Le coste azzurre della
Croazia, le gole profonde del
Montenegro, le valli
della
Bosnia, il ponte di Mostar, Sarajevo unica, le montagne aspre
dell’
Albania, le sue coste bianche, i gioielli della
Macedonia. Un viaggio nei
Balcani Occidentali sono tanti viaggi messi insieme
1-22 agosto 2016
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Dopo varie indecisioni, contrattempi e proposte non andate a buon fine, il
1° agosto Giampiero ed io decidiamo di partire per un viaggio nei Balcani, con
un programma di massima che poi adatteremo lungo il percorso.
DALLA COSTA DALMATA A MOSTAR
Partiamo da San Dona’ di Piave con una pioggia battente che ci accompagna
fino alle coste della Dalmazia e non ci stimola a soste intermedie. Decidiamo
di non fermarci neanche a Zara e proseguiamo dritti per Trogir dove abbiamo
prenotato con Airbnb una stanza con uso cucina per due notti sulla piccola
isola di Ciovo (ad Arbaja).
Due giorni di mare all'isola di Ciovo e cena a Trogir
Camera spaziosa, luminosissima, con una bella vista
sul braccio di mare che ci separa dalla terraferma. Ottima scelta. Cena con
classici calamari croati.
Il giorno successivo ci godiamo una bella giornata di mare, l’acqua
è trasparente e piacevolmente fresca anche se a Giampiero la vicinanza della
terraferma e il fatto che lo sguardo non si possa perdere nel mare aperto
sembra di essere sulle sponde di un lago.
In serata andiamo a Trogir: piccola e circondata da mura medievali, è un vero labirinto di strette viuzze con un bella passeggiata sul lungomare dove troneggiano lussuosi yacht. Patrimonio dell’Unesco dal 1997 è costruita con la classica pietra bianca di Brac, con la quale è costruita praticamente tutta la Dalmazia.
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Trogir in Croazia |
Visita di Spalato...districandosi nel traffico croato
L’indomani mattina partiamo presto, ma ci mettiamo quasi un’ora per passare
lo stretto ponte che collega l’isola con la terraferma; ne stanno costruendo un
altro, ma i lavori sono ancora all’inizio.
Sarebbe nostra intenzione fare
la strada di mezza costa, ma le indicazioni stradali non sono il forte di
queste zone, sbagliamo e ci troviamo in autostrada; non ha molto senso per
percorrere i pochi chilometri che ci separano da Spalato, ma tant’è, ormai ci siamo.
Comunque giungiamo rapidamente nella città di Diocleziano.
La ricerca del parcheggio si presenta subito ardua e faticosa, finalmente
riusciamo ad entrare nel parcheggio pubblico e iniziamo il giro nella città
vecchia, interamente racchiusa all’interno del Palazzo di Diocleziano.
Costruito
come una possente fortezza rettangolare, il Palazzo misurava 215 metri per 181,
ma al suo interno le vestigia romane sono state fagocitate da abitazioni
costruite nei secoli che sono andate a formare strette vie ben lontane dalla
tradizionale simmetricità romana; piccoli archi collegano alcune
abitazioni, colonne della precedente struttura romana fanno parte dei muri
delle case.
L’insieme è particolare e merita una visita anche se dormire qui
non penso sia particolarmente piacevole vista la massa di turisti (Spalato è
una tappa d’obbligo per le navi crociera che fanno la Dalmazia).
Dopo un paio d’ore ci muoviamo verso la Bosnia con l’intenzione di fare più costa possibile, ma l’intenso traffico ci convince a deviare per l’interno all’altezza di Omis (Albissa) e a prendere con l’autostrada.
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Palazzo di Diocleziano a Spalato |
L'arrivo nell'affascinante Mostar
Bella è
deserta ci porta fino in Bosnia, dalle indicazioni sembrerebbe proseguire fino
a Mostar, ma dopo il confine termina; dovendo fare la statale decidiamo di
fermarci a Medjugorje dove siamo accolti dalla solita giostra di fedeli, con
Madonne in tutte le salse. Le apparizioni hanno sicuramente giovato
all’economia del paese dal quale usciamo con difficoltà perché totalmente privo
di indicazioni stradali.
