratta di tre edifici collegati e un minareto troncato dell’XI secolo; la facciata è rivestita di mattoni che formano motivi decorativi.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-U6Zn-paL7u0/XLHUH9v_OEI/AAAAAAAAfjg/a0E0eXaj98shlrkGGWomXksJYxCl64kNwCEwYBhgL/s1600/IMG_5871.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-U6Zn-paL7u0/XLHUH9v_OEI/AAAAAAAAfjg/a0E0eXaj98shlrkGGWomXksJYxCl64kNwCEwYBhgL/s1600/IMG_5871.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Mausolei di Ozgon</td></tr>
</tbody></table>
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Arriviamo verso le 18 ad Osh e Valeri ci lascia nei pressi del mercato. È ancora aperto e sembra che gli unici venditori chiusi siano quelli delle carni, forse pochi altri comunque abbiamo il tempo di girare per oltre un’ora. <strong>C’è veramente di tutto: il più divertente forse è il reparto ferramenta-materiale elettrico con bancarelle stracolme di oggetti improbabili; non male anche la sala biliardo all’aperto; sempre bella l’area alimentare con le spezie, la frutta secca, la frutta fresca ordinatamente esposta; anche l’esposizione di tessuti sgargianti merita una sosta; ci incuriosisce una bacheca intorno alla quale si affollano decine di persone, scopriamo poi che gli annunci esposti sono di appartamenti in affitto. Praticamente inesistenti i prodotti per turisti, è proprio un mercato locale e per questo molto più interessante.</strong><br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-CrUEq9U63YY/XLHUIrsuAeI/AAAAAAAAfjg/vr6ca13EDg4IvhHRxpPvboT5DxlgOVJqwCEwYBhgL/s1600/IMG_5876b.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-CrUEq9U63YY/XLHUIrsuAeI/AAAAAAAAfjg/vr6ca13EDg4IvhHRxpPvboT5DxlgOVJqwCEwYBhgL/s1600/IMG_5876b.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">mercato di Osh</td></tr>
</tbody></table>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-0Vc5nVHyOlc/XLHUIYhUS5I/AAAAAAAAfjo/iM5nN_1doNUaGp8WK41gOo7ihCvlxuafQCEwYBhgL/s1600/IMG_5881.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://2.bp.blogspot.com/-0Vc5nVHyOlc/XLHUIYhUS5I/AAAAAAAAfjo/iM5nN_1doNUaGp8WK41gOo7ihCvlxuafQCEwYBhgL/s1600/IMG_5881.JPG" /></a></div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-6HpwosjRvP4/XLHUJNYBBnI/AAAAAAAAfjk/a6u_l3fNAgYIc3GLJmGf3JyeV-XTLtdBgCEwYBhgL/s1600/IMG_5885.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-6HpwosjRvP4/XLHUJNYBBnI/AAAAAAAAfjk/a6u_l3fNAgYIc3GLJmGf3JyeV-XTLtdBgCEwYBhgL/s1600/IMG_5885.JPG" /></a></div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-jtJvZzXo4ag/XLHUKB4quAI/AAAAAAAAfjo/Fdkb48BnfwgUltdOV2hZZNERTLCqxvQmwCEwYBhgL/s1600/IMG_5889.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-jtJvZzXo4ag/XLHUKB4quAI/AAAAAAAAfjo/Fdkb48BnfwgUltdOV2hZZNERTLCqxvQmwCEwYBhgL/s1600/IMG_5889.JPG" /></a></div>
<strong><br /></strong>
La sera andiamo a cena al Cafe Atabek: la cena è ottima, la cameriera un po’ stordita; purtroppo c’è il wi-fi e quindi la conversazione è praticamente azzerata. Poter essere connessi ovunque ha sicuramente i suoi vantaggi, ma io rinuncerei volentieri a tutti: lo smartphone è un catalizzatore che spesso limita la possibilità di godersi i luoghi e le persone.<br />
<em>22 agosto 2017</em> – Oggi si va in Tajikistan. Partiamo alle 8.30 e risaliamo lentamente la vallata che ci porterà al passo Taldyk (3615 metri) da dove si vede benissimo il picco Lenin (7134 metri). Sul passo incontriamo un ragazzino con la sorella, ci saluta contento parlando un ottimo inglese; sono lì per l’estate con i genitori che portano le loro mandrie al pascolo, poi a settembre scendono in paese dove vanno a scuola, lui avrà 11-12 anni e ci dice che da grande farà il medico o l’insegnante. Ha grinta. Sono sicura che ce la farà.<br />
<strong>Scendiamo dal passo e superata Sary Tash si apre davanti a noi l’intera catena del Pamir, splendida.</strong><br />
Lasciamo Valeri e ci incontriamo con Mohammed, Nasrullah e Alisha che ci scarrozzeranno in Tajikistan<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-bEummwghHkI/XLHUJwp5aAI/AAAAAAAAfjs/j17ZkxIH2JkPoxOTzrOzB6R4mTD8K41bwCEwYBhgL/s1600/IMG_5898.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://1.bp.blogspot.com/-bEummwghHkI/XLHUJwp5aAI/AAAAAAAAfjs/j17ZkxIH2JkPoxOTzrOzB6R4mTD8K41bwCEwYBhgL/s1600/IMG_5898.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Aggiungi didascalia</td></tr>
</tbody></table>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-r7gPj6oYE7Q/XLHUKEXVZ-I/AAAAAAAAfjo/P-bGafcTb_kUBdrt2E48xrbrhyxC94NyACEwYBhgL/s1600/IMG_5901.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="281" data-original-width="500" src="https://3.bp.blogspot.com/-r7gPj6oYE7Q/XLHUKEXVZ-I/AAAAAAAAfjo/P-bGafcTb_kUBdrt2E48xrbrhyxC94NyACEwYBhgL/s1600/IMG_5901.JPG" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">vista del picco Lenin</td></tr>
</tbody></table>
Patrizia Fabbrihttp://www.blogger.com/profile/04717637475067005539noreply@blogger.com