Finalmente arriviamo a Mostar e troviamo abbastanza rapidamente
l’appartamento che avevamo prenotato con Booking (ho preso l’abitudine di fare
vari screenshot dei luoghi dove abbiamo l’hotel o la casa così, anche senza
connessione, arriviamo facilmente ovunque). Si trova a 5 minuti a piedi dalla
città vecchia che si stende sui due versanti della Neretva. È molto,
molto affascinante e il ponte, con il suo arco maestoso, suggestivo.
La Kujundziluk (via d’oro), con il suo acciottolato lucidissimo sul quale
si rischia la vita a ogni passo se non muniti di adeguate scarpe, brulica di
turisti, ci sono diverse donne con il look “total black” (viso compreso) delle
musulmane più ortodosse, ma non sembrano bosniache: gli uomini che le
accompagnano parlano arabo e loro stesse sono munite di macchine fotografiche,
per cui sono probabilmente turiste provenienti da paesi musulmani.
Al di fuori
della città vecchia, nonostante il lavoro di ricostruzione sia stato
evidentemente intenso, qualche casa mostra ancora tracce del conflitto.
Cena in riva al fiume e l’indomani mattina colazione sul balconcino del nostro delizioso appartamento.
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Mostar, vista della città |
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Il ponte di Mostar |
VERSO LA COSTA MONTENEGRINA
Passeggiando per Mostar vedo un cartellone pubblicitario con cascate
spumeggianti, incuriosita le cerco sulla guida: sono le cascate di
Kravice.
La fresca sorpresa delle cascate di Kravice
Scendiamo verso la costa sulla strada che costeggia la Neretva e
poi seguiamo le indicazioni per Ljubuski, prima della cittadina la deviazione
per le cascate. Alte 25 m, sono delle
cascate del Niagara in miniatura
e riempiono grandi vasche circondate da una lussureggiante vegetazione.
I
turisti non mancano e la passeggiata per scendere alla base delle cascate (dove
ci accoglie una deliziosa frescura) non brevissima, ma per fortuna riusciamo a
fare il ritorno con un simpatico trenino elettrico.
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Cascate di Kravice |
Verso Dubrovnik...ma attenzione alla scelta della strada
Per andare a Dubrovnik facciamo la sciocchezza di scegliere la strada
apparentemente più breve (scendiamo fino alla costa per poi costeggiare il
mare), senza considerare che, in questo modo, dobbiamo passare 3 frontiere
(Bosnia-Croazia, Croazia-Bosnia e ancora Bosnia-Croazia) perché la Bosnia ha un
breve tratto di costa che separa la zona di Dubrovnik dal resto della Croazia.
Ma eccoci arrivati a Dubrovnik, trovare la casa non è semplice
perché quelle che vengono chiamate “rue” sono in realtà scalinate, tra le quali
sono stati fatti terrazzamenti sui quali sorgono le case. Faticoso, ma la vista
è spaziale, merita veramente soprattutto la sera.
Splendida come la
ricordavo, Dubrovnik ha completamente risanato le devastanti ferite inflitte
dall’esercito jugoslavo nella guerra del 1991-1992.
Strade di marmo, edifici
barocchi, mura maestose, la città dà il meglio di sé quando la calura agostana
viene smorzata dalla frescura serale. Ottima cena alla Lokanda Peskarija nel
Vecchio Porto.
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Dubrovnik |
Si entra nel Montenegro, verso le Bocche di Cattaro
L’indomani partenza per le Bocche di Cattaro. Passiamo la frontiera
montenegrina abbastanza rapidamente e iniziamo il periplo della profonda
insenatura che penetra nell’entroterra montenegrino. La memoria mi tradisce: ci
andai la prima volta nel 1980 e le ricordo splendide, non hanno subìto
particolari devastazioni eppure oggi non mi sono parse nulla di eccezionale.
Ci
fermiamo a Perast per uno spuntino e proseguiamo per Kotor il cui
registro è completamente diverso: circondata dalle montagne che si gettano a
picco nell’acqua, la città vecchia di Kotor è circondata da alte mura ed è
un’intricata ragnatela di strette viuzze.
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Bocche di Cattaro |
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A Kotor |
PERDERSI A DODOSI
L’intenzione sarebbe di andare a Cetinje passando dalla strada interna che,
superando un dislivello di 1000 m e con una serpentina di 30 tornanti, collega
Kotor con l’antica capitale del Montenegro. Ma ci facciamo trarre in inganno da
Google Maps che non ne vuole sapere di indicare questa strada e dall’assoluta
mancanza di indicazioni stradali.
Evitare la costa montenegrina
Ci rassegniamo quindi a passare dalla costa.
Non è stata una scelta felice: la costa montenegrina è assalita da
nugoli di turisti, soprattutto russi e serbi, e il traffico intenso e caotico. Arrivati
nei pressi di Budva ci ributtiamo all’interno per andare a Cetinje: la
confusione si calma, ma l’antica capitale è una vera delusione; non ci sembra
meriti la visita. Un po’ delusi decidiamo, almeno, di tornare sulla
costa facendo un percorso alternativo: sulla carta non sembra complesso (è la
strada che da Cetinje conduce a Podgorica), ma tra la carta e la realtà è un
abisso; il fondo stradale è piuttosto sconnesso e in alcuni punti la strada è
molto stretta, il paesaggio però è incantevole con il fiume che scorre lento
verso il lago di Scutari, formano una vasta palude.
Tentando il guado a Dodosi
“Ingolositi” dal panorama decidiamo di sfidare il destino e prendiamo una
strada secondaria verso il piccolo paese di Dodosi dal quale, forse, riusciremo
a ricongiungerci con la strada che da Podgorica scende verso la costa. Un
signore del luogo ci fa capire che la strada è facilmente raggiungibili
proseguendo per dei tratturi che si perdono nei campi e facendo un piccolo
guado.
Un po’ indecisi ci proviamo, ma dopo qualche chilometro decidiamo di
tornare indietro e nel tardo pomeriggio giungiamo finalmente alla costa.
Difficilissimo trovare da dormire, a causa appunto dei numerosi turisti, e infine troviamo una stanza a Petrovac, la sistemazione è ottima ma purtroppo l’indomani (deputato al riposo in spiaggia) è una uggiosa giornata di pioggia, unica nota positiva: gli ottimi spaghetti al tonno cucinati da Giampiero.
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Scorci montenegrini |
TAPPA A TIRANA E VIA PER LA MACEDONIA
La strada da Petrovac è piacevole (scegliamo quella bassa, senza costeggiare
il lago di Scutari) anche se all’inizio un po’ difficile da trovare per
mancanza di indicazioni.
L'ingresso in Albania...accoglienza dickensiana
Finalmente arriviamo in frontiera, sul versante
montenegrino non c’è nessuno, anche il controllo albanese è abbastanza rapido
nonostante la confusione con auto che si intrufolano ovunque; appena varcata la
frontiera dovremmo fare l’assicurazione per l’auto (in Albania non vale la
Carta Verde), ma veniamo praticamente “assaliti” da una vera e propria corte
dei miracoli con personaggi che sembrano usciti da un romanzo di Dickens.
Chiedere informazioni è praticamente impossibile e in ogni caso ci distraiamo
(si corre davvero il rischio di investire qualcuno) e non vediamo i vari
gabbiotti delle assicurazioni.
Proseguiamo, cercando un posto dove fare questa benedetta
assicurazione, ma dopo pochi chilometri ci ferma la polizia: temiamo una multa,
ma molto gentilmente i poliziotti capiscono che siamo in buona fede e ci
spiegano che dobbiamo tornare alla frontiera.
Arrivando dal lato albanese non suscitiamo l’interesse della corte dei
miracoli, quindi vediamo chiaramente dove poterci fermare ed espletare la
nostra pratica. Anche l’arrivo a Scutari non è sotto i migliori
auspici: stessa corte dei miracoli che, però, questa volta dopo aver gettato un
rapido sguardo alla nostra auto passa dritto (capiremo poi che, in confronto
alle numerose Mercedes e Audi che circolano per il paese, la nostra Megane del
2001 con targa italiana ci colloca nella categoria degli albanesi emigrati ma
che non hanno fatto fortuna). Comunque, proseguiamo per Tirana e
impieghiamo 6 ore per fare 160 chilometri, il traffico è delirante con
automobilisti che sorpassano fregandosene della visibilità e carretti trainati
da cavalli che stanno tranquillamente in mezzo alla strada.
A Tirana, la curiosa capitale albanese
Insomma, il primo impatto con l’Albania non è entusiasmante. Ma
dall’arrivo a Tirana in poi la situazione si capovolge e trascorreremo 10
giorni piacevolissimi sia per i luoghi sia per le persone. Città
curiosa la capitale dell’Albania: bella non si può dire, ma gradevole sicuramente
sì, con molto verde, viali alberati e parchi. Particolarmente vivace il
quartiere Blloku, un tempo off limits alla gente comune perché vi sorgevano le
abitazioni dei funzionari di partito, ma oggi frequentatissimo luogo di ritrovo
per i giovani (e non) tiranesi con locali dagli arredi particolari, birrerie
gremite di gente, gelaterie sfiziose e ristoranti di ogni tipo.
Ci limitiamo a girellare per la città e visitiamo solo la moschea di Et’hem
Bay con un bella cupola affrescata, ci sono musei interessanti ma non ne
abbiamo molta voglia ed evitiamo. La sera, contrariamente alle nostre
abitudini ceniamo in un ristorante italiano perché attirati dal menu esposto
(dagli spaghetti alla gricia alla pasta con alici e noci e altri piatti
sfiziosi): PastAmore è di proprietà di
una coppia (lui napoletano, lei albanese) con un socio romano e la cucina è
veramente ottima. Il prezzo è imbarazzante: 2 diversi tipi di bruschette a
testa, 2 piatti di pasta, vino, acqua e caffè, 7.50 euro in due.
Sosta a Elbasan e visita della chiesa dell'Arcangelo Michele in Macedonia
L’indomani ci dirigiamo verso est pensando di dover affrontare una strada
in pessime condizioni (abbiamo con noi il resoconto di un viaggio dell’anno
prima che la descrive piena di buche), ma evidentemente è stata sistemate
perché si rivela ottima e, dopo una breve sosta a Elbasan per vedere il centro
antico cinto da mura, arriviamo rapidamente sul lago di Ohrid. A pochi
chilometri da Struga si trovano diverse chiese nelle grotte e ci incaponiamo
per visitare la duecentesca chiesa dell’Arcangelo Michele, indicazioni non ce
ne sono ma alla fine la troviamo e ne vale pena: è nel piccolo villaggio di
Radozda, dove poi consumeremo un ottimo pasto in uno dei due ristoranti in
riva al lago, ed ha bellissimi affreschi esterni (probabilmente anche
all’interno ma è chiusa).
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Chiesa dell'Arcangelo Michele a Radozda |
Le chiese bizantine di Ohrid
Nel pomeriggio arriviamo a Ohrid sotto un acquazzone torrenziale che per
fortuna dura poco, sistemati rapidamente i bagagli in albergo iniziamo subito
il giro per la cittadina. Il centro antico, che si affaccia sul lago, è
circondato da mura merlate e torri appartenenti al castello di Car Samoli del X
secolo.
Piccolo e raccolto, con strade strette e pavimentazione a
ciottoli, Ohrid è uno scrigno di chiese bizantine: la più imponente
è la cattedrale di Sveta Sofija dell’XI secolo, con tre navate e splendidi
affreschi ben conservati (anche perché ricoperti da intonaco nel periodo della
dominazione ottomana).
Con una bella passeggiata nel parco si arriva alla
chiesa di Sveti Jovan Kaneo del XIII secolo che domina il lago da un
promontorio che offre una bella vista.
E poi ancora Sveta Bogorodica Perivlepta
(precedente nome Sveti Kliment i Pantelejmon) che, costruita nel V secolo come
basilica, è stata trasformata in moschea; successivamente sottoposta a un
importante progetto di restauro e recupero che ha riportato alla luce il
disegno originale.
È davvero una cittadina deliziosa. Ottima cena al ristorante
Antiko.
DALL’ALBANIA SELVAGGIA ALLA ELEGANTE GIROCASTRO
Ed eccoci di rientro in Albania. Solito delirio in frontiera. Il codice
della strada non è evidentemente una delle letture preferite degli albanesi.
Finalmente riusciamo ad uscire dalle forche caudine e ci dirigiamo verso Korca;
la strada è ottima e in poco più di un’ora siamo a Korca da dove, prima di
proseguire verso sud, facciamo una deviazione di una ventina di chilometri
verso Voskopoje.
Voskopojie, tra le altre, la splendida Cattedrale della Dormizione
Nel XVIII secolo era la città più grande dei Balcani con oltre
30.000 abitanti, poi saccheggiata da Alì Pascià nel 1788 e distrutta nella II
guerra mondiale e oggi i fasti del passato sembrano leggenda: è infatti un
piccolo villaggio dalla cui piazzetta principale si dipartono 3 strade che dopo
poche decine di metri si perdono nella campagna.
In compenso straripa
di antiche chiese, se ne contano 24, peccato siano tutte chiuse.
Riusciamo a
intravedere il porticato affrescato della chiesa di San Nicola e, sbirciando da
qualche finestrella, gli interni di un paio di altre chiese. È possibile invece
ad entrare nella Cattedrale della Dormizione di Maria che è veramente splendida
e da sola merita la deviazione: si entra passando sotto l’alto campanile e
l’interno è magnificamente affrescato (nonostante porti i segni delle
devastazioni dei turchi e dei tedeschi) così come il porticato esterno.
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Una delle tante chiese di Voskopoje |
Tra le impervie montagne albanesi, verso Girocastro
Torniamo a Korca e proseguiamo il nostro viaggio sapendo che dovremo
percorrere strade secondarie, ma non immaginiamo quanto! I primi 10 chilometri
sono praticamente in costruzione e non superiamo i 20 km/h, poi migliora ma le
buche non mancano, i pezzi di improvviso sterrato pure e la velocità non può
aumentare di molto. Ci addentriamo però all’interno di un
continuo
saliscendi tra montagne, con un paesaggio molto bello, anche se me lo ero
immaginato più d’effetto
.Alle 19 arriviamo finalmente a Girocastro, un
piccolo gioiello abbarbicato sul fianco della montagna, ma ci ripromettiamo di
ammirarla l’indomani per ora vogliamo solo una doccia e la cena. Il ristorante
Rrapi dove ci sbafiamo agnello arrosto e rane fritte: il posto è carino, si
mangia benissimo e i prezzi economici.
Chiamata la “città dei mille scalini”, Girocastro era nel XVII secolo un
importante centro commerciale; in quanto città natale di Enver Hoxha, durante
il regime comunista era stata dichiarata “città museo” e quindi venne prestata
ogni cura alla sua preservazione architettonica. Intorno al castello si
sviluppano le case ottomane, costruzioni di tre piani dei primi anni del XIX
secolo. Bellissima la Casa Zekate con numerose stanze riccamente decorate.
Verso le 11 lasciamo Girocastro, direzione la costa, ma prima di arrivare
ci fermiamo all’Occhio Blu.
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Girocastro |
L'AGOGNATO MARE
Da Girocastro a Ksamil, dove abbiamo prenotato una stanza: la strada è
perfetta e arriviamo rapidamente, ma il posto è meno bello di quanto ci
aspettavamo.
La spiaggia non esisterebbe, ma devono averci dato dentro di brutto con i
bulldozer e hanno ricavato delle aree dove sono state installate file e file di
ombrelloni; insomma sembra di essere a Cesenatico. Non ne siamo
entusiasti, oltretutto la grande affluenza crea una serie di problemi
infrastrutturali: rientrati dal mare sognando una bella doccia, scopriamo che
manca l’acqua; tornerà solo a notte inoltrata.
I mosaici di Butrinto
L’indomani quindi partiamo per risalire la costa, ma prima andiamo al sito
archeologico di Butrinto, a due chilometri da Ksamil: costruita dai
greci nel III secolo a.C., la città venne conquistata dai romani nel 167 a.C.
ed è immersa in un parco naturale che rende molto piacevole la visita:
teatro greco, terme, basilica del VI secolo, ma soprattutto il battistero con
bei mosaici multicolori raffiguranti animali e uccelli.
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I mosaici di Butrinto |
Relax totale a Himare
Dopo un paio d’ore risaliamo in auto e ripartiamo verso nord per fermarci a
Himare dove avevamo prenotato una stanza da Alice’s House: una deliziosa
casetta dove si arriva con una certa fatica, ma dalla quale si gode di un
panorama fantastico. Alice è un’anestesista in pensione che ha lavorato a lungo
ad Atene (ci spiegano che l’80% della popolazione di Himare è di etnia greca) e
avendo questa casa hanno deciso di affittarne alcune stanze: sono molto
accoglienti ed è piacevole chiacchierare con loro. Nel pomeriggio mare,
la costa qui è molto più bella, non così affollata come a Ksamil o Saranda
anche se i posti dove potersi fermare non sono molti perché in molti punti la
costa alta scende a picco nel mare.
Dopo una sosta di tre notti da Alice, ricarichiamo tutte le nostre carabattole (maschere, materassini, sdraio ecc.) e andiamo a Orikum, nel golfo della penisola di Karaburun. La strada è splendida, dal passo di Llogara, a 1027 m, si gode una vista splendida sul mare cristallino e le spiagge bianche di Dhermi e Palace che avrebbero veramente meritato una sosta. Dalle descrizioni delle guide me le ero immaginate molto più incasinate di quanto in realtà non siano.
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Relax a Himare |
Penisola di Karaburun, da non perdere
Il mare a Orikum non è bellissimo, è mosso e il fondo sabbioso rende
torbida l’acqua, ma l’indomani costeggeremo in barca la penisola e lì, la
musica cambia totalmente:
acqua limpidissima, vegetazione che si butta
nell’acqua e la presenza umana limitata a quella della nostra barca (purtroppo
parecchio chiassosa) e di poche altre.
La barca approda a un pontile dal
quale un’inquietante porta di pietra introduce in un
tunnel sotto la montagna
(che però non abbiamo percorso date che ovviamente ora è usato come
gabinetto!). La penisola era off limits nel periodo comunista perché base
militare; in realtà è ancora una base militare e infatti da terra non è
facilmente transitabile, ma via mare non ci sono problemi.
Una sosta a
Orikum merita sicuramente per questa gita e
merita anche una cena a base di
agnello arrosto al ristorante Andoni (bisogna tornare in montagna, al passo, ma
la strada è ottima e anche la sera si percorre tranquillamente, del resto non
sono più di 15 chilometri).
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La costa dal passo di Llogara |
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Penisola di Karaburun |
DA BERAT VERSO LE MONTAGNE MONTENEGRINE
Ed eccoci di nuovo in viaggio per andare a Berat. Transitiamo da Valona ma
non ci fermiamo: stanno rifacendo il lungo mare ed è bella incasinata.
Conservata come città museo nel periodo comunista, Berat è una tappa
obbligata nel viaggio in Albania: stradine strette, bell’acciottolato, le case
ottomane inerpicate sulla collina che le hanno fatto meritare il nome di “città
delle mille finestre”, la Cittadella del XIV secolo con i muri delle case
coperti di tovaglie ricamate in vendita.
Cena decisamente degna di nota al ristorante Muzaka, dal cui cortile oltretutto si gode un’ottima vista.
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Berat |
Un giorno in Montenegro, dalle gole del Moraca...
L’indomani ripartiamo alle 8 perché ci aspetta un percorso lungo, ma
soprattutto trafficato. La strada fila liscia per i primi chilometri, ma presto
rimaniamo bloccati, avanzando di pochi metri per volta; deviamo per stradine
secondarie e quando rientriamo sulla statale il traffico è più fluido. Passiamo
da Durazzo, proseguiamo per Scutari e arriviamo alla frontiera dove sbattiamo
nella la solita situazione demenziale di ogni frontiera albanese, in entrata o
uscita che sia: tutti si sorpassano a vicenda, invadono la corsia opposta
spesso bloccandola e creando giganteschi ingorghi dai quali ci si sbroglia con
fatica: la polizia guarda e ride scrollando la testa, stop.
Comunque, dopo un’oretta riusciamo a entrare in Montenegro, passiamo da
Podgorica e risaliamo le belle gole del Moraca dove dovremo
fare una sosta forzata di un’ora e mezza perché ci si rompe il freno
dell’acceleratore (per fortuna nell’unico spiazzo con un bar dal quale
chiamiamo il meccanico).
Ci fermiamo per una rapida visita al Monastero
Moraca e arriviamo a Kolasin, stazione sciistica montenegrina, nel tardo
pomeriggio; è pieno di camere in affitto e hotel di tutti i tipi, purtroppo non
siamo fortunati, la scelta cade su un hotel pessimo, la camera veramente un
buco, ma è tardi e non abbiamo voglia di cambiare. Buona cena ma niente di
speciale.
...alla valle del Tara
Probabilmente sarebbe bello fermarsi per fare passeggiate nei boschi (il
Biogradska Gora è una riserva naturale con una delle ultime foreste vergini
d’Europa), ma proprio non ne abbiamo il tempo e la mattina dopo
partiamo per valle del Tara con le sue gole profonde: in alcuni punti le pareti
delle montagne si stringono e la strada sale e scende a volte correndo alta sul
fiume a volte a pochi passi dall’acqua.
Piccola sosta nel suggestivo
monastero ortodosso di Dovolija e via per Zabliak, altra stazione sciistica; la
strada è molto bella e dopo le gole ci troviamo in un largo altopiano, sullo
sfondo scenari di alte montagne.
Poi la valle si stringe e la strada corre su un costone, infine (dopo avere
sbagliato un paio di volte) prendiamo la direzione giusta per andare al
monastero ortodosso di Ostrog, il più famoso del Montenegro. La strada si
inerpica con una certa difficoltà, il monastero è incastrato nella montagna, ma
la coda per visitarlo decisamente troppo lunga peri nostri gusti (almeno un
paio di ore sotto un sole cocente). Pazienza!
Ripartiamo direzione Sarajevo.
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Monastero ortodosso di Dovolija |
ED ECCOCI A SARAJEVO
La strada fino al confine è in condizioni perfette e negli ultimi
chilometri costeggia un lago artificiale, passiamo abbastanza rapidamente il
confine; in Bosnia (per la precisione nella Republika Srpska della Federazione
Bosnia Erzegovina) le condizioni stradali sono decisamente pessime, inoltre
scende una pioggerella insistente per cui arriviamo a Sarajevo nel tardo
pomeriggio.
Fortunatamente troviamo facilmente la casa che abbiamo prenotato: è
in una posizione ottima, a 400 metri dalla città vecchia dove la sera andiamo a
cena, subito una bella impressione.
Abbiamo deciso di fermarci tre notti per visitare questa vitalissima città,
con tanti locali, bar, ristoranti popolati non solo da turisti ma dai giovani
abitanti della città.
Il dovere di ricordare
Apparentemente (impossibile in due soli giorni andare oltre l’apparenza) la convivenza tra musulmani e cristiani sembra essere tornata quella precedente il conflitto; colpiscono in particolare le ragazze che girano in gruppetti evidentemente composti da ragazze di religione ed etnia differente. La guerra sembra lontanissima, ma imprevedibilmente ci sbatti contro quando meno te lo aspetti: una casa diroccata, i piani alti di un’altra con le tracce delle granate. E poi scegli di entrarci perché andando a Sarajevo per un europeo è un dovere (vista l’ignavia con la quale ci siamo comportati nei 3 anni di assedio) almeno visitarne i musei: quello di Storia, quello dedicato a Srebrenica, il Tunnel, unico punto di contatto con il mondo.
La città vecchia è stata completamente ricostruita, non entro nel dettaglio delle numerose cose da visitare perché una guida lo farà sicuramente meglio di me; quello che posso dire è che due giorni interi li merita tutti.
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Sarajevo |
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Sarajevo, la casa da cui si accedeva al Tunnel |
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Il Tunnel di Sarajevo |
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L'assedio di Sarajevo |
RIENTRO IN ITALIA
Alla fine partiamo per rientrare in Italia, fermandoci qualche ora nella bella cittadina di Jayce.
Dovremmo andare ai laghi di Plitvice, ma finiamo per passarci solo la notte perché ci svegliamo con una pioggia battente che renderebbe la visita poco gradevole. Sarà per un’altra volta.
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A Jayce |